Non è un condominio ma una coabitazione

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il cohousing è stato l’oggetto della tesi di laurea dell’ingegner Modestino Vespa, assai prematuramente scomparso, una moderna ricetta per la rivitalizzazione dei borghi antichi applicata al caso di Pesche. È stato uno studio sperimentale di grande interesse il quale è immediatamente spendibile per il recupero di questo suggestivo paese definito da Ferdinando II di Borbone “la libreria del Molise” (L’immagine della copertina della pubblicazione degli elaborati della tesi)

Le case dei ceti popolari ovunque e perciò anche negli aggregati storici costituiscono la maggioranza delle case. Partendo da questa premessa la quale contiene i due elementi sui quali verterà la nostra discussione, le abitazioni popolari e l’aggregazione delle stesse, procediamo a verificare se vi sono le condizioni per consentire di immaginare un futuro per il nostro patrimonio edilizio, in alternativa all’abbandono. La prospettiva più interessante per poter ridare vita ai borghi è legata all’applicazione della formula del co-housing e vediamo perché.

Gli alloggi tradizionali hanno vari tagli con un numero ridotto di camere da letto e con, in genere, un grande spazio comune, un cucinone, e diversi accessori, il ripostiglio, la legnaia e, talvolta, la stalla e la bottega. Assemblando fra loro alcuni stabili tradizionali è possibile realizzare una abitazione o meglio coabitazione, traduzione dell’inglese cohousing, in cui, appunto, coabitano più nuclei familiari, compreso i single, che decidono di condividere la struttura. Vi sarà in tale unità abitativa una molteplicità di zone-notte tante quante sono le famiglie che aderiscono al cohousing mentre si sfrutterà in maniera congiunta la zona giorno.

Tra gli stanzini di servizio da gestire insieme vi sono la lavanderia, il rimessaggio di biciclette e passeggini, la dispensa e così via. Nelle cellule minime si svolge la vita famigliare in senso stretto per cui accanto alle stanze da letto vi sarà un cucinino; la cucina vera e propria è collocata nell’area living ed è ad uso collettivo. Essa fungerà, fuori dall’orario dei pasti, da soggiorno dove potersi rilassare, scambiare quattro chiacchiere, leggere un libro. Ha una funzione aggregante, per i piccoli, pure l’ambiente per il gioco dei bambini, separato, per non impedire la concentrazione, da quello per lo studio dei ragazzi.

Vi sono, le attività dopolavoristiche per gli adulti, gli hobby, ai quali vanno dedicati appositi angoli dell’organismo residenziale, lo si è detto non è un unico fabbricato bensì la sommatoria di varie fabbriche, in cui le persone, a loro volta, si dedicano, insieme oppure individualmente, al bricolage, alla pittura, questa di certo non a più mani, al modellismo e via dicendo. Non sono cose secondarie l’assecondare le proprie passioni, il coltivare i propri interessi specie se le si vede in proiezione di un futuro in cui si prevede l’aumento del tempo libero; di conseguenza neanche gli ambienti destinati a ciò sono spazi secondari.

L’abilità del progettista dell’intervento di cohousing sarà quello di tenere in equilibrio l’esigenza di intimità e il bisogno di socialità ai quali deve soddisfare la dimora. Nei centri storici la soluzione si trova già bella e pronta, in alcuni comparti urbanistici basta rendere intercomunicanti corpi di fabbrica adiacenti. Fondendo con il resto anche quelli monocellulari i quali pur se appaiono naturalmente predisposti a diventare miniappartamenti acquisterebbero di valore aggiunto se rientranti in un progetto di cohousing.

Il cohousing è, in qualche modo, una destinazione obbligata per molti edifici degli insediamenti antichi, i quali immobili presi uno per uno non hanno, dal punto di vista dimensionale e neppure da quello distributivo, requisiti abitativi al passo con le esigenze alloggiative odierne e pertanto con l’azione di cohousing che prevede la compenetrazione tra entità immobiliari adiacenti si fa di necessità virtù. Si segnala, nel contempo segnalando che non è un mero inciso che tra gli “ingredienti” della “ricetta” dl cohousing, cioè tra i componenti dell’aggregazione di costruzioni da adibire a coabitazione, vi sono anche i piani terranei per i quali non era stata individuata alcuna ipotesi di riutilizzo effettivamente valida, essendo decaduti gli utilizzi originari di cantina, rimessa della legna, ricovero di attrezzi da lavoro, stalluccia per animali da cortile, negozio, per citarne alcuni.

Il cohousing, in una visione allargata, letteralmente allargata nel senso che può arrivare a ricomprendere volumi non strettamente residenziali, è compatibile con lo svolgimento tanto del lavoro, dipendente, a distanza quanto del lavoro indipendente, cioè lo studio professionale attrezzato presso il proprio domicilio. Ancora in un’ottica ampliata, permessa dall’ampliamento della superficie della residenza, il cohousing è estensibile dalla sfera prettamente domestica fino a ricomprendere al suo interno un bed and breakfast, proprio come qualunque altra abitazione, è pur sempre una coabitazione.

Le ultime due potenzialità del cohousing indicate sopra sono in linea con il concetto di casa che si va delineando oggi anche quale strumento di produzione del reddito. Del resto ciò accadeva pure in passato quando, per esempio, nelle medesime case per cui si ipotizza la rifunzionalizzazione a cohousing, la donna era occupata oltre che nelle faccende casalinghe nella tessitura della lana. Non lo si è rimarcato all’inizio e perciò lo si fa ora giunti in prossimità della conclusione, non lo si può assolutamente non evidenziare, il cohousing giova, da un lato, allo sviluppo dei rapporti sociali, perlomeno interfamigliari, e, dall’altro lato, alla diminuzione della spesa per la casa, acquisto e cura, per unità famigliare essendovi lo sfruttamento di settori della coabitazione da parte di due o più famiglie e anche la compartecipazione economica alla sua gestione.

Un primo post-scriptum: si esclude che per quanto riguarda le operazioni di cohousing da mettere in campo negli agglomerati del passato si possa arrivare facilmente alla fissazione di modelli da seguire talmente vasto è il campionario delle forme fisiche che qui si reinvengono tale da impedire esemplificazioni di sorta, da rendere vano lo sforzo di modellazione, di definizione di prototipi; le nostre realtà insediative nel corso di minimo un millennio di storia hanno subito modificazioni dell’organizzazione spaziale, gli isolati urbanistici risultano composti, scomposti e ricomposti nelle varie fasi della vita del borgo, gli organismi architettonici che ne costituiscono il tessuto presentano stratificazioni, non c’è un centro uguale all’altro.

Un secondo post-scriptum che è sulla stessa traccia del primo: è cambiata la composizione della famiglia, il panorama delle unioni, di fatto o ufficiali, è diventato estremamente variegato per cui i coabitatori del cohousing sono i soggetti più diversi e ciò rende complicata l’ideazione della coabitazione e nessun manuale di architettura ti può essere da guida, fornirti schemi, formule-tipo.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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