Il tragico pensiero dicotomico dell’uomo contemporaneo
di William Mussini
Il cosiddetto pensiero dicotomico o, per dirla come gli anglosassoni, the blak and white thinking, rappresenterebbe oggi il più diffuso, inarrestabile e decadente morbo che colpisce le menti dell’uomo moderno, disseminate e deviate nel limbo virtuale dei social e addomesticate da media eterodiretti. Il pensiero dicotomico induce alla separazione schematizzante, senza sfumature, ed alla divisione netta fra due estremi in contrapposizione.
Il pensiero di chi è afflitto dal morbo si limita a considerare soltanto aspetti del reale che sono in contrasto tra loro, come ad esempio: ombra o luce, tutto o niente, bello o brutto, odio o amore, buono o cattivo. In sostanza, il pensiero del bianco e nero tende a semplificare il discorso facendo distinzioni rigide e permanenti. Esso produce una vera e propria distorsione cognitiva che edulcora la realtà, rassicura la mente di chi ne è afflitto, concede spazio smisurato all’ego, consentendo di porre al centro del mondo sé stessi, la propria intelligenza e il proprio giudizio.
Limitando la nostra capacità di leggere e capire il mondo, esso riduce la quantità delle scelte che abbiamo a disposizione e rimuove ogni possibilità di intercessione e di sintesi. In questi due anni appena trascorsi in cui si è ragionato sostanzialmente in termini di “buono e cattivo”, di “vero o falso”, la dicotomia ha dilagato, ha attecchito nelle menti della maggioranza di persone impaurite, sino a diventare il modus cogitandi salvifico, privo di ambiguità, complessità o sfumature.
La paura della malattia e della morte ha indotto una acritica moltitudine umana a fidarsi di quelle autorità politiche e scientifiche, seppur spesso in contraddizione con sé stesse, escludendo così qualsiasi alternativa o variante rispetto alla narrativa ufficializzata dai canali mediatici, cioè quella fonte di informazione a voce unica che ha rappresentato apoditticamente una narrazione della realtà esclusivista, dogmatica, indiscutibile. Grazie all’esercizio del pensiero binario si arriva a credere che le cose possono essere solo: o completamente giuste o del tutto sbagliate, che tutto ciò che non è un successo è un disastro.
Un esempio drammatico di affermazione dicotomica in ossequio ad una narrativa distorta sulla pandemia di Covid19, assolutista e autoritaria, è quella proferita nel Luglio 2021 da Mario Draghi quando, durante una conferenza stampa che assomigliava piuttosto ad un comizio, ebbe a dichiarare: “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente: non ti vaccini, ti ammali e muori. Oppure, fai morire: non ti vaccini, contagi, lui o lei muore”. Nonostante fosse già allora una affermazione fuorviante, e nonostante oggi sia stata completamente smentita dai fatti e dai numeri che attestano la scarsa validità del farmaco nel rendere immuni e nel salvare vite in modo assoluto, non c’è stato e presumo non ci sarà alcun passo indietro, alcuna scusa o ammissione di fallo da parte del Primo Ministro.
Questo episodio memorabile, unitamente ad una miriade di altre affermazioni assolutiste, fuorvianti e dicotomiche diffuse dalla stampa e dai TG universalmente allineati, ha prodotto e continua a produrre l’estremizzazione del pensiero, in ossequio alla presunta emergenza infinita ed alla costante ansia esistenziale che colpisce i poveri cittadini in balia degli eventi avversi mutevoli, inevitabili, infiniti.
Ogni santo giorno, sui giornali, nei TG, nei post di personaggi pubblici sui social, nei commenti di persone comuni, il pensiero in bianco e nero si diffonde inarrestabile come una metastasi. Si continuano ad ignorare argomentazioni avverse al pensiero dominante e non si manifestano dubbi, al contrario si disprezza l’opinione altrui evitando di adoperare la logica come strumento di confronto e crescita.
