Architetture innovative per servizi innovativi
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Anche nei Piani per Insediamenti Produttivi presenti nel Molise vi sono zone dedicate alle sedi delle aziende del terziario avanzato. Dato l’elevato tasso di creatività contenuto in tali attività è difficile stabilire i parametri architettonici da rispettare (Ph. F. Morgillo-La sede di Sviluppo Italia a Campochiaro)
Si pongono differenti opzioni nella progettazione di un edificio destinato ad ospitare società produttrici di servizi. È un tema di grande attualità perché il settore del terziario avanzato è il comparto economico con maggiori prospettive di crescita. Non si tratta soltanto di trovare gli schemi distributori per le aziende, ma pure di riuscire ad immaginare la sede ideale per lo svolgimento del coworKing, cioè le nuove forme di lavoro associato nelle quali singoli professionisti condividono una serie di facilites. Ci sono poi i cosiddetti fab-lab, laboratori dove attraverso stampanti in 3D si ideano oggetti innovativi.
Il tasso elevato di creatività che è legato a tali campi di operatività non può non aver riflessi sull’organizzazione degli spazi che li ospitano. In altri termini nessuna schematizzazione è possibile e le tipologie edilizie usualmente utilizzate non rispondono a tali esigenze; non si riescono ad individuare nella vasta congerie delle classi tipologiche, contenenti, a loro volta, ulteriori numerose sottoclassi, finora impiegate soluzioni per la ripartizione degli ambienti lavorativi spendibili per l’organizzazione dei locali dedicati ad attività di servizi avanzati. Per queste funzioni che si chiamano, in gergo urbanistico, direzionali sono difficilmente applicabili le forme architettoniche sperimentate in passato, neanche quelle per gli uffici classici, in quanto siamo di fronte a lavori nuovi, o almeno innovativi.
Comunque essendo l’unico riferimento dobbiamo servirci delle distribuzioni funzionali studiate per i fabbricati ad uso ufficio. Cominciamo, allora, dal problema ricorrente dell’articolazione o meno per livelli delle attività. Infatti, accanto alla ovvia ripartizione orizzontale dei differenti servizi le sezioni nelle quali si suddivide l’unità potrebbero occupare due o più piani. Altrimenti tutto si svolge in piano. Nel caso di sviluppo in altezza è da ritenersi che alle quote più elevate vi siano i servizi più importanti e la direzione, in genere anche per garantire che i dirigenti non vengano disturbati, sta in cima.
All’opposto al primo livello vi è, di certo, l’ingresso (il principale e, magari, quello secondario) e la portineria conseguente. Vi è poi, pure ciò è ovvio se il fabbricato è pluripiano, l’imbocco della scala, il quale ricade, di frequente, nella hall d’ingresso, piuttosto che essere racchiusa in un vano a sé stante. Dall’entrata è naturale che sia accessibile ogni parte per cui essa costituisce un punto centrale. Qui si centralizzano le funzioni comuni e, in particolare, è alla base dell’edificio che si collocano i locali accessori che devono essere fruiti da tutti. Tra questi si indicano la sala stampa, l’archivio, il deposito, il posto in cui si trovano i macchinari, i bagni (quando, per le dimensioni dell’impresa, non necessiti la loro presenza a ciascun livello), la zona benessere per il relax o per la consumazione di colazioni qualora vi sia il tempo continuato o per il semplice caffè.
Vi è poi il luogo, il quale deve essere molto confortevole, per gli utenti o per i clienti, dell’accoglienza. La hall può essere a doppia altezza, un luogo su cui affacciano anche le attività situate al piano sovrastante creando una interdipendenza visiva tra l’insieme delle funzioni; tale circolarità delle attività è ben evidente quando lo spazio centrale non si limita ad essere un punto di smistamento, bensì uno spazio che ospita postazioni lavorative che in questo modo sono in contatto diretto con quelle poste al di sopra, secondo il concetto del’open space. Maggiore integrazione tra le varie fasi di lavorazione, per così dire, e nello stesso tempo sottoposizione ad un controllo di tipo visuale immediato da parte del direttore che, lo si è detto, occupa il livello superiore.
Va detto che i rapporti tra le attività descritte sono mediati da un ballatoio che avviluppa il salone basamentale in testa. I livelli che seguono quello basale sono riservati agli uffici, tra i quali quello del direttore o amministratore che sia, e ancora oltre c’è la residenza del titolare dell’impresa (il custode può abitare al piano terra). Ci si è soffermati a lungo sulla questione dell’ambiente che centralizza la composizione architettonica poiché quella della fluidità delle relazioni è un fatto fondamentale specie quando si è di fronte ad iniziative imprenditoriali del terziario avanzato nel quale prevale quale indirizzo gestionale lo scambio delle competenze e non la settorializzazione delle procedure.
In aggiunta le attività terziarie moderne non sono riconducibili a modi operativi prefissati, adattandosi ai continui cambiamenti della domanda di prestazioni della società contemporanea: ne consegue la necessità, insieme a quella già sottolineata della continuità, della flessibilità degli spazi interni. I locali c’è bisogno che siano adattabili per usi sopraggiunti ed estendibili per permettere l’aggregazione delle funzioni. Se quanto appena evidenziato è condivisibile allora si può riconoscere il ruolo primario che hanno i collegamenti dentro la struttura.
La hall quale fulcro del disegno architettonico è utile per evitare che per spostarsi tra le principali sezioni aziendali occorrano lunghi camminamenti. In qualunque caso, sia se vi è un salone centrale sia se esso è assente, è necessario uno schema di circolazione, tanto tridimensionale (quando l’edificio è pluripiano) quanto bidimensionale estremamente corto; inoltre esso è opportuno che sia chiaro prevedendo la colorazione degli eventuali corridoi, congiuntamente a quella delle stanze per distinguere le varie funzioni. Inoltre è da tener distinti gli spostamenti dei visitatori da quelli degli operatori. Precisazione d’obbligo è che ciò non coincida con le vie di fuga, nonostante l’indispensabilità del coordinamento. Pure all’esterno si impone la distinzione dei percorsi che qui è quella tra pedoni e automobilisti i quali devono trovare il parcheggio immediatamente dopo il cancello di ingresso al lotto (in modo pure da non frammentare la superficie a verde che circonda il manufatto edilizio).
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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