Coast to coast attraversando il Matese
di Francesco Manfredi-Selvaggi
È uscita un’interessante guida alle «Escursioni sui monti del Matese» con oltre 40 suggerimenti di gite montane, una vera novità editoriale perché non vi sono altre pubblicazioni relative a proposte di itinerari escursionistici qui da noi. Mancano, però, i trekking che si sviluppano lungo questo gruppo montuoso o che vi passano per traverso quale quello che va da mare a mare su cui ci soffermiamo di seguito.
È uscita di recente una interessante guida sulle escursioni nel Matese, tutte di durata giornaliera manca, però, ancora una pubblicazione su itinerari plurigiornalieri, tanto se circoscritti all’ambito matesino quanto se semplicemente coinvolgenti la nostra montagna. Del resto così come non ci sono descrizioni a stampa non ci sono neanche esperienze di trekking, con l’eccezione che vedremo in seguito, che abbiano toccato nel loro svolgimento questo massiccio montuoso, toccato non sviluppatesi tutte all’interno dello stesso che di questo tipo ve ne sono molte a cominciare dal “cammino degli anarchici” rievocatore della Spedizione del Matese di Cafiero e Malatesta.
Vi sono state diverse edizioni (non librarie!) del percorso a piedi «coast to coast», dunque tra Tirreno e Adriatico, il quale invece di passare attraverso il Matese, sarebbe stata la linea più corta, ha preferito aggirare questa barriera montana che separa i 2 mari; esso si è svolto in territorio collinare e c’è da capire gli organizzatori perché, seppure più lungo, il cammino è meno faticoso non obbligando a salire e scendere per andare da un versante all’altro del rilievo appenninico, il tirrenico e l’adriatico.
Tale circumnavigazione della montagna è resa possibile dalla circostanza, unica in tutto l’Appennino, che vi sono corsi d’acqua che nascono in uno dei lati della Penisola separati dall’Appennino e finiscono il loro, appunto, corso nell’altro, per la precisione nel lato peninsulare adriatico e si concludono in quello tirrenico. Non vi è, lo si ribadisce, in nessun’altra parte della catena appenninica niente di simile e ciò è dovuto al fatto che il Matese pur appartenendo a questa “cordigliera” che divide l’Italia in due è un blocco a sé stante, non è la prosecuzione, cioè, dei monti d’Abruzzo.
Basta seguire le vallate o del Volturno o del Tammaro, con il secondo che giunto in Campania diventerà affluente del primo, per bypassarlo. Muoversi lungo una valle fluviale è, lo si ripete, più agevole nonostante il tragitto sia più lungo che tagliare, quasi fosse una scorciatoia, passando in mezzo a questa emergenza montuosa. Se si sceglie di seguire la direttrice bisecante l’Appennino l’unica via esistente è quella che si inerpica, qualora si parta dal Molise, sulla Sella del Perrone; non vi sono, in effetti, altri valichi, il monte per il resto si presenta compatto mancando ulteriori strade colleganti le 2 regioni confinanti.
Lo Stretto di cui sono alla ricerca i novelli Magellano o il mitico Passaggio a Nord-Ovest degli esploratori che navigano nell’oceano artico è proprio qui; i contemporanei Jack Kerouac in vagabondaggio da una costa alla contrapposta, non pacifica e atlantica, bensì tirrenica e adriatica devono valicare la predetta Sella seguendo un tracciato di epoca remota che era comprensivo di un ponte romano sul torrente Quirino subissato dalle acque dell’invaso di Arcichiaro. Il Perrone è un passaggio obbligato e di qui devono essere transitati per millenni soldati, si pensi ai Sanniti, pellegrini, semplici viandanti, mercanti, ecclesiastici, pastori e non ultimi i briganti per il controllo dei cui movimenti fu edificata, nel periodo post-unitario, una casamatta esattamente in questo punto.
È giusto nel passo che fa da cerniera tra il mondo campano e quello molisano, 2 universi assai differenti fra loro. Occorrerebbe riattivare questo piccolo manufatto di servizio per porlo a servizio, si avverte, stiamo per cambiare argomento, del Parco del Matese. La Sella del Perrone la si può intendere, infatti, alla stregua di una porta d’accesso all’Area Protetta, che introduce all’ambito con valenze naturalistiche elevate del monte Mutria e, però, se non una porta di servizio, per continuare con questo termine, una porta secondaria perché quella principale è Campitello non fosse altro perché quest’ultimo è nel centro del complesso montuoso mentre la precedente entrata è decentrata.
È un varco d’ingresso meno importante anche perché esso è un’apertura al monte Mutria, un rilievo montano più basso e perciò meno significativo alpinisticamente parlando del monte Miletto che si staglia proprio al di sopra del pianoro di Campitello. Il Mutria è, in qualche modo, il fratello minore del Miletto. Sono Campitello e Serra del Perrone i soli due portoni della zona in altura, siti raggiungibili con le auto e, da quando è esploso il fenomeno della motorizzazione di massa, le “pedane” di partenza privilegiate per l’inizio di escursioni sempre che si accetti di iniziare la camminata, ci stiamo riferendo a Campitello, da posti affollati, in particolar modo nei giorni festivi.
Un escursionismo che a tratti assomiglia più al turismo d’alta quota che all’alpinismo autentico. Le altimetrie tutto sommato limitate specie se si fa il confronto con l’altitudine che raggiungono i “colossi” viciniori dell’Appennino Centrale, la Maiella e il Gran Sasso, e la generale non eccessiva inclinazione dei pendii permettono a chiunque di percorrere anche i sentieri che corrono più in alto dalla tarda primavera all’autunno inoltrato, quindi per metà dell’anno, basta avere un minimo di allenamento.
Se uno poi non ce la facesse proprio a salire sul colmo non c’è problema perché può prendere, ma non è la stessa cosa che arrivarci con le proprie gambe, la seggiovia che, in estate, ti porta un po’ più giù della cima di m. Miletto da cui si vedono i 2 mari. Nessuna adrenalina salvo, e però ciò è riservato a persone con adeguata preparazione all’alpinismo. E sì, il Matese offre motivi di visita oltre che agli escursionisti anche agli alpinisti, che intendono, specie in periodo invernale, risalire canaloni impervi, il Vallone Grande, arrampicarsi su guglie simildolomitiche, i Campanarielli, penetrare in grotte, la Grotta del Fumo, infilarsi negli inghiottitoi, il Pozzo della Neve, in tal caso bisogna essere speleologi, andare rasente a strapiombi, il ciglio o cengia dei Circhi dell’Aquilana, fare torrentismo nella forra del Callora.
Ce n’è, come si vede, per tutti i gusti, dall’intrepido scalatore all’amante delle passeggiate in ambiente montano, non innevato altrimenti le ciaspole. Nessuno, al di là del suo grado di resistenza fisica e del suo spirito d’avventura rinuncia all’ascensione sulla vetta del Miletto che con i suoi m. 2050 è la più alta del Centro Meridione. Comunque, nonostante sia in certe domeniche della bella stagione un luogo assai frequentato, lo si è appena detto, non c’è ragione di stabilire alcun “numero chiuso”, non c’è pericolo di sovraffollamento, ogni cosa nel Matese è contenuta, le quote, l’inclinazione dei versanti, le asperità rocciose e pure il turismo.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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