Le ragioni del tetto a falde

di Francesco Manfredi-Selvaggi

La copertura piana è un elemento costruttivo estraneo alla tradizione architettonica molisana. In ogni caso richiede particolare cura nella sua realizzazione e manutenzione (Ph. F. Morgillo-Al centro in seconda fila ci sta un tetto piano)

Il tetto piano non è una superficie bidimensionale, ma ha una propria consistenza. Infatti è necessario che abbia un certo spessore al fine di conferire alla copertura una certa pendenza, di almeno l’1-2%, per permettere la rapida evacuazione delle acque meteoriche. In altri termini, non c’è mai un tetto del tutto piano perché c’è sempre un po’ di inclinazione. Che debba essere spesso è evidente perché deve contenere uno strato termoisolante che impedisce la dispersione del calore dei locali sottostanti e ciò è indispensabile quando al di sotto della copertura c’è un appartamento abitato.

Le normative sull’efficienza energetica degli edifici rendono obbligatorio l’isolamento del tetto se gli ambienti dell’ultimo livello sono destinati a residenza. In generale, a prescindere dal fatto che nel piano finale sia o meno permanenza stabile di persone la copertura isolata contribuisce all’inerzia termica globale del fabbricato; così si mitigano gli sbalzi di temperatura che subisce la struttura architettonica nel suo complesso. Che il tetto debba essere consistente è, pertanto, una cosa scontata; diventa così una «massa» significativa che rende l’edificio, più efficiente energeticamente.

Nello stesso tempo essa fornisce l’isolamento acustico riducendo il rumore dovuto all’impatto della grandine o di una forte pioggia sul solaio. La copertura, poi, ha bisogno di essere robusta per sopportare il carico della neve che vi si accumula e staziona a lungo non potendo scivolare via velocemente poiché poco inclinata; quello del manto nevoso è un peso non da poco nei nostri paesi di montagna ed esso incide anche nelle verifiche sismiche. È questo della neve un carico statico, mentre è di tipo momentaneo, pur se violento, quello della grandine il quale può essere assimilato ad un “urto” pur con le dovute differenze, è evidente, da quello che produce, mettiamo, l’impatto di un mezzo aereo, la caduta di un masso, ecc…

È da calcolare, in aggiunta, il peso degli operatori che frequentano l’estradosso della copertura allo scopo di compiere ispezioni e di effettuare lavori di manutenzione. La manutenzione è un impegno costante in un tetto piano, connaturata in qualche modo a esso, esigendo questa particolare tipologia di copertura, cautela sia in fase progettuale sia nel suo tempo di vita per assicurare la tenuta delle condizioni fisico-tecniche. La manutenibilità è un requisito del quale non si può fare a meno in un tetto piano. Il tessuto bituminoso steso sul solaio è soggetto ad usura ed a lacerazioni per cui va sostituito a scadenze programmate, se si vuole mantenere la sua impermeabilità.

Esso, a volte, viene protetto con pavimentazione che rende il tetto calpestabile, ma allora si aggiunge un ulteriore carico, quello degli elementi che formano il pavimento, magari “galleggiante”. Non è solo la resistenza agli agenti atmosferici a preoccupare e a obbligare a compiere verificazioni in quanto vi è anche il problema delle dilatazioni termiche, esaminando con continuità la funzionalità dei giunti realizzati nel manto di asfalto o altro materiale impermeabile. È assai delicato, proseguendo nell’elencazione delle criticità di un tetto piano per far fronte alle quali occorrono operazioni di manutenzione, il tema del pacchetto della «barriera al vapore» che ostacola i fenomeni di condensa connessi al flusso di vapore acqueo dall’interno della casa verso l’esterno.

Ulteriori carichi da considerare sono quelli dei corpi emergenti sulla copertura piana come gli abbaini che danno accesso al tetto. A questo proposito, lucernari, botole e ogni altra categoria di infisso presenti sulla copertura, va detto, sono da impermeabilizzare adeguatamente. Bisogna salire sul tetto pure per una diversa ragione che è quella dell’installazione, riparazione, sostituzione delle componenti impiantistiche che sono da posizionarsi a questa quota che è la maggiore dell’edificio ed esse vanno da quelle tradizionali, i comignoli dei camini, a quelle più recenti, i tubi di scarico dei fumi delle caldaie degli impianti di riscaldamento, le prese di ventilazione degli scarichi idrosanitari, le antenne radiotelevisive e qualsiasi altro terminale impiantistico.

Negli ultimi anni agli oggetti tecnologici citati si stanno affiancando i pannelli fotovoltaici i quali richiedono periodicità nella pulizia delle lastre per favorire l’assorbimento dell’irradiamento solare. A volte il tetto piano è destinato a giardino pensile o a terrazzo per la ricreazione all’aperto, alla stregua di un’altana, o semplicemente a spazio per stendere i panni (vedi i film del cinema neorealistico ambientati nei caseggiati della periferia romana) con un aumento significativo dei carichi permanenti e variabili per le quali ultime nelle terrazze, luoghi dove vi è la possibilità di affollamento di persone, equivalgono addirittura a 400 Kg/mq.

Il tetto-giardino per la presenza di vegetazione è da considerarsi ammissibile paesaggisticamente, mentre la piattezza di una copertura non funzionale ad una destinazione a luogo per il tempo libero contrasta con i modi costruttivi ricorrenti nell’architettura locale. Infatti, la soluzione a tetto piatto è presente in località caratterizzate da condizioni climatiche favorevoli le quali non sono presenti in larga parte della nostra regione. La forma del tetto appartiene alla memoria collettiva per cui la configurazione piana risulterebbe dissonante rispetto al sentire comune.

L’inclinazione o meno della copertura qualifica formalmente il fabbricato: nel caso di tetto a falde esse completano il volume conferendo una particolare immagine architettonica al manufatto edilizio. Si pensi al timpano del tetto a capanna ricorrente nelle case contadine, mentre nelle dimore signorili prevale l’impiego del padiglione ragione per la quale le facciate terminano con una linea orizzontale. Va considerato, rimanendo nel tema dell’inserimento nel paesaggio delle coperture, che in quelle del passato un connotato saliente è il colore del manto che si dovrebbe tendere a conservare nelle nuove costruzioni al fine di assicurare un’omogeneità coloristica dell’insediamento (se non più tegole di terracotta, elementi che abbiano una colorazione similare).

È ovvio che oggi sono venute meno alcune delle motivazioni tecniche che imponevano l’adozione del tetto inclinato con la comparsa dei solai in cemento armato i quali sono capaci di sostenere i carichi della neve e più facilmente impermeabilizzabili di quelli in legno, ma ciononostante è opportuno, per argomentazioni di natura ambientale esplicitate sopra, che si tenda a mantenere nella progettazione delle strutture edilizie la copertura inclinata.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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