Il darwinismo sociale e gli opposti estremismi (parte 1)
di William Mussini
Generalmente, gli italiani decisori, sia quelli in Parlamento che gli elettori, tendono a patteggiare acriticamente per il proprio concittadino affine, cioè col proprio vicino attiguo ideologicamente e politicamente. Accade spesso che, al proprio compare, compagno, camerata, amico che sia, gli si perdona quasi tutto. Succede il contrario nei confronti dei propri avversari, siano essi neri, bianchi, di destra o di sinistra: difficilmente l’italiano in curva sud riconosce loro eventuali meriti per azioni palesemente giuste, e raramente concede indulgenze alla loro azione politica e ideologica in contrapposizione.
La volontà di divisione variegata che atavicamente affligge la sub cultura delle microsocietà italiche, genera da secoli campanilismi, tifoserie contrapposte, ideologie in contrasto, morali e comportamenti giudicanti, classi di appartenenza, picciotterie e consorterie varie. Come fossero tutti nel giusto nel conformismo partigiano, trasversalmente, tutti si fronteggiano per giudicare, fronteggiare gli avversari e dimostrare di essere più bravi di questi, più giusti e più saggi.
Risalendo sino ai primi vagiti della storia peninsulare conosciuta, o per meglio dire, di quella raccontata dai vincitori di numerose e rinnovate battaglie, contese e guerre d’ogni sorta, possiamo ben notare che le società reinventate nel corso dei millenni, hanno riproposto in sostanza la stessa identica formula paradigmatica: “io comando meglio se, voi sudditi, elettori e cittadini, sarete sempre e comunque divisi, in perenne lotta fratricida!”
Per quanto possa sembrare naturale o normale che i popoli in generale (quello italico più che mai) siano perennemente divisi in partiti, confraternite e tifoserie assortite, sappiamo che, in realtà, un’altra idea di società e di vita politica dell’uomo fra gli uomini sarebbe possibile, auspicabile e non affatto utopica se si ragionasse da veri socratici e con spirito libertario. Piccole comunità, infatti, sono riuscite a sopire la smania di potere di élite e a mitigare i contrasti fra componenti subalterni della medesima tribù attraverso la mediazione di figure autorevoli e sagge come, ad esempio, gli anziani (giusti e riconosciuti da tutti) nelle comunità dei nativi americani.
L’Italia moderna ma vetusta nel riproporre i soliti schemi degli estremi contrapposti, continua a farsi palleggiare dalle molteplici tifoserie politiche e ideologie rugginose. Sono le stesse ideologie che già prima dell’Unità si insinuavano eterodirette nella vita politica delle comunità, determinandone le sorti, limitandone potenzialità di sviluppo e relegandole alla subalternità culturale.
A dar manforte al paradigma d’una società in perenne contrapposizione fra diversi modi di pensare e di vivere, intervenne, sul finire del diciannovesimo secolo, la teoria sull’evoluzione delle specie partorita dal biologo esploratore britannico Charles Darwin in seguito a studi sulla origine delle specie in natura e grazie anche all’influenza letteraria del saggio del 1798 di Thomas Malthus. La teoria del darwinismo sociale che derivò da quella darwiniana originaria fu accreditata e diffusa poi da Thomas H. Huxley, spesso definito come il mastino di Darwin e da Herbert Spencer il quale, in perfetta concordia con le potenti famiglie ai vertici della cupola di potere, postulò indirettamente il concetto tanto semplice quanto deleterio secondo il quale “se in natura vince il più forte, deve accadere lo stesso nel mondo degli umani”.
Il darwinismo sociale, dunque, è un approccio che tenta di applicare i concetti di selezione naturale a individui e società specifici. Si potrebbe dunque pensare che le regole naturali si ripetono nella società, ovvero che solo “i più forti” sopravvivono. Sulla base di queste premesse ideologiche sono state combattute due guerre mondiali e, ancora oggi, si continuano a educare le nuove generazioni per la conquista del profitto in competizione perenne con il prossimo, il diverso, lo straniero, il tifoso avversario, per il raggiungimento di ricchezza, notorietà, potere, benessere materialistico.
È mia convinzione che mai nessun governo che si proclami democratico avrà mai la possibilità di realizzare una società equa se, come prima azione liberatoria, non scardinerà una volta per tutte il paradigma derimente e distruttivo che il darwinismo sociale ha consentito di far divenire normalità presso quasi tutte le comunità Stato contemporanee (to be continued).
William Mussini76 Posts
Creativo, autore, regista cinematografico e teatrale. Libertario responsabile e attivista del pensiero critico. Ha all'attivo un lungometraggio, numerosi cortometraggi premiati in festival Internazionali, diversi documentari inerenti problematiche storiche, sociali e di promozione culturale. Da sempre appassionato di filosofia, cinema e letteratura. Attualmente impegnato come regista nella società cinematografica e teatrale INCAS produzioni di Campobasso.
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