Civita è superiore, guarda Boiano dall’alto in basso
di Francesco Manfredi-Selveggi
Un insediamento prima sannita, poi longobardo e infine normanno. Il castello è stato sede dei conti di Molise i quali da qui dominavano non solo la città sottostante, ma l’intero territorio regionale pur essendo in una posizione decentrata, marginale rispetto allo stesso.
È una situazione quella orografica in cui è, appunto, situato il castello di Civita Superiore, davvero particolare, almeno rispetto alla generalità dei siti che ospitano strutture castellane. Non è un fatto casuale tale singolarità, essa è legata alla singolarità del castello di Civita che non è un maniero qualsiasi, appartiene ad una categoria superiore di opere per l’arroccamento. È di un rango più elevato, se nella maggioranza sono equiparabili a forti, per la consistente consistenza Venafro, Monteroduni e alcuni altri, e fortini, i minori, tipo Colledanchise e Cercepiccola, quello di Civita è una fortezza.
Quest’ultima richiede più spazio degli altri. La configurazione sostanzialmente tabulare della sommità del colle sovrastante Boiano su cui sorge consente la formazione di un’architettura militare ampia; essa è, di certo, scalettata presentando due cortili a 2 quote diverse, ma il dislivello tra le due corti, l’alta e la bassa, in situ non lo si coglie per via del fossato che si interpone tra il recettum e il palatium occultando, in qualche modo, il gradino altimetrico.
La grandezza del fortilizio, un’ulteriore variante di forte, è giustificato dall’essere stato il quartier generale del comitatus Molisii, forse la contea normanna più estesa d’Italia che aveva raggiunto il suo massimo sviluppo nel primo secolo del primo millennio coincidente con l’attuale perimetro della regione che proprio da essa prende il nome. Contro i normanni si posero gli svevi e Federico II nella campagna per la conquista del Regno di Sicilia considerò determinante impossessarsi di Civita, costringendo il titolare del feudo a fuggire e ad asserragliarsi nella rocca, di nome e di fatto, di Roccamandolfi fino alla resa definitiva.
Quella sinteticamente narrata sopra è una pagina fondamentale di storia patria nostrana che aggiunge fascino al castello di Civita Superiore. Oltre alla caratteristica di piattaforma morfologica l’altura su cui poggia Civita S. ha una ulteriore proprietà, estremamente vantaggiosa per la difesa, quella di essere un punto privilegiato di scolta sulla vallata del corso iniziale del Biferno solcata dal tratturo Pescasseroli-Candela.
Superiore, l’appellativo di Civita, fa presuppore che c’è una Civita inferiore, cioè un insediamento ad essa altimetricamente sottoposto come, in effetti, c’è ed è la superstite Bovianum romana che in età paleocristiana fu designata quale sede episcopale; nell’alto medioevo, perciò, l’assetto insediativo prevedeva due poli distinti, l’uno a valle, quello religioso, l’altro a monte, quello politico. La roccaforte comitale è in rapporto tanto con la città vescovile che è ai suoi piedi quanto con il villaggio di pastori adiacente ad essa.
Quest’ultimo si presenta come un avamposto umano in territorio montano che va da sé è disabitato, insieme al castello con cui fa tutt’uno, in un contesto fortemente connotato da fatti naturali quali i boschi (siamo nella fascia di transizione tra il querceto e la faggeta), le emergenze rocciose (una enorme cava da cui si estraevano inerti calcarei arriva addirittura a lambirne le mura) e incisioni vallive (la testata di una di queste separa in due l’agglomerato edilizio). La montagna è il luogo di elezione dell’allevamento di pecore, attività economica che ha riflessi nella struttura urbanistica di tale borgo il quale contiene un intero settore destinato alle stalle.
Esso ha il nome di Giudecca, toponimo che rimanda ai ghetti ebraici con i quali condivide l’essere un quartiere separato. La denominazione, per questo aggregato, lineare, di ricoveri per ovini, di Giudecca, in definitiva, non per un riferimento etnico quanto piuttosto per il suo stato di isolamento dal resto dell’abitato. La specializzazione del centro in senso pastorale è ben percepibile in una visione da lontano, la veduta che si ha dalla strada di accesso, per quella lunga murazione terminante con un torrione, la quale per esigenze di protezione è priva di bucature, che da un lato lo delimita; su quale si appoggia la lunga serie di stalle.
Infatti per ragioni di igiene esse devono posizionarsi ai margini del nucleo abitativo, sfruttando quale parete esterna la stessa cinta muraria; solamente in campagna sono ammesse costruzioni in cui sotto la medesima copertura ovvero in un unico corpo di fabbrica risultano accorpate abitazioni e stalle, invariabilmente con accessi differenziati. Vi è pure una diversa faccia di Civita che volge verso il versante opposto a quello in cui svolge la schiera di fabbricati della Giudecca. Qui si apre una piazza-belvedere che come si conviene ad una piazza è pianeggiante e, del resto, lo abbiamo detto, la morfologia geologica è un terrazzo; tale faccia, la piazza panoramica, si affaccia sopra i tetti di Boiano.
La chiesa della Madonna delle Grazie è in un’area intermedia pressappoco, mentre il castello rimane periferico e ciononostante semanticamente rappresenta l’elemento centrale della composizione urbana. La eccentricità del castello in quanto a ubicazione è tanto, a piccola scala, con la realtà insediativa prossima quanto, a scala maggiore, con l’intero ambito molisano. I conti boianesi in tempi gloriosi dominavano, comandavano il Molise a distanza fino alla costa, per via del posizionamento sull’Appennino di Civita, il crinale appenninico costituendo l’estremo lembo della superficie regionale. Essi, vale la pena ripeterlo, sono stati talmente importanti da lasciare traccia di sé ancora oggi nella regione, la loro memoria imperitura (salvo la soppressione dell’ente Regione) è affidata al nome stesso del Molise.
Francesco Manfredi Selvaggi633 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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