Un importante studio scientifico sull’inquinamento ambientale condotto da ricercatori dell’Ispra

Il ricercatore campobassano Gianluca Iarocci che si occupa di inquinamento atmosferico, ha pubblicato un suo contributo sull’Annuario dei Dati Ambientali pubblicato di recente col contributo di numerosi ricercatori dell’Ispra

L’inquinamento dell’aria è dato dalla contaminazione dell’ambiente indoor o outdoor da parte di agenti chimici, fisici o biologici che modificano le caratteristiche naturali dell’atmosfera. Apparecchi per il riscaldamento delle abitazioni, i motori dei veicoli, gli impianti industriali e gli incendi boschivi sono comuni sorgenti di inquinamento atmosferico. Inquinanti di grande interesse per la salute pubblica sono il materiale particolato (PM10), il monossido di carbonio (CO), l’ozono (O3), il biossido di azoto (NO2) e quello di zolfo (SO2). L’inquinamento atmosferico danneggia sia la salute umana che l’ambiente. In Italia, le emissioni di molti inquinanti atmosferici sono diminuite notevolmente negli ultimi decenni, con conseguente miglioramento della qualità dell’aria; tuttavia, le concentrazioni di inquinanti atmosferici sono ancora troppo elevate e i problemi di qualità dell’aria persistono.

Questo accade anche perché il rapporto tra emissioni (ciò che esce dai tubi di scappamento delle automobili o dai camini di case e industrie) e concentrazioni in atmosfera degli inquinanti (che descrivono la qualità dell’aria che effettivamente respiriamo) non è generalmente diretto e lineare: la concentrazione osservata e la sua variabilità nel tempo e nello spazio dipendono infatti, oltre che dal carico emissivo, da altri fattori legati alla meteorologia e alla reattività chimica delle specie emesse. Questo vale ad esempio per PM10, O3, NO2 che, in parte o interamente, si formano in atmosfera a partire da altre sostanze dette “precursori”.

È necessario stimare le emissioni, attraverso gli inventari delle emissioni in atmosfera e misurare le concentrazioni, per valutare la qualità dell’aria in modo da poter studiare i fenomeni e pianificare una serie di misure e azioni da intraprendere mediante dei piani e programmi di risanamento della qualità dell’aria.  L’area mediterranea, in particolare l’Italia, è tra le aree a rischio più elevate per cambiamenti climatici e soprattutto per eventi meteorologici estremi, come le ondate di calore.  In Italia i cambiamenti climatici hanno già causato la diffusione di nuove specie di vettori di malattia, l’aumento di eventi estremi come le ondate di calore, le piogge intense e gli allagamenti, gli effetti sulla qualità dell’aria e l’aumento del rischio degli incendi.

L’Italia è tra i paesi industrializzati, quello con la più alta percentuale di anziani. La vulnerabilità a temperature estreme aumenterà per effetto dell’invecchiamento della popolazione, dell’incremento di fasce di popolazione con disagio sociale, mancanza di occupazione o per reddito inadeguato.  E’ previsto un aumento della frequenza e dell’intensità delle ondate di calore in Italia che assieme all’aumento della frazione di popolazione suscettibile potrà causare un impatto importante sulla salute (mortalità). Gli effetti del caldo sono maggiori nelle grandi aree urbane, dove possono essere potenziati da presenza di inquinamento atmosferico, dall’effetto dell’isola di calore urbano e da una maggiore disparità delle condizioni socio economiche.
L’Italia è un Paese ad elevato rischio per gli effetti dell’inquinamento atmosferico ed è tra i paesi europei tra quelli con la qualità dell’aria peggiore (alte esposizioni a livelli di PM2,5 e di morti premature per PM e Ozono). Le attività antropiche sono la principale causa del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici.

Per contenere il riscaldamento del clima è necessario ridurre gli inquinanti atmosferici di breve durata come il metano, l’O3 troposferico e il black carbon. D’altra parte, i cambiamenti climatici possono peggiorare la qualità dell’aria favorendo il trasporto e la dispersione degli inquinanti, così come la loro trasformazione chimica, intensificando la formazione di inquinanti secondari. Inoltre, le emissioni antropogeniche possono aumentare a causa dell’incremento della domanda energetica e dell’aumento della frequenza e intensità degli incendi boschivi (emissioni di particolato).

Ispra realizza l’inventario nazionale delle emissioni in atmosfera che consente di individuare le principali fonti di emissione a livello nazionale e di descriverne gli andamenti nel tempo.
Ispra che è responsabile della preparazione annuale dell’inventario nazionale delle emissioni in atmosfera per i diversi settori produttivi, comunica annualmente le stime delle emissioni alla Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC) e alla convenzione sugli inquinanti acidificanti (CLRTAP).

L’ultimo studio scientifico di Iarocci realizzato per Ispra si è focalizzato sull’incidentalità del trasporto in Italia e in Europa. In Italia, nel 2018, si sono registrati 172.344 incidenti stradali con lesioni a persone che hanno provocato 3.325 morti e 242.621 feriti. Rispetto al 2017 il numero dei morti sulla strada è diminuito dell’1,6%. Gli incidenti e i feriti presentano un calo, rispettivamente, dell’1,5% e dell’1,7%. Complessivamente, tra il 2001 e il 2018, gli incidenti stradali sono diminuiti del 34,5% passando da 263.100 a 172.344, i morti del 53,4% (da 7.096 a 3.325) e i feriti del 35,0% (da 373.286 a 242.621). Nel 2018, sia gli indici di mortalità (numero medio di decessi ogni 100 incidenti) sia quelli di gravità (numero medio di morti ogni cento persone coinvolte) non hanno registrato incrementi rispetto all’anno precedente e sono costanti.

Rispetto al 2010, le vittime della strada diminuiscono del 19,2%. Nel periodo 2004-2018 gli incidenti ferroviari gravi sono stati 1.769 e hanno determinato la morte di 1.023 persone e il ferimento di 803. In merito a tale modalità nel 2017, gli incidenti sono stati 100 e come conseguenza sono morte 55 persone (di cui 2 passeggeri e 51 altra categoria) e ne sono rimaste ferite 37. Per i trasporti marittimi si rileva un decremento del numero dei sinistri di circa il 14,3% (da 119 a 102) dal 2005 al 2017, nello stesso periodo i sinistri sono stati 1.109 mentre i morti 49. Riguardo al trasporto aereo, tra il 2013 e il 2018, si osserva una diminuzione del numero di incidenti (da 50 a 27) cui corrisponde però un andamento fluttuante del numero dei morti (da 8 a 12). A livello europeo (UE28), nel 2018, prosegue la diminuzione del numero dei morti sulle strade, anche non ha interessato tutti i Paesi.

Risultano, infatti, in aumento in Lussemburgo, Malta, Svezia e Repubblica Ceca. Nel 2017 hanno perso la vita sulle strade europee 25.047 persone, con una riduzione dell’1,1% rispetto all’anno precedente.

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