Prossima fermata Campobasso

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Nel titolo non si dice se è della Metropolitana Leggera o di un treno a più lunga percorrenza, anche perché non dice se è Campobasso centro o una delle due altre soste previste dal metrò nel capoluogo regionale. È difficile capire, usano entrambi la medesima strada ferrata e solo all’arrivo, se c’è un edificio ad accoglierci allora siamo certi di essere alla «stazione centrale».

Ferrovia o Metropolitana Leggera? Probabilmente tutte e due le cose la linea ferroviaria che da Campobasso va verso Bojano. Un aspetto in comune, il più vistoso, è che il treno, sia esso a lunga percorrenza sia esso di collegamento con i centri dell’area metropolitana, corre nel tratto urbano della strada ferrata in galleria. Ovunque nel mondo le metropolitane sono sotterranee. È una galleria che sta in mezzo fra la stazione ferroviaria e la fermata, in fase di completamento, di via Duca d’Aosta, tutt’e due soste della Metropolitana Leggera, oltre che la prima dei convogli provenienti da Roma e da Napoli.

Una galleria che, posta com’è al di sotto della città, in particolare del vecchio stadio Romagnoli, porta a sconsigliare la realizzazione di parcheggi interrati, specie se a più livelli, in corrispondenza del basamento della sede della Regione, prevista in quell’area. Questa galleria è, peraltro, per l’epoca in cui si fece, eravamo alla fine del 1800, e per la nostra realtà urbana ancora oggi, un’opera eccezionale, non c’è un’altra; è da considerare che le gallerie erano presenti all’epoca solo lungo i tracciati ferroviari, mentre nei tracciati stradali per vederle comparire bisognerà attendere gli ultimi decenni del secolo successivo.

Dentro Campobasso non ve n’è nessuna e non si sa quando avranno inizio i lavori di scavo per collegare sotterraneamente via Crispi con via Vico; li si cita perché c’entra sempre la ferrovia, la linea per Termoli che costituisce nell’ambito cittadino un tratto della Metropolitana Leggera, poiché serve a sottopassare i binari, velocizzando i flussi di traffico i quali subiscono un rallentamento attualmente a causa del passaggio a livello di via Mazzini.

È sorprendente, il treno allo scoperto e la strada al coperto, non da metro! Se la galleria è una infrastruttura unica nel suo genere, lo è pure il ponte che si ricollega ad essa; a Campobasso non esistono altri ponti poiché è un insediamento di dorsale con esclusione ovviamente, poiché rappresentano una diversa tipologia di scavalcamento dei corsi d’acqua, i viadotti sullo Scarafone. Nelle metropolitane non vi sono strutture simili essendo posizionate ad una notevole profondità dalla quota di campagna per cui non si devono adattare all’orografia dei luoghi, ne sono indipendenti; dunque, se non fosse che da noi siamo di fronte ad un ibrido tra la classica metropolitana e la classica ferrovia, si potrebbe parlare di anomalia.

Si è accennato un attimo fa alla morfologia insediativa del capoluogo regionale, osservazione che non la si lascia cadere in quanto si sviluppa su tale dorsale pure la strada ferrata e, del resto, non potrebbe essere altrimenti per entrambi: l’espansione abitativa, il quartiere CEP, e la ferrovia sfruttano il sedime lasciato in eredità dal demanio tratturale cioè il sedime del Braccio Trasversale. Tutto ciò c’entra con la questione della sovrapposizione della Metropolitana Leggera con la linea ferroviaria esistente e la ragione è presto detta: il tracciato dei binari segue (in verità precede temporalmente) da molto vicino l’agglomerato edilizio per cui non c’è voluto un grande sforzo di immaginazione nell’attribuire al percorso ferroviario la valenza di metropolitana, basta stabilire ulteriori punti di sosta nel suo svolgimento.

