Vecchi e nuovi insediamenti antropici

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Chissà quanti villaggi sono scomparsi nel corso del tempo, l’ultimo, appunto, in ordine di tempo è Rocchetta Alta, ma tanti ne sono comparsi di nuovi. A cominciare dall’epoca romana con la creazione delle colonie a finire ai villaggi turistici, prendi Campitello, ambedue categorie di agglomerazione abitate, temporaneamente o meno, definite artificiali come se il rimanente fosse di origine naturale come se ci fosse sempre stato. Tutt’al più si può ammettere la distinzione che alcune sono aggregazioni di case di tipo spontaneo e altre frutto di una pianificazione.

Nella fascia che va da Venafro a Sepino, quella pedemontana del massiccio del Matese, i Romani avevano lasciato una ricca eredità di città, i vecchi municipium e cioè Venafrum, Aeserniae, Bovianun e Saepinum. Nel resto della regione c’erano solo Larinum e Terventum, stiamo parlando di città beninteso. Lasciata alle spalle l’antichità nei “secoli bui” dell’alto medioevo, in particolare nel periodo longobardo, si incominciò a strutturare il popolamento umano, fino ad allora disperso in minuscoli villaggi aggiungendosi ai precedenti centri, quali poli di riferimento civile per la popolazione, negli angoli che ne erano privi, opposti fra loro, l’uno nel basso, l’altro nell’alto Molise, due nuovi capisaldi territoriali, cioè sedi di contea, rispettivamente Rotello e Pietrabbondante; è rivelatore del fatto che non si trattava di autentiche realtà urbane come lo erano le ex colonie romane, l’identificazione nella denominazione di quest’ultima con i possedimenti dei Borrello, famiglia di condottieri, Terra Burrelliensis, e non con un abitato.

Bisognerà attendere l’età normanno-sveva e soprattutto la dominazione angioina successiva perché si abbia il completamento con ulteriori tasselli della rete di città nella realtà regionale, con il progressivo affermarsi di Agnone, Termoli (che in verità era cattedra vescovile allorché Federico di Svevia fece il castello) e Campobasso, le prime due nelle due ali contrapposte e la terza nel centro della regione. Esse spostavano il suo baricentro allontanandolo dall’Appennino.

Per queste tre non si può adoperare il termine «città di nuova fondazione», cioè quelle nate dal nulla perché in quel sito vi era già un nucleo abitato, sia pure minuto e neanche per tutte quelle di epoca tardo repubblicana-imperiale, in quanto sul medesimo promontorio fra il Sordo e il Carpino su cui sorge Isernia insisteva in precedenza un insediamento italico. In relazione ai rimanenti municipi c’è una spiegazione, che non possiamo non fornire a costo di trattenerci a lungo su questa fase storica, al perché Roma decise di costruire ex-novo gli agglomerati insediativi, le “proprie” città ed è, fondamentalmente, la seguente: occorreva riportare a valle le rivoltose tribù del Sannio per controllarle meglio, costringendole ad abitare le città del piano da essa apprestate.

Un contributo alla fondazione di nuovi centri, non più città, bensì piccoli borghi, lo diedero alla caduta dell’impero i benedettini con un grande attivismo dell’abbazia di S. Vincenzo al Volturno nel suo intento di colonizzare, di portare coloni, l’area circostante la quale diede vita a diversi comuni (Scapoli, Fornelli, cc.). Al civitanovese monastero De Iumento Albo si deve la creazione di Civitanova e ciò lo denuncia per un verso il nome, ricorrente pure nelle varianti di Terranuova (o Terranova) e di Villafranca (o Francavilla), che esplicita la sua origine recente e, per l’altro verso, l’assenza di una rocca nel punto più alto, cosa che succede regolarmente a Scapoli, Fornelli, ecc. nella Terra S. Vincentii, il che rivela la mancanza, in principio, di un feudatario essendo una proprietà conventuale.

