A piedi dentro e fuori Campitello
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Le escursioni si effettuano muovendosi con gli scarponi ai piedi e, ovviamente, ciò avviene all’esterno del perimetro della stazione turistica, mentre all’interno ancora non si predispone un piano per la pedonalizzazione complessivo, non vi sono percorsi riservati alle passeggiate se non il marciapiede che costeggia il piazzale (Ph. F. Morgillo)
Campitello quando nacque agli inizi degli anni 70 del secolo scorso, il Programma di Fabbricazione è del 1967, rappresentò una novità assoluta nel panorama insediativo molisano. Era una realizzazione di avanguardia e tale è rimasta nel senso che nel Molise fino ai giorni odierni non è mai stata replicata una cosa simile, non c’è stato niente di comparabile dopo la sua apparizione dal nulla. Si, dal nulla perché in alta quota, quota superiore seppur di poco a quella di Capracotta, per colpa del carsismo, siamo sul Matese, che limita le fonti di approvvigionamento idrico, cioè le sorgenti l’uomo ha trovato impossibile abitare stabilmente.
L’assenza di borghi di montagna tradizionali con i quali confrontarsi, copiare il loro assetto urbanistico e le tipologie costruttive, ha reso liberi da condizionamenti formali di sorta i progettisti di questo complesso turistico. Era uno spazio vuoto e in tutto l’altopiano matesino non vi erano, né vi sono, riferimenti architettonici cui ispirarsi nell’edificazione della località di villeggiatura per cui i suoi ideatori si sono potuti esprimere con il linguaggio dell’architettura, all’epoca, contemporanea.
La sua singolarità sta oltre che nell’altitudine in cui sorge e nei caratteri stilistici dell’edificato anche nel fatto che è la prima, peraltro unica, volta in cui un agglomerato edilizio risulta frutto di un disegno unitario; non è stato attuato, per intenderci, tramite un piano di lottizzazione nel quale intervengono operatori diversi nei vari lotti. Qui, invece, l’imprenditore è lo stesso, non vi è stato un frazionamento degli interventi, il quale, mutuando l’espressione “dal cucchiaio alla città” di Rogers, un Maestro del Razionalismo, ha curato ogni aspetto dell’insediamento.
Prendendo in prestito e adattandola al nostro caso la celebre frase di Gioberti, un Maestro del pensiero risorgimentale, “fatta l’Italia ora bisogna fare gli Italiani”, si può dire che Campitello è bella e pronta, quello che rimane da fare è abituare i molisani alla vacanza in montagna, non di diventare montanari s’intende. È vero che nella stagione invernale accorrono molti sulle piste da sci, ma sono in pochi a frequentare la stazione turistica nel resto dell’anno, lasciando così inutilizzato l’enorme patrimonio abitativo che ha occupato un pezzo di uno dei luoghi più belli del massiccio montuoso.
Se le case non vengono usate si può legittimamente parlare di spreco ambientale; il sito risulta ingombrato da una enorme volumetria edilizia, una colata di cemento che ne ha alterato le caratteristiche naturalistiche e percettive. Si è fatto poco per incentivare la pratica dell’escursionismo, uno stimolo alla frequentazione fuori stagione, con Campitello quale campo base e il poco, che comunque per quegli anni era tanto, partendo da zero, dall’assenza totale di “infrastrutturazione” sentieristica in questo comprensorio, è rappresentato dai 6 itinerari nella natura ideati dal direttore tecnico della stazione Riccardo Platner, più che maestro di sci Maestro dello Sci.
I tracciati escursionistici proposti indicati su un tabellone in bella vista all’interno del polo montano hanno quale punto di partenza, ovviamente, Campitello il quale può fungere quale base logistica per le “gite” ovvero passeggiate giornaliere e per i trekking che sono plurigiornalieri. Negli anni non si è mai pensato a predisporre un punto informativo per gli appassionati di escursioni, a formare guide per accompagnare i visitatori e i villeggianti desiderosi di provare l’esperienza della camminata. Il cammino non è solo occasione di svago o di conoscenza delle peculiarità ambientali del circondario montagnoso, perché è anche un’attività salutistica.
Lo è specie se si svolge in un contesto salubre. La salute era l’obiettivo programmatico dell’iniziativa del presidente dell’Ente provinciale del turismo Ciampitti di promuovere la creazione di un villaggio cosiddetto svedese di casette diffuse nel bosco, quello di Rote-Trabucco, per i benefici ai polmoni e alle coronarie di un periodo di ferie, prolungato perché è essenziale l’acclimatazione, in altura.
L’operazione, dato il numero necessariamente ridotto di cottage da ospitare dentro la superficie boschiva, appare di tipo elitario; all’estremo opposto vi è l’elevata quantità di posti letto contenuti nei blocchi di fabbrica della contigua e successiva Campitello che si sta rivelando esorbitante rispetto alla domanda in atto, funzionali a consentire ad un maggior numero di persone di poter villeggiare alle curve di livello superiori e così giovarsi del cambio di pressione atmosferica la quale influisce su quella sanguigna e sulla formazione dei globuli rossi se la permanenza in loco è protratta per un tempo sufficiente.
Si sta verificando un corto circuito: meno gente decide di trascorrere le vacanze a Campitello, meno negozi, anche di prima necessità, vedi l’alimentare chiuso di recente, rimagono aperti. La massa critica per gli esercizi commerciali di servizio è stimabile in 350-500 abitanti e la loro mancanza, sotto tale soglia, scoraggia il soggiorno nella stazione. Per invogliare a soggiornare nei residence si sta puntando sull’intensificazione dell’effetto villaggio. Una prima azione è la costruzione ai margini della strada provinciale di accesso alla località di un marciapiede, un accenno, solo un accenno, alla pedonalizzazione che è un requisito primario per la vivibilità dell’area auspicata anche da Chappis il progettista della stazione.
È una specie di lungo-pianoro, se così si può dire, come fosse un lungomare da cui si riesce ad ammirare la vastissima conca carsica che costeggia e la cima di monte Miletto, la principale del centro-meridione. È comodo per camminare perché si svolge in piano, non altrettanto per passeggiare in compagnia perché stretto e d’altronde non è un viale mancando dell’ombreggiamento degli alberi i quali peraltro ostacolerebbero, non si può avere tutto, la splendida visione delle cose che si è descritto, una visione unica.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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