La Shoah è un monito universale
Italia 1938. In seguito alle leggi emanate dal regime fascista “per conservare la purezza della razza”, bambine e bambine vengono espulsi dalle scuole elementari da un giorno all’altro. Tornano a casa in lacrime chiedendo il perché a genitori che non riescono a rispondere. Non possono dire “perché siamo ebrei” a quei figli che si sentono del tutto identici ai loro compagni. Non lo capirebbero.
Centinaia di bambini vissero quel trauma sconvolgente che ci hanno raccontato Liliana Segre, Edith Bruck e Sami Modiano, superstiti 92enni della Shoah, deportati ad Auschwitz dove persero i loro familiari.
«Non dimenticate quello che è stato – è l’accorato appello di Modiano – noi sopravvissuti continueremo a raccontare e parlare finché avremo forza, ma voi dovrete farlo quando non ci saremo più».
A sua volta la senatrice Liliana Segre si dice davvero preoccupata per la trasmissione della memoria: “La gente già da anni dice ‘basta con questi ebrei, che cosa noiosa’. Tra qualche anno sui libri di storia non ci sarà una riga sulla Shoah”.
E’ una giusta preoccupazione alla quale si associa anche la storica Anna Foa per la quale la memoria non è una questione ebraica, ma un grande monito affinché niente di simile succeda non solo agli ebrei, ma a chiunque.
In proposito vale sottolineare la ragione per la quale non si vuole equiparare il termine Shoah a quello di Olocausto che viene talvolta frainteso e accordato alla parola purificazione.
In un Paese dove esistono ancora negazionisti di quel genocidio e dove una superstite come Liliana Segre debba essere protetta da una scorta armata, la memoria della Shoah va trasmessa alle nuove generazioni come monito universale. Tocca quindi a noi tutti e alle istituzioni, sopratutto alla scuola, il compito di mantenere viva, attraverso letture, analisi storiografiche, documenti e viaggi, la memoria di deportazioni e stermini di massa che, oltre agli ebrei, colpirono anche malati mentali, sinti, rom e omosessuali.
Giuseppe Tabasso363 Posts
(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.
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