Da mercato a giardino a piazza (del Municipio)
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Si tratta di un vero e proprio fenomeno di trasformismo urbanistico quello dello spazio al centro di Campobasso che si rivela buono per ogni stagione da quella dell’economia tratturale a quella illuministica di Murat fino alla stagione post-unitaria quando viene realizzato il Comune.
Piazza Vittorio Emanuele II è un sito che ha cambiato più volte nome e funzione in poco più di mezzo secolo. Almeno 4 volte, dall’originario Piano delle Campere dove si svolgevano le fiere della transumanza, terminata nel 1805 fino alla denominazione attuale che risale all’Unità d’Italia, stabile, pertanto, da 150 anni. Una delle denominazioni che è rimasta in vita, pur sovrapponendosi a quella di piazza del Municipio, ambedue, va precisato, non appartenenti alla toponomastica ufficiale, è quella di piazza della Libera.
La venerazione per la Madonna della Libera è molto forte in città anche perché molto antica: da quando venne costruita la sede municipale nel periodo postunitario il luogo di culto ad Ella dedicato è poco più di una cappella inglobata nella casa comunale, che prospetta sì all’esterno, ma senza che il suo fronte emerga con evidenza nella vista d’insieme della facciata. Probabilmente nel convento dei Francescani, chiamato nei documenti del tempo proprio della Libera la chiesa doveva essere più ampia e ben riconoscibile tanto da portare ad identificare la piazza che prima, in parte, era lo slargo antistante al monastero con l’appellativo “della Libera”.
Della fabbrica conventuale distrutta dal terremoto sempre del 1805 rimane traccia, o meglio ricordo, nel sedime che è quello occupato dal Municipio e nell’articolazione degli spazi al suo intorno, nel lato anteriore l’entrata e la chiesa e in quello posteriore “l’orto dei semplici” poi diventato l’orto botanico della ottocentesca Società Economica, quindi “villa dei cannoni” e “giardino del Distretto”. Secondo Berardino Musenga le superfici poste davanti e dietro il fabbricato monastico erano da trattare alla stessa maniera, entrambe come giardini pubblici nel modello degli square londinesi, cioè come corti vegetate circondate da abitazioni.
Il sistema urbanistico che egli ideò era quello di un quartiere in qualche modo ritmato da questi “vuoti” destinati a verde cittadino, immagine che, nonostante trasformazioni, pure significative, avvenute, ancora permane e che rende riconoscibile Campobasso definita per questo “città giardino”. La temperie culturale che informa il piano del Nuovo Borgo di tipo illuministico è destinata a “stemperarsi”, a venir meno con la Restaurazione borbonica.
Il giardino centrale del Borgo Murattiano diventa piazza, piazza Ferdinando II la cui statua ne sarebbe dovuta diventarle il fulcro, cosa che ben si sa non avvenne, ma che è istruttiva di come possa essere labile l’identificazione di un angolo urbano con qualche personaggio celebre, specie con un sovrano la cui caduta fa decadere l’intitolazione del posto con conseguente rimozione dell’effige (è successo con Mussolini, Stalin, ecc.). Riprendendo il filo del discorso, vediamo che siamo giunti a contare 3 diversi modi di chiamare questo sito, ai quali aggiungiamo ora quello definitivo di piazza Vittorio Emanuele.
La piazza non assume solo un altro nome, ma acquista pure un altro ruolo. L’unificazione del Paese coincise con la realizzazione di una serie di edifici pubblici tra i quali vi è il Municipio per la cui costruzione si sfruttò il suolo del monastero della Libera, ormai incamerato dallo Stato a seguito della soppressione degli ordini conventuali. Un Municipio ha bisogno di avere una piazza di fronte a sé per lo svolgimento delle assemblee democratiche, il coinvolgimento della gente nelle questioni politiche essendo iniziato a diventare questo un tema basilare nella vita di una comunità nella seconda metà del XIX secolo che si chiude con la nascita del partito socialista e di altri movimenti popolari.
Gli alberi che ci sarebbero dovuti stare nel giardino che aveva in mente Musenga vengono limitati di numero, ridotti ad elementi decorativi e non più complementi di un’area destinata alla ricreazione all’aperto. Il significato di questo luogo si modifica, da giardino a piazza, ma rimane sempre valida l’idea del posizionamento nel punto focale di un fontana come avverrà per celebrare l’acquedotto che rifornisce l’abitato, una novità assoluta, oppure del pozzo pensato dal Musenga. La piazza, magari non ha avuto un valore pratico del tipo di quello auspicato di superficie che accoglie sfilate o permette i comizi, detiene comunque notevoli valenze simboliche legate alla partecipazione delle persone alla sfera politica.
Una piazza che conserva della square l’essere un lotto, vasto, all’interno di una lottizzazione, il Borgo Murattiano, e come tale di essere circondato da strade e non attraversato da queste, al contrario, per intenderci, di quel che succede a piazza Pepe o a piazza della Repubblica. La frequentazione di piazza Municipio, pertanto, può avvenire in maniera indisturbata e lo dimostra quotidianamente la presenza di bambini che corrono liberi e famiglie che passeggiano; vi è un precedente illustre, vale la pena ricordarlo, è il foro di Altilia che pur essendo posta al crocevia non subisce interferenze dai due assi stradali cittadini, cardo e decumano.
La mutevolezza della nostra piazza, è giunto il momento di sottolinearlo, è la conseguenza del fatto che le destinazioni di questo spazio nel tempo sono state caratterizzate da una facile reversibilità, non avendo mai comportato la realizzazione di manufatti e, ulteriore precisazione, è che oggi, essendo cresciuta la sensibilità ambientalista, sarebbe stato difficile eliminare la vegetazione. Questa piazza, lo si ripete, se nell’ideazione originaria era un fatto a sé stante, una particella dell’insediamento autonoma, diventa in seguito uno spazio strettamente correlato con il Municipio.
Ambedue, piazza e Municipio, sono componenti di eccezionale rilievo, anche in termini dimensionali, della struttura urbanistica: non c’è piazza più ampia di questa, non c’è palazzo più grande di questo. Il Municipio conclude la piazza, e in tal modo vi si connette strettamente con un porticato, un locale semiaperto che media tra il dentro e il fuori e che, peraltro, serve ad alleggerirne la massa imponente.
La piazza attira, lo si può dire anche altri enti per il maggior prestigio sicuramente che ne deriva dal prospettarvi su ed è il caso del Tribunale; vi sono, però, amministrazioni che non condividono tale opinione e preferiscono localizzazioni un po’ defilate che, comunque, ne garantiscano la piena visibilità dalla piazza per mezzo di una sorta di cannocchiale ottico centrato sull’accesso e sono la Provincia e le scuole. La Prefettura, cioè il Palazzo del Governo, rappresentanza dell’autorità statale, invece, si fa una propria piazza, piazza G. Pepe, che ha il sapore di un “piazza di Stato” contrapposta a quella del potere locale, la piazza V. Emanuele, venendosi a determinare una specie di bilanciamento tra gli organismi governativi nazionali e della civitas.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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