La vanità, l’ego e l’auto compiacimento nel sentirsi parte di una maggioranza conforme, sono costantemente alimentati ed appagati dall’esercizio del pensiero dicotomico. In spregio ad evidenze, logica, raziocinio, realtà fattuali, l’uomo moderno, afflitto dalla sindrome da distorsione cognitiva, disprezza chi non la pensa allo stesso modo, estremizza i concetti, è indulgente però con incongruenze e contraddizioni se scaturite negli ambienti affini al proprio pensiero.
In questi giorni in cui si discute della guerra, del cattivo Putin, della Russia e dell’Ucraina, ecco che il teatro mediatico occidentale si scatena in tutta la sua azione assolutizzante, spesso mostrando immagini simboliche rubate da contesti non pertinenti, attribuendo valori retorici sovraccarichi di enfasi, utilizzando musiche patetiche nei report dei TG, adottando un linguaggio propagandistico e dicotomico per condizionare l’opinione pubblica, per consentire a tutti di aderire senza tentennamenti alla linea più giusta, più vera, più reale del reale.
Il pensiero dicotomico annulla la storia di anni in cui si è combattuta una guerra mai rivelata, mai discussa, volutamente mai considerata sino ad ora, cancellandone la complessità, la problematicità, la mutevolezza, e ogni sfumatura. Si ragiona in termini di “tutto o niente” demonizzando il nemico sino al parossismo, sposando le ragioni di chi si pone dalla parte dei giusti più giusti, rimuovendo ogni possibile ed eventuale approfondimento sulle reali cagioni storiche del conflitto. “Ciò che è sbagliato diventerà irreparabile. Ciò che è brutto diventerà mostruoso, ciò che è pauroso diventerà terrorizzante”.
Abbiamo gradualmente ed inesorabilmente dimenticato ciò che caratterizza realtà semantiche come salute e malattia, libertà e schiavitù, maschile e femminile, vizio e virtù, destra e sinistra. L’uomo contemporaneo affetto da distorsione cognitiva non è più in grado di avere una visione complessiva della realtà, non ha più la capacità di considerare le sfaccettature, le verità celate dall’informazione eterodiretta da poteri occulti, non guarda più all’insieme ed alla complessità ma si accontenta di rimanere in superficie, osserva il mondo con occhi immaturi precludendo approfondimenti di comprensione: i confini sono tracciati, i giudizi sono inappellabili e il percorso giusto è uno e uno solo, non resta alcuna alternativa nuova o migliore.
La cura contro il morbo del pensiero dicotomico potrebbe essere alla portata di tutti e celata dietro gesti semplici come, ad esempio, premere il tasto di un telecomando. Si potrebbe tornare a parlare vis a vis con interlocutori in carne e ossa, tentando di recuperare la facoltà di ascolto consapevole. Si potrebbe poi abbattere barriere ideologiche e costrutti identitari indotti e riconquistare i luoghi fisici di scambio etico, di aggregazione e socialità, gettare al macero televisori, smartphone e computer, o perlomeno disattivare tutti quei dispositivi che consentono l’intrusione nelle nostre vite di agenti estranei e interessati ad arricchire i loro padroni.
Fin quando a scandire il ritmo fra un report di morte in guerra e una nuova notizia catastrofica sarà lo stacco pubblicitario, dovremmo renderci conto che siamo noi a pagare il prezzo del biglietto di uno spettacolo soggiogante, mistificante e decadente che ordinariamente chiamano “realtà”.
William Mussini76 Posts
Creativo, autore, regista cinematografico e teatrale. Libertario responsabile e attivista del pensiero critico. Ha all'attivo un lungometraggio, numerosi cortometraggi premiati in festival Internazionali, diversi documentari inerenti problematiche storiche, sociali e di promozione culturale. Da sempre appassionato di filosofia, cinema e letteratura. Attualmente impegnato come regista nella società cinematografica e teatrale INCAS produzioni di Campobasso.
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