Una gemma incastonata nelle montagne

di Francesco Manfredi-Selvaggi

È il lago di Castel San Vincenzo circondato dalle Mainarde le quali si rispecchiano nelle sue acque. È un’opera artificiale che è diventata un elemento di notevole interesse naturalistico (Ph. M. Martusciello-Veduta dall’alto di Castel S. Vincenzo con il lago)

È un lago davvero particolare in quanto privo di immissario. Ciò si spiega con il fatto che le acque provengono dallo scarico della centrale idroelettrica di Pizzone, la quale è alimentata dall’invaso della Montagna Spaccata, posta più a monte, in territorio abruzzese. A sua volta il lago un tempo indicato come “a Santo Stefano al Volturno” serve per l’impianto di produzione di energia elettrica situato presso le Sorgenti del Volturno, un laghetto al quale segue la vasca di carico della grande centrale di Colli al Volturno. È, in definitiva, un sistema a cascata formato da tre salti quasi completamente indipendente dall’idrografia naturale.

Così abbiamo che nel nostro lago sono pressoché assenti corsi d’acqua che vi sboccano dentro e gli unici apporti esterni sono, oltre alla derivazione di cui si è detto, le acque meteoriche dell’impluvio circostante. Alla stessa maniera dell’immissario manca pure un vero e proprio emissario, non potendosi chiamare in tale modo il rivo preesistente alla realizzazione della diga. Vi è un vantaggio dal non essere connesso a corpi idrici presenti in natura che è quello di non essere soggetto a oscillazioni del livello delle acque, essendo costante l’apporto proveniente dalla centrale sovrastante e ciò non è di poco conto per lo sfruttamento turistico delle rive.

Per comprendere meglio questa questione si pensi all’invaso del Liscione che, quando è in secca, ha le sponde melmose. Un ulteriore punto a favore della mancanza di immissari è che il problema dell’interrimento, il quale preoccupa per gli altri bacini del Molise, il quale richiederebbe il periodico dragaggio del fondo qui non c’è. Si è fatto cenno all’afflusso all’interno di questo invaso delle acque di scorrimento superficiale del bacino imbrifero le quali trascinando con sé particelle di terra, a causa dell’erosione, potrebbero provocare nel tempo il riempimento del lago; nonostante sussista una simile eventualità non si è proceduto, diversamente da quanto si fece per il bacino del Liscione, alla piantumazione dei versanti che contornano il lago di Castel San Vincenzo di boschi di conifere, anche perché tutta l’area è sufficientemente boscata.

Si continua il discorso dell’immissario per far notare che seppure nell’invaso in questione non confluiscono né uno né più corsi d’acqua se non che prende inizio qui un minimo rivo esso ha la forma allungata che è quella propria dei laghi originatisi da un fiume; in altri termini tali laghi hanno generalmente un andamento che appare essere la prosecuzione dell’asta fluviale. Il bacino di San Vincenzo al Volturno collocato com’è in un vallone segue nella sua disposizione la morfologia dei luoghi. Quindi ha un verso prevalente che è quello dell’avvallamento del suolo che con le sue acque, trattenute dallo sbarramento artificiale, esso riempie.

Nella direttrice secondaria, trasversale alla prima, vediamo che le opposte rive sono molto diverse fra di loro. Quella più vicina all’abitato di Castel San Vincenzo è pressoché rettilinea, mentre l’altra è molto frastagliata. Si individuano in quest’ultima due insenature intervallate da una sorta di promontorio e l’immagine che ne viene fuori è qualcosa che richiama i fiordi nordici. Oppure le si può pensare quali cale meridionali dove le acque sono ferme e ciò induce a fare il bagno, attività che viene praticata dai campeggiatori, turisti olandesi qualche anno fa, che trascorrono qualche periodo di ferie nell’area attrezzata adiacente e dai visitatori che permangono una giornata.

La stabilità della quota del bacino idrico renderebbe possibile bagnarsi in ogni momento dell’anno, ma, è ovvio, che ciò avviene unicamente in estate, mentre nelle altre stagioni l’intorno del lago si presta alla sosta all’aria aperta, alla passeggiata, ecc. rimanendo il clima mite svolgendo il bacino idrico un ruolo termoregolatore. Tale regolarità della superficie del lago lo rende diverso dagli altri esistenti nel territorio molisano: si è già citato quello del Liscione e adesso si aggiungono gli invasi stagionali che si formano sui rilievi carsici come il lago di Civitanova e, per rimanere al gruppo Colle dell’Orso La Montagnola Molisana, il laghetto dei Castrati.

Si è ritenuto di dover fare questo richiamo perché, similmente ai laghi che si incontrano nelle zone in cui domina il carsismo, pure l’invaso di San Vincenzo può essere considerato un lago di montagna, ubicato, comunque, ad altitudine inferiore dei precedenti. È una fascia altimetrica quella montana la più ricca di conche lacustri nella penisola italiana e la loro dislocazione tra valli alpine (in prevalenza) li rende particolarmente suggestivi. Esse sono state oggetto di numerosi dipinti e sono state celebrate in tante poesie diventando così degli autentici oggetti di culto da quando si diffuse, siamo alla fine del XIX secolo, la passione per i monti e per l’alpinismo, inizialmente nelle èlites borghesi con estensione in seguito ai ceti popolari.

Si tratta sempre, quelli decantati dagli artisti, di laghetti piccoli e il lago di Castel San Vincenzo lo è, di bacini idrici incastonati tra alte cime come accade a quello di San Vincenzo al Volturno sovrastato immediatamente dalla imponente catena delle Mainarde, di specchi d’acqua immersi in un ambiente incontaminato che, nel nostro caso, è quello del Parco Nazionale d’Abruzzo. Siamo di fronte ad uno scenario che suscita emozioni forti le quali, nel medesimo tempo, si stemperano nell’ammirare la tranquillità delle acque del lago la cui visione è arricchita dai riflessi delle emergenze montuose adiacenti che vi si rispecchiano.

La sensazione di pace che si respira, quasi il sentirsi in un luogo senza tempo, si accompagna a quella, per certi aspetti contrastante, di trovarsi in un punto simbolo dell’inizio della modernizzazione della regione in quanto quello di S. Vincenzo è stato l’antesignano degli accumuli d’acqua artificiali del Molise. Rinvia al fatto che esso venne creato in funzione della nascente industria idroelettrica e l’energia è il motore dello sviluppo della società contemporanea.

Francesco Manfredi Selvaggi633 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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