Casa in pendio senza scivolare

di Francesco Manfredi-Selvaggi

 

È una tipologia di dimora rurale assai diffusa. È un modello architettonico che oggi non viene più seguito. Rimane un segno caratteristico del paesaggio tradizionale della nostra regione.

Tra le tipologie di dimore tipiche della nostra regione ce n’è una a grave “rischio di estinzione” ed è quella della casa in pendio. Ciò si verifica nonostante che la conformazione fisica del nostro territorio sia prevalentemente collinare per cui appare una cosa scontata costruire in maniera conforme alla pendenza del suolo. Invece, oggi giorno si preferisce, avendo a disposizione i mezzi di escavazione meccanici, macchine molto potenti, in sostituzione dello scavo a mano, procedere al livellamento del terreno che permette di creare un piano di appoggio piano, vocabolo che è sostantivo e aggettivo, dove tirar su il fabbricato.

Nel verso controterra si lascia una sorta di corridoio scoperto, a mò di trincea sul retro dell’edificio per distanziare la murazione dal versante del rilievo. In passato si distinguevano le abitazioni dei contadini meno abbienti dalle abitazioni di chi aveva superiori disponibilità economiche proprio dal rapporto che esse instaurano con il sito, se di adattamento, quelle che adottano il tipo edilizio della casa in pendio il quale non richiede costi di spianamento, oppure di alterazione, addirittura di manomissione con la modifica dell’assetto orografico dell’area riconducendolo ad una morfologia pianeggiante; con lo sbancamento allo scopo dell’appianamento si evita che il corpo di fabbrica presenti dei gradini o degli arretramenti, rispettivamente in sezione, longitudinale, e in pianta, tra i vari livelli.

Di certo, le trasformazioni da apportare ai luoghi sono maggiori quando il declivio è assai acclive, minori se il profilo della collina è assai morbido. L’edificazione di case in pendio risponde nel contempo all’esigenza di salvaguardare le superfici agrarie migliori che sono quelle pianeggianti, non occupandole con volumi edilizi; i pendii ripidi infatti non sono sfruttabili per l’impianto di colture e, pertanto, è lecito “cementificarli” (erano costruzioni in pietra).

C’è pure una ragione funzionale specifica per gli stabili destinati all’allevamento zootecnico che porta a scegliere per tale destinazione d’uso la tipologia dell’architettura in pendio che proviamo a spiegare così: la sovrapposizione tra fienile, sopra, e stalla, sotto, è la soluzione che consente di rifornire facilmente le mangiatoie di fieno calandolo dall’alto e tale schema di approvvigionamento delle postazioni di alimentazione del bestiame è favorito dall’esistenza di due ingressi separati, a quote diverse, l’uno al vano in cui viene immagazzinato il foraggio, che sta a monte, l’altro al locale di stabulazione delle bestie, che sta a valle, accessi sulle due pareti opposte.

Se è vero che più lo spazio è piatto più è ampia la libertà nella composizione architettonica, non è, comunque, che non vi siano diversificazioni nella strutturazione delle case disposte sul versante; pur, in altri termini, con i forti condizionamenti imposti dalla forma inclinata del territorio sono possibili variazioni nella configurazione tra le case in pendio. Non esiste, in definitiva, un prototipo di casa in pendio che si replica ovunque, senza alcuna variante, cioè pedissequamente, una riproduzione esatta in ogni contesto del medesimo ideal-tipo di weberiana memoria.

Nella realtà fattuale ci imbattiamo in modulazioni differenti della casa in pendio, interpretazioni distinte del medesimo tema compositivo. Il compito che ci prefiggiamo ora è quello di estrarre dalla congerie di casi concreti, si sarebbe dovuto dire astrarre, astrazione versus concretezza, alcuni caratteri che hanno in comune. Tra questi è la copertura che è ciò che la distingue maggiormente, oltre all’articolazione volumetrica gradonata, dal resto delle costruzioni tradizionali.

Mentre queste ultime hanno, di regola, il tetto formato da due falde la cui linea di gronda segue i lati lunghi del perimetro murario, la casa in pendio si differenzia da esse sia per il numero di spioventi che qui è uno solo sia per il fatto che l’unico (s-)piovente è impostato sui lati corti. Va detto che esso segue l’inclinazione del versante favorendo così il deflusso delle acque di pioggia (da cui il piovente, anzi detto).

In effetti, come si vede, l’individuazione dei connotati caratterizzanti la casa in pendio la si conduce cercando ciò che la distingue dal resto del patrimonio costruttivo di un tempo, una ricerca degli elementi unificanti attraverso la contrapposizione con quelli ricorrenti nel costruito storico; è la comparazione a far emergere le unicità. Le case in pendio hanno non solo il tetto, ma anche la planimetria coerente con lo sviluppo dell’altimetria dell’areale in cui sorgono disponendosi con l’asse più lungo perpendicolarmente alle curve di livello, una specificità planimetrica che va di pari passo con quella altimetrica, lo si è appena rimarcato, e nel contempo con quella volumetrica.

Infatti la casa in pendio ha, di norma, 2 piani nella sua parte in cui il sedile è posto alle isoipse inferiori e 1 solo nella porzione che poggia su quelle più alte. Alto e basso sono concetti relativi come dimostra la circostanza che il pezzo della fabbrica situato in basso è il più alto e in quello che è alla quota più alta è più basso. La volumetria è crescente (o decrescente, dipende dai punti di vista) per cui l’edificato risulta essere gradonato.

Nella generalità delle case tradizionali, la pietra di paragone, la cubatura è distribuita, invece, in modo omogeneo. Garantisce, sicuramente, una forte integrazione con l’ambiente il seguire la massa edificata lo skyline della campagna quasi a volersi mimetizzare nel paesaggio. Dal confronto con l’insieme delle strutture architettoniche della tradizione emerge un’ulteriore singolarità delle case in pendio che è quella di avere l’entrata situata sì sul lato lungo e, però, non nel suo centro contrariamente a quanto avviene di solito.

Esso è in posizione decentrata poiché l’apertura dell’abitazione coincide con il piano di calpestio del secondo livello dove, appunto, sta l’abitazione e può essere servito o da una scala esterna, dunque un’opera a sé, accessoria allo stesso, o da una rampa pedonale aderente al pendio, scalettata o meno, sempre esternamente allo stesso, non un manufatto vero e proprio, collegante i 2 livelli sovrapposti dal di fuori (all’interno sono immaginabili scalette di servizio in legno).

Ci si è soffermati sulla descrizione degli aspetti formali tralasciando quelli localizzativi, cosa cui si rimedia adesso: la casa in pendio sta di preferenza nell’agro eppure non mancano esempi di tale tipologia edilizia in centro urbano. Qui le case in pendio non sono mai strutture isolate, bensì aggruppate a formare dei piccoli quartieri periferici.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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