Case in pietra, da fondo, fondazione, a cima, manto di copertura
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Si tratta dei tetti in “licia” utilizzati nell’edilizia tradizionale a Carpinone, Macchiagodena, Castelpetroso, Castelpizzuto, ecc. La loro salvaguardia o ripristino potrebbe contribuire in quanto segno caratteristico alla valorizzazione turistica della regione.
In molti comuni rurali sembra che il tempo abbia un’altra velocità rispetto al tempo convulso che si respira nelle città. Uno dei segni più evidenti di questa “lentezza” del tempo sono gli esempi di case con il tetto in pietra ancora rimasti. Infatti queste case ripetono modelli di costruzioni già presenti migliaia di anni fa. Quella dei tetti in pietra è una tecnica esecutiva consolidata da millenni che può essere collocata in uno stadio precedente a quello delle coperture con coppi; il modo costruttivo della pietra a secco che caratterizza queste case tanto nelle pareti che nei tetti è sicuramente il più antico.
È una tipologia di costruzioni che pare non aver avuto perfezionamenti nel corso dei secoli e così risulta oggi difficile stabilire una datazione alle numerose case con il tetto in pietra che ancora sono presenti in diversi centri. Oltre alla loro antichità queste case fanno pensare anche alla semplicità perché esse costituiscono una forma edilizia elementare che si basa sulle due materie naturali e più diffuse e facilmente disponibili in questo territorio, il legno (per le travi e gli infissi) e la pietra (per le mura e per il tetto).
L’uso di materiali, locali fa sì, poi, che queste costruzioni si adattino benissimo al paesaggio che circonda tali paesi dove gli elementi prevalenti sono il bosco e la roccia dai quali si traggono, appunto, il legno e la pietra. Un’altra sensazione che le case con il tetto in pietra emanano è quella della stabilità e sicurezza e ciò deriva non solo dal fatto di essere strutture massicce, ma forse pure dalla memoria ancestrale dei ricoveri primitivi nei quali la copertura, come in queste case è l’elemento predominante perché assicura il riparo.
A volte le costruzioni primordiali coincidevano interamente con la copertura: è il caso delle “pagliare”, capanne in paglia presenti in diverse parti del Molise. Per tali motivi la copertura acquista un valore simbolico e ciò conferisce un particolare significato alle case con tetto in pietra che vengono così a costituire uno dei caratteri principali dell’identità culturale di questi luoghi. Aiuta a comprendere la carica semantica che è legata alle case con tetto in pietra la considerazione che la copertura è uno dei componenti fondamentali di un edificio che svolge un ruolo decisivo nel garantire la sua durata e che, perciò, quanto più la copertura è solida, quale quella con manto in pietra, tanto più la casa è protetta. Inoltre la pietra, va ricordato, è il materiale edile più resistente e più durevole.
Passando ora ad esaminare alcuni aspetti funzionali di tale copertura occorre evidenziare che in essa sono presenti, pur trattandosi di architettura povera, parecchie soluzioni ingegnose che servono a risolvere i problemi dei diversi punti particolari dei quali si compone un tetto. Così come le tegole in argilla si sono specializzate in una miriade di pezzi destinati a singole funzioni (la linea di colmo, il raccordo con il comignolo, ecc.) anche le lastre di pietra impiegate in queste coperture hanno diverse dimensioni in modo da risultare adattabili a seguire tutte le parti del tetto.
Per garantire la tenuta all’acqua il manto di copertura è ottenuto con una estesa sovrammettitura delle lastre di pietra. La posa di queste lastre che qui si chiamano “lisce” avviene su assi di legno posti parallelamente alla linea di gronda. Il manto di copertura in lastre di pietra determina la costituzione di un vero e proprio “sistema costruttivo”, cioè di regole edilizie specifiche connesse alla pesantezza del tetto. Il peso delle “lisce”, infatti, impone che le murature sottostanti siano massicce e ciò, a sua volta, obbliga ad avere porte e finestre piccole perché altrimenti si indebolirebbe la muratura; inoltre dal peso elevato delle “lisce” discende che le travi da impiegarsi in copertura non debbano essere troppo lunghe altrimenti si infletterebbero e da questo fatto, di conseguenza, deriva che i vani dell’abitazione siano stretti perché devono avere larghezza pari a quella delle travi.
Le dimensioni degli ambienti della casa, in definitiva, dipendono strettamente dai limiti imposti dall’orditura dei solai, i quali sono connessi al tipo di materiale di copertura. Si tratta di un “sistema costruttivo” piuttosto rigido che ammette poche varianti. La forma del tetto più ricorrente, anzi quasi l’esclusiva, è quella della capanna e, in genere, si tratta di case uniformi con poche differenzazioni fra loro. Il manto di copertura in pietra deve essere stato scelto sia perché è un efficace isolamento contro il freddo invernale in quanto ha un’inerzia termica superiore al manto di cotto sia perché qui la pietra la si trova abbondante.
Affiorano un po’ dovunque in quest’area strati superficiali della roccia calcarea che può essere divisa nei suoi piani naturali in sottili tegole di pietra. In diversi territori sono frequenti branchi rocciosi che presentano nette stratificazioni orizzontali: sono queste le cave di produzione delle lastre di pietra la quale viene impiegata nelle coperture senza essere lavorata. La naturale varietà degli spessori della roccia fa sì che la pietra sia usata non solo nelle coperture, ma anche nei muri i quali sono formati da blocchi montati a secco. Per questa presenza della pietra sia nelle costruzioni che nel paesaggio si ha un mirabile inserimento degli insediamenti umani nel contesto naturale.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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