Tra gli alberi corre un brivido: succede a Chiauci
di Francesco Manfredi-Selvaggi
I Parchi Avventura sono diventati un modo per rendere “produttivi” i boschi, in questo centro e a Campolieto, qui però con minor fortuna. C’è un limite che è la necessità di conservare questi ambienti di particolare valore paesaggistico (Foto tratte da materiale pubblicitario del sito)
Il progetto di un «parco avventura» come quello di Campolieto o quello di Chaiuci non viene proposto, i due esempi citati lo dimostrano, in un’area verde urbana, bensì in un bosco. Ciò non è, di certo, un caso, ma una scelta precisa, non fosse altro perché un giardino pubblico sarebbe una localizzazione molto più conveniente dal punto di vista dell’accessibilità. È ovvio che nelle zone interne del Molise, dove i bacini d’utenza sono necessariamente di scala comprensoriale, non avrebbe senso un parco avventura a scala di singolo paese, ma tale argomento non smentisce, se non per la distanza dalle abitazioni, l’osservazione relativa alla tendenza ad ubicare queste attrezzature in ambiti naturali, non in quelli cittadini.
Gli unici parchi avventura, seppure in scala molto ridotta, che è inevitabile stiano nei centri abitativi, va detto per precisione, sono gli spazi giochi per bambini dotati di incastellature da scalare, capanne pensili, ecc. poiché nell’età dell’infanzia l’intorno vitale è limitato, appena più esteso di quello domestico; si coglie l’occasione per dire che mentre questi luoghi predisposti per il divertimento dei piccoli sono pressoché identici nelle vaie realtà, i parchi avventura si differenziano fra di loro per la diversità delle situazioni che si incontrano in natura.
Questi parchi avventura non si possono realizzare, comunque, in qualsiasi realtà ambientale necessitando della presenza di una superficie boscata, e, in più, di un ambito forestato con alberi piuttosto alti, meglio ancora se governati ad alto fusto. Solo rami possenti sono in grado di reggere il peso delle persone agganciate alle corde stese ad una certa quota (di qui il requisito dell’altezza delle piante). Quella dell’appezzamento forestale è una condizione imprescindibile poiché non è possibile creare un bosco in poco tempo. Rimane valida, ad ogni modo, l’annotazione relativa alla diversificazione dei parchi avventura in relazione ai contesti naturali se non ci si limita a concepirli quale spazio ristretto in cui si concentrano tutte le attrattive; essi, piuttosto, dovrebbero distribuire le molteplici attrezzature in un territorio più ampio al fine di arricchire l’esperienza del contatto con la «foresta».
Si è virgolettata la parola foresta essendo essa evocativa di un mondo primordiale il quale suggerisce l’avventura, appunto. Parchi quali quelli di Chiauci e di Campolieto suggeriscono le sensazioni che provavano gli uomini primitivi; essi invitano a riscoprire antiche capacità, dal salire sui tronchi allo scivolare sulle funi (le liane). Si è detto della necessità di allargare i confini di un parco avventura o, perlomeno, di integrarlo in un contesto naturalistico più ampio se si vuole che il contatto con la formazione boscosa sia completo.
I sensi da coinvolgere debbono essere non solo i brividi che si provano nel lanciarsi da un esemplare arboreo all’altro, ma pure altre sensazioni sensoriali, dall’odore delle cortecce dei tronchi al rumore della pioggia che cade sulle foglie o dal vento che sibila tra i rami, così come dei tuoni che scuotono le cime, al calpestio del tappeto di fogliame secco oppure della neve nel periodo invernale, all’imbattersi con funghi o fiori selvatici nel sottobosco, alla emozione data dalla luce del sole che filtra tra le fronde e dall’oscurità nei tratti di foresta più chiusa.
In definitiva i parchi avventura sono l’occasione per avvicinarsi alle forme elementari della natura selvaggia; è la ricerca del «sublime», tanto anelato dai pittori del Romanticismo. Un approfondimento maggiore di tale esperienza la si può fare con il campeggio, prevedendo in questi ambiti alcuni posti tenda che permettono di vivere nelle ore notturne l’ambiente boschivo. Proseguendo nel ragionamento dell’esigenza di unitarietà tra parco avventura e intorno ambientale, in particolare con il paesaggio.
Una componente paesaggistica di grande rilievo per quanto riguarda il parco avventura di Chiauci è la chiesa di S. Onofrio, della quale vanno salvaguardate le vedute che ne ricomprendono la bella facciata, evitando sia di ingombrarle con attrezzature turistiche sia di preservarne l’aura di intimità che l’avvolge; a proposito di tale architettura religiosa la quale ha titolo per diventare una meta del turismo culturale va detto che l’affollamento di attrattive di carattere sportivo e ricreativo rischia, se eccessivo, di compromettere tale potenzialità.
In altri termini i due tipi di turismo, quello legato allo svago e quello cosiddetto culturale, devono diventare complementari fra di loro, impedendo che il primo possa danneggiare il secondo. Il turismo culturale, ben si associa a quello naturalistico specie qui dove natura, il bosco e il sito SIC prossimo, e cultura, l’edificio di culto, ma anche il vicino tratturo, si fondono insieme; è giusto che il finanziamento per il parco avventura sia stato associato a quello del percorso delle «cinte sannite» del quale costituisce una tappa.
Adesso si vuole fare una annotazione sul fatto che i parchi avventura rappresentano una tendenza del tutto nuova nel panorama delle opere di valorizzazione presenti nella nostra regione. Ciò è frutto dell’evoluzione delle tecnologie in materia di attrezzature a fune che sono in continua crescita, per cui è da immaginare che vi saranno ulteriori sviluppi i quali è prevedibile porteranno alla sostituzione delle attuali macchine con altre più aggiornate. Così come è fattibile la sostituzione allo stesso modo è possibile, di certo, l’eliminazione degli attrezzi e ciò pone il problema della reversibilità dell’intervento, cioè il ritorno allo stato originario del bosco che va tenuta in conto nella progettazione di un parco avventura.
I macchinari devono essere eccitanti e, contemporaneamente, sicuri. La sicurezza è un obiettivo prioritario nell’allestimento della sezione destinata ai bambini esistente a Chiauci per la quale si propone un’associazione con elementi tratti da celebri favole, senza ovviamente arrivare a configurare veri e propri parchi a tema. Infine, si riconosce l’opportunità dell’approntamento di punti ristoro e di aree di sosta e per il picnic perché i parchi avventura hanno i requisiti per trasformarsi in occasioni di incontro e conviviali.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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