Vi è pure un aggregato abitativo di iniziativa regia, Guardiaregia anche se sembra potersi attribuire alla Corona, in vari momenti della storia, l’edificazione piuttosto che di entità castellane, abitate, di sistemi di torri di controllo, disabitate, quello ad est lungo la, linea di costa che è, poi, il “confine di stato” e quella a ovest nel vertice in cui il Molise confina con la Campania e il Lazio, le “torrette” che sovrastano Venafro. Con un salto di molte centinaia d’anni giungiamo all’era contemporanea, ai primordi della stessa, in cui si registra, dopo una stasi durata appunto molte centinaia d‘anni, la comparsa di un insieme urbano di “nuova fondazione” che è Nuova Cliternia frazione di Campomarino.

Di scala ridotta nei confronti di questa è Melanico in agro di S. Croce di Magliano, ambedue “figlie” dell’opera di bonifica del basso Molise avviata dalla legge Serpieri a fine 1800. È interessante osservare che mentre i Sanniti furono obbligati a trasferirsi nelle città di pianura volute dall’Urbe, la politica seguita nella epocale opera di bonifica agraria fu quella di attirare i futuri residenti di queste unità urbanistiche con concessione di poderi da coltivare, così come, contestualmente, si fece con le casette coloniche cui è annesso un fondo agricolo di dimensioni standard, rapportato alle esigenze e alle capacità lavorative di una famiglia media (è da immaginare che qualcosa di simile dovette avvenire per le civite nuove, cioè l’allettamento delle persone a risiedervi con offerta di suolo coltivabile).

Nel corso del XX secolo si sono avuti anche altri tipi di centri ex-novo, non connessi come quelli della Riforma Agraria alla cosiddetta redenzione delle terre, bensì per dare un alloggio a quelle comunità il cui paese, Castellino sul Biferno, o borgate, Pagliarone nel perimetro comunale di Vastogirardi, era minacciato, nel primo caso, o portato via, nel secondo caso, da una frana: sono sorti così Castellino Nuovo, lontano dal borgo matrice, in cui però i castellinesi non hanno voluto traslocare anche perché il dissesto del nucleo originario appare sotto controllo, e Villa San Michele, non distante dalla frazione franata, con le sue fila di linde casette a schiera.

Tra i rischi naturali vi è anche il sisma e a S. Giuliano di Puglia una volta terminata la ricostruzione del borgo colpito dal tragico terremoto del 31 ottobre del 2002, i cittadini hanno lasciato i prefabbricati in legno del villaggio ufficialmente temporaneo (dovrà essere di conseguenza smontato oppure riconvertito ad altri usi prima che deperisca). Ci sono, poi, i Comuni danneggiati dalla II Guerra Mondiale, S. Pietro Avellana, S. Angelo del Pesco, Pescopennataro e Capracotta, intere parti dei quali “rifondati” ab imis, cominciando dall’immagine per la prevalenza della tipologia della palazzina plurifamiliare al posto del tradizionale edificio unifamiliare.

Si intende per centro di nuova fondazione, un centro d’impianto, quindi seguente un disegno di piano, cosa che non si può di certo dire per le agglomerazioni spontanee di fabbricati tra le quali vi sono gli “insediamenti abusivi” (è la definizione di legge). Codacchi di Trivento e Montalto di Rionero Sannitico si sono sviluppati, poco alla volta, manufatto dopo manufatto, lungo il tratturo occupandone parzialmente il sedime, acquisendo in tal modo la configurazione di un insediamento lineare secondo il gergo dell’urbanistica.

Infine occorre citare nella carrellata in corso sugli agglomerati di nuova fondazione i villaggi turistici, senza però non aver fatto rilevare prima che pure Altilia ha inglobato il percorso tratturale, ma non per necessità, bensì deliberatamente per il valore aggiunto che ne derivava dal passaggio della transumanza; ciò che distingue le lottizzazioni per il turismo, tanto marino, Campomarino Lido, Costa Verde di Montenero di Bisaccia, ecc., quanto montano, Campitello, dal resto delle formazioni insediative è che se queste ultime si localizzano in un certo luogo è per motivi di carattere utilitaristico, di ordine difensivo, commerciale, di sicurezza dalle inondazioni e così via, mai per l’apprezzamento del paesaggio che è, invece, la peculiarità delle stazioni di villeggiatura, anche se capita che non si sappia riconoscere le bellezze naturali come le dune costiere le quali vennero distrutte sovrapponendovi i complessi per vacanze.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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