Esso è costantemente in tangenza con l’abitato per cui i costi non sono eccessivi. Le fermate sono tre e quella della stazione, non per la sua importanza dovuta alla circostanza che essa è sia sosta della metropolitana sia dei treni di provenienza dal resto d’Italia, bensì per una questione geografica è quella centrale. Vale la pena dedicargli una particolare attenzione per la sua duplice natura se non triplice derivantegli quest’ultima dalla prossimità con il Terminal degli autobus insieme al quale formano un vero proprio nodo di intermodalità, un ganglio cruciale del trasporto collettivo, tanto su ferro quanto su gomma.

A breve verrà attivato il sovrappasso pedonale che porta dall’uno all’altro, argomento che riprenderemo in seguito. La stazione, seppure all’apparenza potrebbe apparirlo, non è un edificio come gli altri. Esso si caratterizza per il suo essere, innanzitutto, un momento di transito dallo spazio cittadino alle banchine di arrivo e partenza di treni. Il traffico dei passeggeri è, in qualche modo, sotto controllo. Esso è separato da quello delle merci che si serviva della rampa che fiancheggiando un alto muro in pietra, a destra guardando la facciata della stazione, scende giù fino al parco ferroviario per permettere di trasferire il materiale dai camion, prima carri, sui treni merce.

Non si può trascurare di dire che tra i prodotti che viaggiavano via treno un posto di grande peso, letteralmente, lo avevano i cereali per i quali il Comune aveva stabilito il mercato proprio davanti la stazione, nel 1897, quindi appena ultimata la costruzione della linea per Termoli e che nelle vicinanze della stazione c’erano due dei maggiori mulini di questo centro, centro, appunto, di un comprensorio granario di rilievo. Era inevitabile accennare all’attività molitoria per capire davvero il significato e, nel contempo, la complessità della nostra stazione.

Per quel che concerne il confronto tra ferrovia e metropolitana, che è nata monofunzionale, ci interessa sottolineare che adesso è diventata, non dall’origine, una stazione per gli spostamenti delle persone, tale e quale a quelle delle metropolitane, da cui differisce esclusivamente a proposito della sua connotazione di avere gli utenti in prevalenza pendolari. Riprendiamo la lettura della stazione rilevando che da più di un decennio ormai l’ingresso alle piattaforme di arresto e avvio dei treni è consentito pure dal sottopasso che da via Vico, che è in zona periferica, conduce a piazza Cuoco, cioè nel cuore del nucleo urbano.

L’ampio, amplissimo parco ferroviario funge da vera e propria barriera fisica tra due parti vitali dell’unità, così dovrebbe essere, insediativa: il sottopasso appena nominato e il sovrappasso nominato in precedenza sono, in fin dei conti, tentativi di riallacciarle, anche se sono riservati esclusivamente ai pedoni. Se il sovrappasso tiene insieme terminal e stazione, il sottopasso fa un’operazione analoga tra quest’ultima e un hotel, una presenza immancabile in prossimità di una stazione, non di una fermata di metro (alle spalle ma c’è); fralaltro, l’albergo è ubicato a metà strada tra stazione e terminal.

Il sottopasso (come il sovrappasso) avendo quale funzione precipua quella di connessione tra periferia e l’ambito centrale della città è di libera circolazione pur se esso dà accesso direttamente ai treni, senza, lo si ribadisce, la mediazione fornita dal manufatto architettonico stazione. È un sottopasso che, per certi versi, nonostante la lunghezza, assomiglia a quelli di cui sono dotate le fermate di una metropolitana e perciò anche in tale riguardo si riscontra una omogeneità tra linea ferroviaria e metropolitana.

Raggiungendo dal sottopasso la superficie da cui i treni partono e arrivano, immediatamente messa la testa allo scoperto, ci si accorge di essere in una nomale stazione ferroviaria e non in una fermata di metro vedendo che le banchine sono ad isola, con binari davanti e dietro nei due lati opposti, mentre nelle metropolitane ciò non succede. In definitiva, se linea ferroviaria e metropolitana hanno molteplici caratteri comuni, in altri sono divergenti per cui dovranno imparare a convivere accettando reciprocamente le differenze.

Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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