Una stazione ski total, immaginate, sul Matese
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Oggi ci siamo abituati all’idea che esista un centro sciistico nella nostra montagna, ma quando nacque dovette colpire molto l’attenzione dei corregionali la presenza di un polo turistico invernale. Campitello, ormai appartiene alla coscienza collettiva e seppure artificiale viene considerato una presenza naturale, integrata nel contesto molisano.
Viene da pensare se Campitello è stata concepita nella maniera che vediamo perché è la più opportuna progettazione urbanistica per quel sito oppure al contrario se il sito è stato prescelto in quanto quello maggiormente idoneo per realizzare il centro turistico che si aveva in mente. Si propende per la seconda ipotesi tanto si assomiglia la conformazione della stazione sciistica realizzata a quella di importanti località invernali delle Alpi francesi; queste ultime, e ciò avvalora la lettura fatta, sono state progettate dal medesimo architetto Laurent Chappis.
È una tipologia di insediamento che si è affermata a partire dai primi anni del secondo dopoguerra e che è stata considerata a lungo la migliore. Essa richiede che vi sia un pianoro immediatamente al di sotto del versante montuoso giudicato “sciabile” e dalla parte opposta della stessa piana una superficie rialzata su cui edificare, tutte cose che si ritrovano in Campitello.
Si potrebbe obiettare che tali caratteristiche, compresa l’altitudine, le posseggono anche altri posti nel massiccio matesino che, però, sono penalizzati per almeno un duplice ordine di fattori: uno è che vi è una via di collegamento di sezione adeguata, forse problema rimediabile, due, non superabile poiché un dato intrinseco del luogo, è la veduta della principale cima del Matese con il suo affascinante circo glaciale la quale non si percepisce neanche dal Campitello di Roccamandolfi. Bisogna aggiungere che Campitello di San Massimo, oltre ad una strada adatta aveva una certa tradizione di turismo montano.
Qui era sorto nei decenni iniziali del secolo scorso un rifugio di proprietà dell’Ente Provinciale per il Turismo, meta di appassionati di escursionismo, un autentico punto di riferimento per chi frequentava la nostra montagna. Da qui partiamo per descrivere l’assetto urbano di Campitello. Occorre doverosamente prendere le mosse dal rifugio per comprendere le linee informative del disegno di questo polo di sport invernali, tra i più grandi del meridione (tra poco allo sci si affiancherà il pattinaggio sull’apposita pista del palazzetto a forma di piramide che è in corso di completamento).
Sembra di cogliere una sorta di tensione, perlomeno dal punto di vista figurativo, tra il rifugio e l’adiacente fabbricato sede di attività commerciali, ristorative, ricreative e ricettive, denominato Montour, il quale, anticipando la conclusione di un ragionamento che svilupperemo in seguito, è il fulcro dell’insediamento; è un’immagine stridente quella dell’edificio in pietra a faccia vista accostato ad un’architettura recente.
Si contendono la migliore posizione nell’altopiano, quella in asse con la vetta più elevata di questo comprensorio montuoso, che per il rifugio è ideale consentendo ai suoi ospiti, senza effettuare lunghi percorsi di avvicinamento, di compiere escursioni verso la sommità del monte e che per gli sciatori che alloggiano nei residence raggruppati intorno al Montur di raggiungere facilmente la rete degli impianti di risalita la quale, è ovvio, si infittisce lì dove i dislivelli tra le postazioni di partenza e di smonto sono superiori (l’altezza dell’arrivo è quasi 2.000 metri).
Tale affollamento di interessi nell’ambito centrale del terrazzo morfologico sovrastante il piano carsico si riproduce all’interno dello stesso: nella fascia di territorio dirimpettaia della sommità del Miletto vi sono, uno a fianco all’altro, il campo sportivo, il recinto per l’equitazione, le basi delle seggiovie. Qui si sarebbe voluto realizzare pure il bacino idrico per l’innevamento artificiale che, poi, è stato deciso di collocare nella gola di Capodacqua, perché si riteneva che esso, alla stregua di un laghetto alpino, avrebbe potuto arricchire l’immagine della zona.
Zona che è la maggiormente visibile da parte dei turisti che alloggiano nei residence e dei pendolari che parcheggiano nello slargo antistante il rifugio e la galleria commerciale, mentre la restante porzione di questa oblunga depressione frutto del carsismo rimane libera. Dunque, tutto a portata di mano. Ci sono, le abbiamo appena viste, una distesa pianeggiante di enorme valenza paesaggistica, in basso e una, molto più ridotta, parzialmente artificiale, 20 metri più sopra, il piazzale in cui stanno il rifugio, una serie di volumi bassi che comprendono la biglietteria, il nolo sci, alcuni negozi, la scuola sci, la postazione di polizia, la guardia medica e il Montour (la particolare architettura piramidale, invece, ha l’accesso a livello del pianoro e la testa, cioè la copertura, che fa capolino per una decina di metri dalla “piazza” che doveva occupare un pezzo del “piazzale”, abortita per far posto al palaghiaccio).
Un insieme confuso di oggetti che si affastellano su tale spazio senza un disegno preciso: a far ordine in questo caos, percettivamente parlando, ci pensa o almeno lo tenta, il Montour. È, del resto, questa struttura, replicata, magari in scala maggiore, in tante altre stazioni sciistiche in Francia ideate da Chappis, un’opera sostanziale nella concezione del progettista francese il quale è l’ispiratore della planovolumetria di Campitello. La sua disposizione a ferro di cavallo è simile a quella adottata per contenere funzioni analoghe a quelle del Montour, quindi commercio e ristoro, in insediamenti turistici di nuova fondazione sulle Alpi, o meglio al di là delle Alpi, dove è sempre il cuore dell’agglomerato.
Fatto che, puntualmente, si ritrova in questo angolo del Matese. Si riscontra, comunque, un’individualità del nostro centro rispetto ai suoi omologhi ed è che qui l’architettura ha una qualche assonanza con il contesto naturale nel senso che lo svolgimento del manufatto è ad anfiteatro, riecheggiando l’anfiteatro, così è conosciuto, che sta di fronte, il circo glaciale. Il Montour per la singolarità architettonica del corpo di fabbrica, insieme alla sua destinazione funzionale di contenitore di servizi collettivi, la fisionomia richiamante uno dei segni più forti del paesaggio, è stato assunto nel modo di sentire comune quale emblema di Campitello.
Una primazia che è prevedibile verrà soppiantata, lo si rileva per inciso, dalla piramide la quale ha una forza espressiva notevole, non fosse altro che per la novità stilistica dell’involucro prismatico costituito da superfici inclinate in legno e vetro, una silhouette davvero particolare, esemplare unico nell’intero Molise.
Allo stato attuale è ancora la composizione ad U della galleria porticata l’opera maggiormente riconoscibile della stazione sciistica molisana, che viene a rappresentare il nucleo indentitario, l’episodio unificante capace di tenere insieme i vari “quartieri” nei quali può suddividersi questa località: l’albergo Kristiania che ha ambizioni di villaggio-vacanze a Selva Piana, il Villaggio Turistico, detto pure “svedese” per la dispersione degli chalet nel bosco, quello di Rote-Trabucco, il complesso di seconde case S. Nicola collocato in testa all’omonimo vallone e Campitello vero e proprio. Nessuno di esse può dirsi autonomo perché tutti dipendenti dalle attività di servizio concentrate nel Montour.
Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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