Primarie PD/Se i gazebo scaldano i cuori
di Giuseppe Tabasso
Le primarie del PD hanno bisogno di almeno un milione di voti per dimostrare che la politica riesce ancora a scaldare il cuore a cittadini di questo Paese.
Le ultime elezioni hanno infatti registrato un ulteriore calo di affluenza di 9 punti ed è risultato che la regione campione di astensionismo è stata proprio il Molise che alle politiche di settembre ha avuto il maggior crollo di votanti: -15 punti percentuali, davanti a Campania -14,8 e Calabria -12,9.
Questo significa che se su 100 elettori 60 rimangono a casa, il maggior partito italiano è quello dei No Voto e che il santo rito della democrazia diventa una messa celebrata in una chiesa vuota di fedeli.
Qualcuno ha fatto amare ironie sulla gente che era stufa di votare alle regionali dopo aver votato 5 giorni di seguito al Festival di Sanremo. In realtà questa catalessi elettorale è più di un campanello d’allarme per il sistema democratico, che funziona diversamente da un’assemblea di condominio dove il voto non vale se non si superano certi millesimi.
Per correre allora ai ripari servirebbe riferirsi a un inoppugnabile insegnamento che ci viene dalla scienza politica, secondo cui l’incentivo a votare è strettamente legato alla percezione di essere determinanti. E cioè che la scheda che infiliamo nell’urna deve pur servire a cambiare qualcosa.
In questo senso, le consultazioni primarie, con tutti i loro difetti, ma con 5.500 seggi e 20mila volontari, testimoniano pur sempre una volontà di cambiamento, un segnale di democrazia partecipata, un distintivo veicolo di leadership, di linea politica e di scelta diretta.
In un sistema ormai assuefatto a partiti personali dove giochi, accordi e manovre si svolgono al chiuso di ville, salotti e ristoranti, non si può dunque disconoscere che questi gazebo, emblemi di porte e finestre spalancate, forniscono un ricambio di aria nuova all’unico partito contendibile del nostro Paese.
Consideriamoli allora un salutare e collettivo ritorno all’aperto senza vincoli di appartenenza, un rincuorare chi non si fida più delle urne, un invito a depurarsi dal morbo dell’indifferenza.
Giuseppe Tabasso363 Posts
(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.
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