Il rapporto terra-mare in Molise

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Pur se la linea di costa è davvero piccola è, comunque, grande la sua relazione con l’entroterra. Intercorrono scambi proficui tra la fascia litoranea e l’interno. Se i Francesi non avessero inglobato Termoli nella Provincia di Molise, chissà che ne sarebbe stato della nostra vita.

La fascia adriatica è Molise, indubbiamente, è un pezzo sostanziale della nostra identità regionale, ma è diversa da tutto il resto della regione alle spalle. La costa, alla stessa maniera della montagna appenninica, è un comprensorio eterogeneo rispetto al cuore  della superficie molisana, ma collocata com’è ai margini, la stessa cosa dell’Appennino, non ne provoca alterazioni dell’immagine, un susseguirsi di rilievi collinari, semmai la incornicia (una cornice con bordo piatto in quanto la fascia costiera è piatta, mentre quella opposta è rialzata trattandosi di una catena montuosa).

Dell’ambito litoraneo ci interesseremo in particolare proprio del suo rapporto con l’interno. Innanzitutto è da dire che il suo capoluogo non è mai diventato capoluogo di Provincia nonostante che in Italia la generalità delle città medie siano “capitali” di circoscrizioni provinciali. Eppure la presenza nel Basso Molise di una Provincia, la quale necessariamente avrebbe i suoi uffici collocati a Termoli, appare come cosa naturale: è un terzo della superficie molisana come lo è la cosiddetta Pentria.

La sua nascita porterebbe ad una equilibrata ripartizione in entità sub-regionali della nostra terra. Alla cittadina adriatica, probabilmente, non è stata mai attribuita la funzione di sede provinciale perché non è posizionata nel baricentro dell’area bassomolisana (mentre Isernia lo è in quella altomolisana); essa si trova si nella mezzeria della linea di costa, e, però, è ai margini della, diciamo, terraferma.

Oltre c’è il mare, così come a Boiano, che ha un passato più glorioso di Campobasso da cui è stata surclassata, c’è la montagna e a Trivento, patria del condottiero Caldora, uno dei maggiori del medioevo, c’è il fiume, tutti fattori geografici che provocando l’isolamento, almeno da un lato, degli insediamenti, ne smorzano le ambizioni di primeggiare sul circondario. In aggiunta, Termoli ha sofferto, fino alla grande opera di bonifica idraulica iniziata poco più di un secolo fa, dell’impaludamento del Biferno che rendeva difficili i collegamenti con la parte centrale della regione; neanche a dire che essa era in comunicazione con comuni vicini ubicati sul litorale perché non ve ne sono, l’unico adiacente la marina essendo Termoli.

Neppure era raggiungibile via mare da altre zone del Paese non disponendo all’epoca di un vero e proprio porto, bensì di un semplice “caricatoio” per le merci. A rompere l’“insularità” di questo borgo, all’epoca era tale nonostante il vescovo, marinaro, una specie di isolotto circondato da acque dolci e salate, è stata per prima la ferrovia. Se vogliamo dirla tutta per prima, in verità, è stata la ferrovia che corre parallelamente all’Adriatico la quale precede la linea ferroviaria che porta a Campobasso, ortogonalmente all’Adriatico.

Rimanendo nel discorso che si è avviato, quello delle relazioni tra costa e entroterra, si nota che tale primazia della strada ferrata adriatica non è solo temporale, bensì pure per il ruolo; per essa il ruolo è nazionale, mentre per l’altra è locale e sicuramente, se serve una spiegazione, questo è il motivo per cui è stata costruita prima. Restando al punto, la connessione con il territorio regionale dell’ambito costiero è limitata al capoluogo della regione, cosa, di certo, non da poco trattandosi del suo vertice direzionale, non esistendo alcuna tratta che conduca nell’Alto Molise.

Isernia otterrà la propria infrastruttura di congiunzione diretta con la zona marina solamente negli anni 70 del Novecento e questa volta non si è di fronte a trasporto su ferro, bensì su gomma, la superstrada Trignina. Termoli, lo si è detto, è nel mezzo della fascia litoranea e ciò fa si che la sua stazione sia a servizio  anche dei centri costieri prossimi e ciò aumenta la forza di gravitazione di questa cittadina sulla popolazione dell’hinterland, una forza, nonostante quanto visto, cioè la sua posizione nodale solo in longitudine nel contesto territoriale, di tipo centripeto.

Il treno favorisce lo sviluppo industriale, qui vi è il maggior agglomerato produttivo del Molise, e il turismo balneare specie nei primordi, le spiagge dell’Adriatico sono la meta “naturale” delle vacanze estive dei molisani, con l’esclusione di quella quota di residenti nell’isernino e nel venafrano, quindi nel versante tirrenico della regione, che preferisce riversarsi sui più vicini lidi del Tirreno. Quest’ultima asserzione ci è utile perché mette in luce un aspetto del legame della costa con la restante parte della regione il quale è che le interrelazioni non sono identiche per ogni comprensorio. Noi, comunque, ci interessiamo dei caratteri generali di tale relationship.

Vi sono alcune cose che solamente in prossimità del mare si possono fare tra cui vi sono la balneazione e i porti, è lapalissiano, ma non è poca cosa, di nuovo questo termine generico che rimanda a qualcosa, ancora cosa, di indeterminato, mentre, invece, si riferisce a cose, sempre per non cambiare vocabolo, molto concrete; per la prima  c’è il tema del valore terapeutico della vacanza sul bagnasciuga e, perciò, della salute della popolazione molisana e per i secondi, invero uno solo, vi è l’opportunità per l’economia regionale del commercio marittimo legata all’ampliamento, attualmente allo stato di progetto, del bacino portuale termolese.

Sono evidenti i benefici della presenza di una striscia litoranea dentro i confini regionali, effetti benefici che, ad ogni modo, hanno un prezzo che devono pagare le cosiddette “aree interne” il quale consiste, limitandoci alla questione della balneazione, da un lato, nel divieto di estrazione di ghiaia dagli alvei fluviali per favorire il ripascimento delle spiagge, a danno delle imprese edili del posto cui vengono sottratti gli inerti, e, dall’altro lato, il freno all’inquinamento dei corsi d’acqua al fine di non compromettere la balneabilità di pezzi del litorale, quelli in prossimità delle foci dei fiumi (Trigno e Biferno).

Per quanto riguarda quest’ultima faccenda è bene evidenziare che ciò significa un impegno delle istituzioni pubbliche al finanziamento e al funzionamento, parole che hanno una certa assonanza fra loro, di opere per la depurazione delle acque in numero adeguato, e con  una gestione rigorosa a carico dei Comuni non rivieraschi, faccenda (adesso non più cosa) assolutamente non scontata. E poi mettete senza il mare, il Molise perderebbe la sua identità più autentica che condivide con tutte le civiltà nate intorno al Mediterraneo!

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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