Termoli prende il largo, ma in mare aperto vi sono infinite direzioni

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il nostro maggiore centro adriatico è al crocevia tra città balneare, città industriale, città portuale, città d’arte, con alcune di queste tipologie di insediamento urbano che hanno già dimostrato di saper convivere insieme. Vi sono abbinamenti, però, impossibili. Per potersi pensare in grande occorre sciogliere alcuni nodi.

Termoli non ha ancora deciso cosa vorrà fare da grande, per diventare grande. Le strade che ha davanti a sé sono molteplici nel senso che le sue potenzialità sono plurime; diverse di esse, strade, potrebbero essere unificate, una cosa del tipo arteria a più corsie. Uscendo dall’arcano ed esemplificando la vocazione di città balneare non confligge, di sicuro, con la prospettiva di città per la salute; ancora, la situazione attuale dimostra che vi è qualche possibilità di convivenza tra la città industriale, sempre che la quantità di industrie non superi un certo limite, e la città per vacanze.

Conflitti, comunque, sono destinati ad esserci, si pensi a quello che contrappone nettamente la visione di città portuale, tipologia di città in cui il porto ha un rilevante peso e, quindi, ha da essere di notevole stazza, e la valorizzazione, ve ne sono le condizioni data la ricchezza di beni culturali che possiede, di Termoli quale città d’arte e la spiegazione d tale incompatibilità è la seguente: il pregevolissimo borgo medioevale verrebbe ad essere sovrastato figurativamente, contiguo com’è allo scalo marittimo, dalle opere per l’allungamento (piuttosto che l’allargamento) della darsena.

Prima di procedere ad un breve approfondimento delle caratteristiche salienti di qualcuno dei tipi di città proposti per Termoli, ai quali la cittadina adriatica può ispirarsi, dobbiamo sgombrare il campo da una variante dell’idea di città che si aggiungerebbe alle altre accennate sopra, quella della città-regione. Essa è apparsa nel dibattito nazionale nel decennio che precede gli anni ‘80 all’interno del Progetto, appunto, 80, la quale calata nel Molise porterebbe alla con figurazione dell’intera regione come un’unica città formata di più poli; uno sarebbe Termoli.

L’elemento connettivo di tale città policentrica è l’asse viario che congiunge Venafro – Isernia – Boiano – Campobasso e termina a Termoli. Non si è fatto in tempo ad attuare questo disegno che intanto si andava consolidando un sistema insediativo di costa merito del fascio di canali di comunicazione che corre lungo l’Adriatico il quale coinvolge Termoli. Questo centro, allo stato attuale, sembra più partecipe della struttura insediativa costiera, di carattere infra-regionale, che di quella molisana, intra-regionale.

Addio perciò al sogno della città-regione prefigurato nella stagione della politica italiana più avanzata e più ambiziosa avendo il vento in poppa del “boom economico”. Riprendiamo adesso il filo principale del discorso dopo la necessaria digressione relativa all’ipotesi, definitivamente accantonata, della città-regione in cui il destino di Termoli sarebbe risultato accomunato a quello del resto del territorio regionale. Invece, Termoli ha vita propria, la sua “fortuna” non legata obbligatoriamente alle “magnifiche sorti e progressive” del Molise nel suo insieme.

Si prenda il caso della città della salute: la nostra località potrebbe attrarre, in concorrenza, si ammette temibile, con i numerosi siti costieri della Penisola, cittadini dell’Europa continentale desiderosi di godere di periodi di vacanza d’inverno e in autunno, stagioni in cui a casa loro le temperature sono rigide, in zone dal clima temperato, magari dove il soggiorno sia meno caro di Capri. Non si può sperare, comunque, di invogliare a venire gli abitanti della Pianura Padana in quanto hanno troppo vicine le riviere dell’Adriatico settentrionale e del golfo ligure.

Occorre allora attrezzare il comune con parchi e boulevard, simili al Lungomare Nord, per passeggiate salutistiche oltre che con impianti per il wellness, quali piscine e palestre. Del resto la cultura per villeggiature non solo di riposo, ma pure per la cura del corpo è consolidata in insediamenti marittimi vacanzieri di vecchia data come Termoli, vedi i diversi campi da tennis di cui è dotata disponibili anche per i turisti oppure semplicemente le reti installate sulla spiaggia per giocare a pallavolo.

È in crescita la ricerca di luoghi per il benessere del fisico in cui trascorrere le ferie, tanto in montagna la quale è frequentata soprattutto per praticare gli sport invernali e le escursioni estive quanto sulla costa consigliata dai medici igienisti fin dalla fine del XIX secolo per la talassoterapia, i bagni al mare, che per l’elioterapia, l’abbronzatura, e per l’inalazione di iodio, esito aeriforme della dissoluzione del sale marino. Termoli ha un domani segnato a sé stante, autonomo rispetto a quello della rimanente parte della regione anche in riguardo ad una sua differente peculiarità, cui si è fatto cenno, quello di essere città balneare, questa una identità non in fieri come la città della salute bensì già effettiva.

Conservare e incrementare tale versione di città è nelle cose e vediamo perché. Termoli ha la sua ragion d’essere legata al mare, così come Boiano alla montagna e Venafro al fiume, il dato naturale è fondativo e ha condizionato la vita successiva dell’insediamento; con la perdita di peso specifico dell’attività ittica e senza che sia ancora in vista il decollo del porto c’è il rischio del venir meno del rapporto di questo agglomerato con il suo fattore costitutivo che è il mare, la perdita se non dell’anima, di senso.

Certo Termoli potrebbe fare senza di tale elemento, prospererebbe lo stesso evolvendo in città terziaria, una variante che non si è nominata, o in città industriale, si è nominata, con la distesa marina che verrebbe relegata ad una funzione scenica, uno scenario, naturale, per le vedute che si aprono dall’abitato rendendo piacevole l’abitarvi, un valore, comunque, non da poco. Termoli, in definitiva poliedrica, con tante sfaccettature che ne dimostrano la vitalità, la quale non lo si può irretire costringendola nella griglia della città-regione, l’infatuamento per la quale si è esaurito in breve.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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