Facciamo Pace

Editoriale del numero in edicola

Il 5 novembre scorso a Roma, ha avuto luogo una manifestazione a cui ha preso parte il mondo cattolico, la CGIL, l’associazionismo, insieme al Movimento 5 Stelle, al PD, a Unione Popolare e ad altre formazioni che hanno sfilato tutte senza bandiere di partito, per affermare che la pace è un valore fondativo e unificante per le comunità, comunque siano costituite e ovunque siano situate.

Della giornata diamo conto con un articolo a firma di Paolo De Socio, segretario della CGIL del Molise, corredato con le splendide fotografie di Flavio Brunetti.

La piattaforma dell’iniziativa era semplicissima e fondamentale nello stesso tempo: la richiesta al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di convocare con urgenza una Conferenza internazionale per la pace in Ucraina, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare gli stati membri all’eliminazione delle armi nucleari, alla riduzione della spesa militare, per destinare quelle risorse al contrasto della povertà e per un’economia disarmata, rispettosa dell’ambiente e della dignità del lavoro e dei lavoratori.

La guerra in Ucraina è diventato un buco nero che sta ingoiando la stabilità, la sicurezza e la prospettiva politica di un’Unione europea che si è fermata all’unità monetaria e finanziaria, incapace di sviluppare il progetto civile, politico e culturale, delineato dal Trattato di Roma del 25 marzo 1957, che l’Italia firmò con Belgio, Francia, Germania ovest, Lussemburgo e Paesi Bassi.

A trent’anni da “La fine della storia e l’ultimo uomo”, il libro di Francis Fukujama del 1992 che dopo il crollo del muro di Berlino (1989) e dell’implosione dell’Unione Sovietica (1991) preconizzava la nascita di un Nuovo Ordine Mondiale amministrato e diretto dagli Stati Uniti che intanto si preparavano a combattere la guerra del golfo e ad affrontare una lunga e sanguinosa stagione di terrorismo con l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq, dobbiamo riconoscere che la storia non è finita affatto.

Quello che Bush padre e l’Establishment americano non avevano compreso era che lo sgretolamento dell’impero sovietico e la fine della guerra fredda segnava la fine degli equilibri internazionali disegnati dai vincitori della seconda guerra mondiale e non l’alba di una nuova epoca.

Alla fine della storia abbiamo creduto (e senza la necessaria convinzione) solo noi europei, che abbiamo immaginato di poter andare verso il superamento degli stati nazionali e l’affermazione di un nuovo impero universale centrato sui valori dell’Occidente che assicurasse la pace.

In realtà siamo inadeguati e fuori gioco.

L’orizzonte geopolitico planetario si sta ridisegnando a cura dei tre potentissimi global players: USA, Cina e Russia, mentre noi europei siamo impantanati nei giochi di relazioni e d’interesse fra i paesi membri, che non riescono nemmeno a decidere di agire unitariamente per affrontare la crisi energetica che imperversa e che mina alla base le economie dei singoli stati, ma anche inevitabilmente la coesione dell’Unione.

La guerra in Ucraina è un conflitto di scenario che gli americani stanno combattendo contro la Russia finanziando massicciamente il paese di Zelensky, mentre lavorano a scontrarsi con la Cina prendendo a pretesto la situazione di Taiwan (la visita recente e inopinata all’isola di Nancy Pelosi).

Una possibilità tragica e definitiva è che il conflitto si incancrenisca a tal punto da chiamare in causa gli armamenti nucleari ingentissimi che i singoli contendenti detengono; questa sarebbe davvero la fine della storia e della presenza dell’umanità sulla terra.

Dalla catastrofe non ci salveremo rafforzando la Nato o migliorando la nostra attrezzatura militare.

Solo la pace, la sua cultura e la sua coltivazione, potrà allontanare la prospettiva dell’inverno nucleare che incombe.

Lo dice con forza e determinazione papa Francesco che si è offerto di fare da mediatore in una Conferenza convocata dalla Nazioni Unite, che veda la partecipazione di USA e Cina, oltre che dell’Ucraina e della Russia.

Noi società civile possiamo e dobbiamo ridiventare movimento, per difendere la nostra esistenza e quella delle generazioni future; come abbiamo cominciato a fare il 5 novembre a Roma.

Antonio Ruggieri75 Posts

Nato a Ferrazzano (CB) nel 1954. E’ giornalista professionista. Ha collaborato con la rete RAI del Molise. Ha coordinato la riedizione di “Viaggio in Molise” di Francesco Jovine, firmando la post—fazione dell’opera. Ha organizzato e diretto D.I.N.A. (digital is not analog), un festival internazionale dell’attivismo informatico che ha coinvolto le esperienze più interessanti dell’attivismo informatico internazionale (2002). Nel 2004, ha ideato e diretto un progetto che ha portato alla realizzazione della prima “radio on line” d’istituto; il progetto si è aggiudicato il primo premio del prestigioso concorso “centoscuole” indetto dalla Fondazione San Paolo di Torino. Ha ideato e diretto quattro edizioni dello SMOC (salone molisano della comunicazione), dal 2007 al 2011. Dal 2005 al 2009 ha diretto il quotidiano telematico Megachip.info fondato da Giulietto Chiesa. E’ stato Direttore responsabile di Cometa, trimestrale di critica della comunicazione (2009—2010). E’ Direttore responsabile del mensile culturale “il Bene Comune”, senza soluzione di continuità, dall’esordio della rivista (ottobre 2001) fino ad oggi. BIBLIOGRAFIA Il Male rosa, libro d’arte in serigrafia, (1980); Cafoni e galantuomini nel Molise fra brigantaggio e questione meridionale, edizioni Il Rinoceronte (1984); Molise contro Molise, Nocera editore (1997); I giovani e il capardozio, Nocera editore (2001).

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