Monte Vairano, quasi il baricentro del Molise
di Francesco Manfredi-Selvaggi
È un rilievo montuoso posto al centro dell’antico Contado di Molise, confinante con il capoluogo regionale, a cavallo dei bacini idrografici del Tappino e del Biferno, lungo la linea mediana della Penisola nel Centro Italia. Si può considerare quindi un nodo delle vicende geografiche e storiche (ph. Planimetria degli scavi archeologici tratta da pubblicazione divulgativa)
Monte Vairano non è, nonostante la sua altezza elevata, quasi 1.000 metri, parte del sistema appenninico. Si è introdotto questo argomento perché fondamentale per la comprensione del nostro rilievo montuoso. Le osservazioni pertinenti a tale fine per quanto riguarda l’Appennino sono che esso nel territorio molisano, a differenza di quanto succede nelle regioni contermini, è privo della sua caratteristica precipua che è quella della continuità, scomponendosi in elementi isolati dei quali il principale è il Matese; questa è la prima considerazione, mentre la seconda è che l’Appennino qui da noi non sta sull’asse mediano della Penisola, bensì è decentrato, spostato com’è verso il Tirreno.
Ritorniamo a Monte Vairano e riferendoci alle questioni poste in precedenza vediamo che esso è un’altura autonoma e che la sua posizione è al centro, in senso longitudinale, dell’Italia, e per queste due ragioni ha qualcosa che rimanda all’Appennino. Con quest’ultimo ha in comune, inoltre, il fatto di essere inserito in una catena, seppure discontinua, di emergenze montagnose che vanno in senso nord-sud: si parte da m. Saraceno di Cercemaggiore, si raggiunge la Rocca di Monteverde tra Mirabello e Vinchiaturo, si arriva, appunto a Monte Vairano, passando, poi, alla Montagnola di Frosolone e quindi alla montagna soprastante Miranda e di qui a m. Totila di Pescolanciano per concludersi con i monti dell’Alto Molise.
Salvo la Montagnola tutte queste cime stanno intorno ai m. 1.000 e quindi possiamo dire di stare di fronte ad un Appennino di scala minore oltre che più frammentato. È la lettura, va detto, esposta dal famoso geografo Lucio Gambi nel suo studio, effettuato per conto del CNR nel 1951 sull’alta e media valle del Trigno nel quale estese lo sguardo sulla intera realtà territoriale regionale. Monte Vairano è centrale, pure, nel suddetto «piccolo» Appennino. Monte Vairano, sempre, è baricentrico in uno dei grandi comprensori nei quali si suddivide la regione e cioè il Medio Molise (gli altri sono il Basso e l’Alto Molise); questa grande groppa è a cavallo dei bacini idrografici del Tappino, in seguito Fortore, e del Biferno e perciò anche per tale ultimo aspetto si può definire un baricentro.
Si è accennato sopra al fatto che Monte Vairano è centrale, non è un gioco di parole, del Molise centrale, ma se consideriamo unicamente il limite dell’antico Contado di Molise allora si vede che esso ne costituisce geograficamente il cuore. Meglio ancora Monte Vairano, dove è forte il ricordo per via degli importanti resti archeologici della popolazione italica che abitava questa terra, è in qualche modo il nucleo del Sannio, un termine che per indicare un’area è utilizzato per il Beneventano perché nel Medioevo qui da noi è subentrato il nome Molise, peraltro dall’etimologia incerta.
Che Monte Vairano sia un posto centrale è avvalorato dalla contiguità con il capoluogo regionale che, però, è un insediamento di origine medioevale e non sannitica. Campobasso ha acquistato la preminenza nella regione per la sua posizione nodale nella rete tratturale, collegata com’era a ciascuno dei tratturi (salvo L’Aquila-Foggia) tramite il Braccio Trasversale Matese (il Pescasseroli-Candela) – Cortile (Castel di Sangro-Lucera) – Centocelle (Celano-Foggia); tale Braccio costeggia Monte Vairano dove si trovano specie vegetali, ad esempio un esemplare di pianta del sughero, i cui semi sono stati trasportati qui dalla Puglia sul vello delle pecore durate la transumanza.
La tradizionale Taverna di Tappino, nei pressi della quale si radunavano le greggi transumanti, che sostavano alcuni giorni, stiamo parlando di decine di migliaia di capi ovini, in attesa dell’apertura delle due grandi fiere, in primavera e autunno, di Campobasso, è situata ai confini del nostro monte. C’è da dire qualcosa circa la significatività del tratturo che è un segno oggi scarsamente percepibile perché non è un manufatto antropico, bensì un adattamento della natura ad un uso umano, quello dello spostamento; finita ormai l’economia della transumanza il tratturo è una testimonianza poco comprensibile allo stesso modo dei ruderi archeologici che popolano la sommità di Monte Vairano.
Il fascino della località dipende pure dall’essere carico di enigmaticità. Il manto vegetale dal quale vengono letteralmente portate alla luce le rovine sannite e quello che invade in modo progressivo il suolo tratturale rischia di far scomparire financo la memoria di questo passato: si consideri che ciò che attualmente sembra una sorta di deserto sia pure verde, nelle epoche storiche era densamente popolato da uomini e bestie. Va sottolineato che le civiltà nell’Italia appenninica si sono sviluppate nelle fasce montane e collinari.
In collina viene fondato Busso piuttosto che nel fondovalle nel periodo medioevale con il contestuale abbandono della città sannita posta troppo in alto. Ritorniamo all’argomento della centralità, il filo conduttore del ragionamento per evidenziare che neanche dalla quota maggiore, 993 metri, è possibile godere delle vedute che da tutto il crinale potenzialmente si aprirebbero, ma non si aprono a causa della fitta copertura boschiva. Eppure, non essendovi tutt’intorno altri episodi montuosi, i più vicini, si prenda il Matese o le formazioni montane dell’alta valle del Tammaro o il massiccio di Colle dell’Orso-Montagnola Molisana, sono comunque molto lontani, il giro d’orizzonte sarebbe, senza lo si ripete la barriera visiva fatta dagli alberi, davvero vasto.
La nostra montagna non supera il termine superiore della presenza arborea, il range fitoclimatico stabilito dal Patavi, oltre la quale ci sono solo pascoli e rocce; non c’è, peraltro, alcuno spuntone roccioso che, salendovi sopra, possa permettere di ammirare l’ampio panorama e constatare quella centralità che caratterizza il monte. Non è un caso che il paesaggio dell’ambito sommitale di Monte Vairano sia boscoso ed è perché si tratta di terreni, per la distanza dall’agglomerato urbano, per il clima più rigido, per la pendenza dei versanti, non riconducibili alle colture agrarie.
Gli appezzamenti boscati, in genere, con l’eversione del feudalesimo sono passati di proprietà ai Comuni i quali, è una cosa interessante, negli anni 80 scorsi hanno delegato la Comunità Montana a predisporre il progetto di «parco archeologico-naturalistico» attuato solo in parte. Vi è un’area libera dalle piante, ma essa è una conca e, perciò, priva di visibilità dove si praticava l’agricoltura; in verità vi erano ulteriori due spazi per le coltivazioni o il pascolo, di conseguenza aperti, i quali sono stati oggetto di rimboschimento di conifere.
Francesco Manfredi Selvaggi633 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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