Il Callora, un fiume che unisce, non divide
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Un corso d’acqua che si sviluppa dagli altipiani matesini alla piana di Boiano incontrando (e costruendo) paesaggi differenti, da quello montano a quello collinare a quello pianeggiante. Esso non costituisce una linea di confine tra comuni (Ph. M. Martusciello-Un tratto dell’alto corso del Callora)
Il Callora nasce in montagna, in località Scino. Qui per la quota che supera i 1.200 metri la neve si trattiene più a lungo e proprio in coincidenza con il suo scioglimento questo corso d’acqua registra le portate massime. Un idrometro posizionato immediatamente a valle dell’abitato, lì dove il fiume (il Callora è un fiume e non un torrente perché alimentato da sorgenti perenni) sbuca dal suo tratto superiore in cui corre in una gola e inizia a svilupparsi nella fascia collinare. Per quanto riguarda la parte in cui esso è incassato va detto che questa è l’unica porzione del fiume dove quest’ultimo non attraversa zone coltivate; financo in alto, ai lati del primo pezzo del suo corso si pratica l’agricoltura come rivelano i terrazzamenti e numerose aie circolari e pure il toponimo Masserie Scasserra, richiamando la presenza di coltivatori, ce lo ricorda.
Il paesaggio coincidente con la porzione dell’asta fluviale incassata è dominato prima dai pali eolici di monte Crivari e dopo dalla mole del castello longobardo. È una situazione particolare quella della «rocca Maginulfo», ma non rara nel comprensorio matesino, vedi Longano, nella quale borgo e struttura castellana rimangono distinti, non contigui, pur se vicini. Tale lontananza ha influito sull’abbandono del maniero feudale, a differenza di quanto è successo in altri casi con il castello, o almeno i suoi resti, che si è trasformato in palazzo nobiliare; la posizione isolata di questa fortificazione, venute meno le esigenze militari, ha provocato la sua riduzione a rudere.
Roccamandolfi, che costituisce il fulcro visivo del contesto paesaggistico della media valle del Callora, solo nel nome che contiene la parola rocca porta con sé il ricordo della fortezza. Il paese sorge su un pendio sul quale le case si accatastano l’una sull’altra formando un agglomerato molto compatto e ciò lo rende assai pittoresco; è una disposizione caratteristica quella a gradinata, che si riscontra in pochi casi (vedi Pesche definita da Francesco II la libreria del Molise); essa distingue questo centro dalla maggioranza dei comuni molisani i quali hanno il castello al vertice dell’insediamento.
Per osservare il corpo idrico quando penetra nella gola, altrimenti non visibile, c’è un ponte sospeso raggiungibile pure dal Sentiero del Pastore, un itinerario che costeggia in alto il letto fluviale partendo dal punto in cui le greggi prima della tosatura facevano il bagno in una vasca lapidea naturale scavata dall’acqua. In questo luogo che è, poi, l’ingresso del nucleo abitato vi è un ponte che scavalca il Callora il cui ruolo di momento di passaggio è sottolineato da un’edicola votiva la quale si affianca ad una interessante fontana.
Da ora in poi il corso d’acqua lascia il mondo del calcare per passare nell’universo delle rocce morbide, in specifico dell’arenaria. Esso perde la sua rettilineità disegnando una curva in prossimità di Campodiciello, a seguito della spinta che riceve dalla sua sinistra idrografica dal rivo che scende da Coppola di Prete. Qui confluisce nel Callora anche il Rio, questa volta alla destra idrografica. Ci troviamo un po’ più sopra del punto dove il panorama comincia ad abbracciare Cantalupo, della località Le Crete.
I due territori comunali di Roccamandolfi e di Cantalupo stanno uno a monte e l’altro a valle e questa è l’unica volta in cui nel Matese un ambito municipale non si estende dal piano alla vetta del massiccio montuoso. È qualcosa di simile a quanto succedeva a Castel San Vincenzo prima dell’unificazione di Castellone che stava più in basso, mentre S. Vincenzo al V. era sopra, con distinte, anche se spalla a spalla, comunità l’una legata all’economia agricola, l’altra a quella montana. Roccamandolfi è un centro pastorale, ma pure Cantalupo è interessato dal passaggio delle pecore sul tratturo, così come dei pellegrini che si recano nel comune altimetricamente superiore per la festa di S. Liberato la prima domenica di giugno quando iniziava la transumanza.
Il Callora con la curvatura descritta evita Cantalupo che di scorcio si vede per poco tempo seguendo il corso d’acqua e si inoltra nell’agro di S. Massimo, paese che rimane a lungo nell’orizzonte per raggiungere prima il Biferno che, intanto, nasce a Boiano il quale è un traguardo visuale del fiume, almeno Civita Superiore. Anche per tale aspetto, cioè per non avere in condivisione il fiume, si nota la separatezza tra Rocca e Cantalupo. In ogni caso il Callora che pur si avvicina al perimetro comunale di Cantalupo non sarebbe stato una linea di confine perché esso, per sua natura, non è mai, dalle scaturigini allo sbocco nel Biferno, un elemento di separazione tra entità municipali, forse in quanto non produce mai un sentimento di vera paura.
Ben altra cosa sarebbe successa se esso non si fosse incurvato, rimanendo così rettilineo poiché abbreviandosi il percorso delle acque queste aumentano di velocità. Il Callora, il Quirino e la Lorda sono gli unici corpi idrici che sgorgano in altitudine per via del carsismo che connota questo gruppo montuoso per cui il loro tragitto per raggiungere la pianura è davvero lungo: senza le anse l’asse fluviale sarebbe troppo ripido determinando una corrente idrica assai veloce. Una ulteriore sterzata, molto più decisa della prima, il Callora la compie poco dopo aver toccato il piano.
Si completa nello stesso tempo la serie dei paesaggi che il Callora contribuisce a caratterizzare: quello montuoso, quello collinare e, infine, quello pianeggiante. A proposito della secca deviazione nell’andamento del fiume è da evidenziare per inciso che esso finora è stato perpendicolare all’Appennino, adesso ne diviene parallelo, non dirigendosi verso il mare come fanno gli altri fiumi dal Biferno al Trigno. Tutto nella conca di Boiano ha la medesima direzionalità, dal tratturo, alla statale e al Callora che si affiancano fra di loro in una stretta striscia di territorio.
Il nostro fiume si presenta con un alveo ghiaioso che in estate è completamente asciutto. Sono i detriti trasportati dalle fasce altitudinali più elevate che si sono depositati che progressivamente ne sopraelevano il letto e ciò è dovuto al fatto che il fiume è impossibilitato a divagare lateralmente, costretto com’è da pareti spondali volute dall’uomo che ne bloccano i processi evolutivi i quali sono tipici dei corsi d’acqua di pianura.
Dal punto di vista naturalistico il pezzo maggiormente significativo del Callora è quello in cui ha principio riconosciuto Riserva naturale regionale e gestito da Italia Nostra. Forse un’area protetta troppo piccola e che rimarrà un fatto episodico fino alla sua ricomprensione nel parco del Matese. Siamo fin quasi superato l’ambito di Roccamandolfi, e cioè per circa la metà dell’asta fluviale (Masseria del Rio) in un Sito di Importanza Comunitaria e Zona di Protezione Speciale. Il fiume è stato oggetto all’interno di un progetto Life di ripopolamento di gambero di fiume, i cui risultati evidenti si stanno ottenendo nel tempo.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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