Il Molise e la Lon(go)bardia

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Un popolo di origine germanica che, per interposta persona, i Bulgari guidati da Alzeco, ha risollevato la nostra terra dalla decadenza conseguenza della caduta dell’impero romano. Un ruolo importante lo hanno avuto pure i Benedettini.

Per arrivare ad acquisire un’identità definita ce ne vuole del tempo e proprio quando ormai appare acquisita può succedere che essa si venga a perdere o perlomeno che subisca stravolgimenti, anche in maniera repentina come nel caso di conquiste militari. Ciò è accaduto più volte nel Molise, dall’età antica ad oggi.

Le civilizzazioni che si sono succedute nella nostra regione sono molteplici e ciascuna di esse è durata in media mezzo millennio, un periodo sufficientemente lungo per permettere il consolidamento di una coscienza di sé. Proviamo a distinguerle: i Sanniti sono vissuti qui parecchi secoli, forse più di 5, sostituiti poi, con la forza, dai Romani per altri 500 anni o poco più, i quali a loro volta hanno dovuto cedere il passo a popolazioni provenienti dal nord del continente, i Longobardi per un analogo arco temporale e, di seguito, Normanni, Svevi e Angioini che sommando insieme hanno tenuto il territorio regionale anch’essi diverse centinaia d’anni, un po’ meno di 5; l’ultimo periodo che consideriamo va dalla dominazione aragonese all’Unità d’Italia, qualcosa come 400-450 anni.

Daremo un’occhiata veloce all’intero, premettendo che ci occuperemo in modo approfondito dell’età altomedioevale. L’impronta che hanno impresso su questa terra le varie civiltà sono differenti, alcune permangono altre no. Nel Sannio antico la struttura insediativa era costituita da pagi, santuari e recinti fortificati, mentre durante la dominazione romana si affermò anche qui da noi l’”idea” di città la quale divenne il perno dell’organizzazione territoriale; le entità cittadine andarono in decadimento per prime nell’alto Molise tanto che tra le sedi del potere longobardo accanto alle poche sopravvissute unità urbane figurano nuclei minori, Rotello, la contea di Loritello, e Pietrabbondante, la Terra Bourelliensis dal nome di una delle principali dinastie comitali di questo popolo, i Borrello, con l’inusuale identificazione di un’area con chi ne detiene il comando, un possedimento e non una entità con propri connotati.

I Longobardi sono gli ultimi e più duraturi di una serie di popoli barbarici iniziata con i Bulgari i quali invasero, pacificamente eccetto i Saraceni, la zona e tra questi appaiono pure i Franchi stando al fatto che un abate di S. Vincenzo al Volturno era fratello del re di Francia. Dal punto di vista della distribuzione degli abitati, aspetto significativo di qualsiasi civiltà essa divenne rada in coerenza con la crisi demografica registrata dopo la caduta dell’impero né i Longobardi ne invertirono la rotta non avendo fondato nuovi insediamenti (le fare, le comunità su base parentale di gente di etnia longobarda, quindi non formate da gruppi sociali autoctoni, di cui c’è traccia solo in un toponimo nella piana del Trigno a Salcito).

Più dei Longobardi a dare impulso al ripopolamento furono i benedettini e qui si apre un diverso capitolo nelle civilizzazioni che hanno riguardato il Molise insieme al resto d’Europa. Non la si è messa nell’elenco precedente in quanto non ha coperto la totalità del territorio, bensì ha interessato la regione a macchia di leopardo. I monasteri, infatti, sono presenti in tantissimi punti dell’ambito regionale, da Canneto a S. Maria della Strada a De Iumento Albo a S. Pietro Avellana, ma non in tutti. Il più importante, quello di S. Vincenzo al Volturno, ha promosso la nascita di svariati centri abitati di residenza dei suoi coloni, da Scapoli a Fornelli a Rocchetta al Volturno.

Non si è fatto cenno ma lo si fa ora come si vede, della civiltà benedettina anche perché si sarebbe dovuto parlare del peso assunto dalla cristianizzazione la quale ha informato oltre che il periodo in questione ogni altra fase storica successiva, omogeneizzando con i suoi valori di fondo ciò che è seguito alla scomparsa della civiltà romana. L’era cristiana, in verità paleocristiana, con spiritualità superiore ai primordi, ha segnato una svolta decisiva rispetto al mondo precedente, maggiormente marcata nei comprensori rurali per merito dell’Ordine di S. Benedetto e, comunque, rilevante pure negli agglomerati urbani ereditati dalla romanizzazione dell’area, cioè i municipia che divennero sedi vescovili, con il vescovo chiamato a supplire le istituzioni civili le quali, a seguito del disfacimento dell’impero, erano ormai scomparse.

Territorialmente parlando, siamo di fronte alla dicotomia città-campagna che tanta parte avrà nella storia della nazione, con il governo nella prima, nelle civiltà cittadine rimaste, dell’autorità ecclesiastica e nella seconda, a tratti, delle congregazioni monastiche, espressioni i religiose, lo si ripete quella di derivazione delle gerarchie vaticane e quella conventuale, indipendenti fra loro: la parzialità della copertura territoriale e l’autonomia degli organismi chiesastici, da un lato le cattedre episcopali e dall’altro le abbazie, spingono a non poter definire quella cristiana una civilizzazione compiuta o, almeno, organica.

Nell’universo della fede, in aggiunta, vi è il fenomeno per sua natura minoritario dell’eremitaggio il quale riguarda luoghi isolati, prendi i due S. Egidio, di Boiano e di Frosolone, favorito dall’esistenza di grotte, quella di S. Michele a Foce, quelle della Morgia dei Briganti, ecc., dove i mistici potevano rifugiarsi; si cita anche questa sfaccettatura della religiosità per completare il quadro territoriale dopo aver detto delle zone urbane dei contesti agresti, permettendoci di citare le fasce, ieri come oggi, marginali, quelle montane. Per capirne l’importanza va evidenziato che la terra molisana ha dato i natali all’unico Papa eremita, Celestino V. Lasciata la religione passiamo al fronte laico, o meglio militare.

Il Molise in quel tempo segnava il confine tra il ducato longobardo di Benevento e la parte meridionale dello Stivale sotto la sfera di influenza dell’Esarcato bizantino di Bari. A presidio del perimetro vi è la fortezza di Tufara con la quale ci avviamo ad introdurre l’età successiva, transitiamo dall’alto al basso Molise; tale struttura castellana è ben più imponente degli innumerevoli castelli, uno per comune, che vennero costruiti dai Normanni coerentemente con la spinta che diedero all’affermarsi del feudalesimo che è il marchio distintivo della loro civilizzazione e di quella dei dominatori che ad essi subentrarono nella prima metà del secondo millennio, gli Svevi, con una certa contraddittorietà, e gli Angioini.

Il periodo normanno (che ci serve pure quale elemento di comparazione per evidenziare le peculiarità di quello longobardo) si caratterizza anche per la creazione di un regno unitario esteso all’intera Italia del Sud, unitarietà che rese inutile opere militari come quella di Tufara. La stabilizzazione politica prodotta dai Normanni favorisce il formarsi di una molteplicità di nuclei residenziali che sono altrettanti feudi, ciascuno dotato di un maniero: tale lascito con il tempo è diventato, si vuol dire i borghi fortificati, l’anima più autentica della nostra terra e, nello stesso tempo, il richiamo turistico più forte, un Medioevo ancora vivo.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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