Sul vaccino ai ragazzini manca un dibattito serio
di Tomaso Montanari – da il Fatto Quotidiano
Il principale danno del matrimonio tra No Vax ed estrema destra (che ha generato inaccettabili mostruosità come l’equiparazione tra pass vaccinale e persecuzione degli ebrei) è forse la sottrazione della questione dei vaccini agli adolescenti a un dibattito razionale, informato e dunque capace di aiutare le famiglie a decidere.
Premessa: sono favorevole a ogni tipo di vaccino e, non appena mi è stato proposto, mi sono subito vaccinato (come insegnante) con doppia dose di AstraZeneca, accettando senza fiatare il caos sull’età (oggi non potrei farlo), gestito dal governo Draghi con un dilettantismo che non sarebbe stato consentito a nessun altro esecutivo.
Aggiungo che, nonostante alcuni non infondati argomenti contrari, sarei anche incline ad accettare un obbligo vaccinale per gli adulti: forse una misura meno ipocrita e più efficace del cosiddetto Green pass, che apre a prospettive più inquietanti, come quella che vede il medagliatissimo generale pretendere le liste di chi rifiuta la dose…
Al contrario, nutro non pochi dubbi sulla vaccinazione dei miei due figli adolescenti, e ciò che leggo ogni giorno non giova affatto a scioglierli.
La babele europea, innanzitutto.
In Germania il governo sconsiglia di vaccinare gli adolescenti. Su Der Spiegel si è letto (cito la traduzione di Internazionale) che questo avviene perché “tra le voci critiche c’è… quella del comitato permanente sui vaccini (Stiko), la commissione indipendente d’esperti che fornisce un’analisi scientifica sui rischi e i benefici della vaccinazione.
Lo Stiko fa parte dell’Istituto Robert Koch, il centro federale per il controllo delle malattie.
Le valutazioni preliminari del comitato rischiano di smorzare l’euforia intorno alle vaccinazioni.
‘Ne stiamo ancora parlando’, spiega Rüdiger von Kries, professore di Pediatria sociale e Medicina degli adolescenti all’Università Ludwig Maximilian di Monaco.
Secondo lui, le vaccinazioni tra i 12 e i 17 anni non saranno probabilmente raccomandate a tutti indistintamente, ma solo alle persone con disturbi preesistenti come diabete, tumori o immunodeficienze”. E anche i governi inglese, belga, olandese e finlandese sono sulle stesse posizioni.
In Italia, invece, offrendo il Green pass a chi ha più di 12 anni, il governo Draghi di fatto compie la scelta diametralmente opposta (in compagnia di quelli di Francia, Spagna e molti altri), spingendo verso una vaccinazione di massa degli adolescenti: ma lo fa senza quella campagna di divulgazione, e senza promuovere quel dibattito che, in una democrazia, non possono non accompagnare una svolta di questo tipo.
E la devastante incapacità di questo ineffabile “governo dei migliori” a eliminare le “classi pollaio”, e a provvedere a edilizia scolastica e trasporti pubblici, lascia immaginare che, a settembre, il pass possa esser chiesto anche per andare a scuola.
Quel che manca – nonostante l’onnipresenza mediatica di virologi e immunologi – è un serio discorso pubblico sul rapporto rischi-benefici per i ragazzi: un discorso che permetta di quantificare, in qualche modo, i rischi di vaccini sostanzialmente non sperimentati per la loro fascia di età, e il beneficio di evitare decorsi avversi del virus, sempre nella loro fascia di età.
Insomma: una sedicenne rischia più vaccinandosi o non vaccinandosi? È a questa domanda che bisognerebbe rispondere con onestà e documentazione. Invece, da noi la sostanza del discorso non si concentra sugli interessi dei più giovani, ma sul loro ruolo di vettori del virus verso gli adulti.
Naturalmente anche questo è un argomento da valutare (rammentandosi, però, che anche sotto i dodici anni si può essere “untori”), ma sarebbe lecito aspettarsi che prima di esporre gli adolescenti a un rischio in buona parte incognito, il governo portasse a termine la doppia vaccinazione di tutti gli adulti (compresi i marginali), appunto anche ricorrendo all’obbligo, se necessario.
Non farlo, e scaricare il problema sui ragazzi, mi pare l’ennesima manifestazione di quel saturnismo tipico della classe dirigente italiana, e di questo governo in particolare: dell’attitudine, cioè, a sacrificare l’interesse, e le vite, di chi viene dopo, sull’altare del presente, della crescita e degli interessi di chi comanda oggi.
Senza contare il vero e proprio dilemma morale a cui si lasciano milioni di famiglie: lasciate sole a decidere, con i ragazzi che premono, spinti dalle restrizioni imposte dal governo.
Da cittadino e da genitore vorrei esser certo che i ragazzi vengono vaccinati nel loro interesse, per evitare loro un rischio.
Non contro il loro interesse, e per evitare un rischio a noi adulti. Prontissimo a convincermi che il vaccino, nonostante le incognite che saranno sciolte solo tra anni, conviene anche ai ragazzi: ma per la loro salute, non per andare al ristorante al chiuso o, domani, in discoteca.
FQ 28 luglio
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