Trivellazioni al largo del Molise, il caro bollette non diventi un ricatto

di Vittorino Facciolla

Il nodo della tensione tra Ucraina e Russia sembra si stia scegliendo e l’ipotesi della guerra pare si stia allontanando.
Quello che resta di questo terribile gioco di forza tra Stati e Nazioni è lo strapotere della Russia dato dal possedere la più grande riserva di gas del mondo.
L’effetto del pugno duro di Putin ha già sortito reazioni in tutto il mondo e chi pensa che si tratti di qualcosa di lontano da noi e dalle nostre vite si sbaglia di grosso.
Le conseguenze ricadono su tutti, nessuno escluso: da un lato infatti abbiamo già avuto modo di toccare con mano i rincari delle bollette e dall’altro aspettiamoci qualcosa di forse ancora più grave, cioè lo scempio del nostro territorio, la devastazione dell’ambiente che accoglie e accoglierà i nostri i figli.
Torna attuale l’ipotesi delle trivellazioni al largo della costa del Molise per la ricerca di idrocarburi. Sembra infatti che, nell’ambito di una strategia nazionale dell’energia il Governo sia in procinto di sbloccare i permessi alle trivellazioni, permessi che erano stati sospesi grazie alla battaglia di tanti amministratori come me (all’epoca Assessore regionale all’Ambiente e all’Agricoltura) e dei rappresentanti istituzionali di Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Calabria.
Tutti insieme nel 2015 ci battemmo per difendere i nostri territori e ottenemmo l’approvazione del ‘Manifesto di Termoli’, un documento fondamentale nel quale si chiedeva al Governo nazionale di indicare chiaramente quali giacimenti di idrocarburi erano stati individuati, come avrebbero dovuto essere sfruttati, come sarebbero state protette le aree a vocazione agricola e molto altro.
Adesso che l’Italia ha provato quanto sia appesa ad un filo in merito all’approvvigionamento energetico (anche perché negli anni passati si è fatto poco o nulla per incentivare la produzione di energie rinnovabili sul suolo italiano) il caro bollette sembra fungere da ricatto e l’urgenza di trovare soluzioni potrebbe allentare i controlli e farci rischiare trivellazioni selvagge.
Va detto che basta fare due conti semplici per comprendere come, anche se riuscissimo a potenziare l’estrazione di gas nazionale non riusciremmo a far fronte al sempre maggiore fabbisogno energetico del nostro Paese; non ne abbiamo la capacità per quantità e qualità di risorse e non ci sono i tempi tecnici per il rilascio di nuove concessioni. Inoltre bisogna ricordare che l’aumento dell’estrazione andrebbe a favore delle grandi multinazionali, lo Stato infatti non è proprietario di ciò che si estrae quindi i benefici economici non ricadrebbero direttamente sugli italiani.
La situazione sembra essere di fronte ad un vicolo cieco. In realtà non è del tutto così: le istituzioni, la politica, gli imprenditori possono ancora fare delle scelte, ma bisogna farle ora.
Si può e si deve puntare alla semplificazione nelle autorizzazioni per le rinnovabili, al potenziamento degli strumenti per l’efficienza energetica, bisogna eliminare del tutto i sussidi che molte banche erogano sulle energie fossili che sono le più inquinanti e soprattutto c’è bisogno di un piano nazionale energetico in linea con gli obiettivi europei 2030.
Possiamo ancora invertire la rotta.
Facciamolo!

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