Tra Pescasseroli e Candela

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il tratturo non ha caratteristiche uniformi, ma presenta una pluralità di situazioni come quella che si presenta nel territorio di S. Massimo dove vicino a questo tracciato vi è un imponente fabbricato rurale (Ph. F. Morgillo-“Casino” a corte visto dal tratturo)

Il «casino» signorile posto nella piana di S. Massimo è il fabbricato più vicino al tratturo Pescasseroli-Candela distante all’incirca un centinaio di metri, con i terreni ad esso annessi confinanti con il demanio tratturale. Tale fabbricato per la sua elevata qualità architettonica può motivare una sosta da parte di chi percorre l’antica pista pastorale; quest’ultima diventa ancora più attraente per l’escursionista, se al suo contorno si incontrano emergenze culturali come la nostra. È poco lontana anche la stazione ferroviaria di S. Massimo che è situata davvero non lungi dal tracciato del tratturo, consentendo di immaginare una sosta, qualora si ripristinasse qui la fermata del treno, per intraprendere il cammino seguendo la via delle pecore.

La strada ferrata da Isernia a Sepino corre parallelamente al Pescasseroli-Candela e, dunque, è ipotizzabile l’organizzazione di un itinerario a più tappe sul modello collaudato del trenotrekking. In ogni modo, il percorso tratturale è già un consolidato asse di transito per i camminatori, il quale, comunque, ancora non ha acquistato la notorietà di altri cammini quali quello di Santiago di Compostela o le vie Francigena e Micaelica, forse per la sua minore lunghezza. La rete tratturale ha una specificità che la rende particolarmente interessante rispetto alle altre: essa è fatta di camminamenti percorribili nei due opposti versi, così come la transumanza che si svolgeva dall’Abruzzo alla Puglia e viceversa, mentre il resto dei cammini è monodirezionale.

Neanche è lecito paragonare il tratturo con le direttrici del nomadismo, a seguito del bestiame come ricorda il Ver Sacrum, il mito fondativo di Boiano, in quanto la transumanza è un’economia circolare per l’integrazione delle risorse del Tavoliere con quelle dell’Appennino che impone una certa stanzialità, seppure in un raggio territoriale più ampio di quello dei sistemi agricoli poiché essa coinvolge 3 regioni. Il Club Alpino Italiano riconosce nei tratturi gli assi principali della maglia sentieristica e il CAI centrale ha individuato proprio nel tratto del Pescasseroli-Candela successivo a S. Massimo una componente del Sentiero Italia; la creazione di quest’ultimo è l’unico caso in cui si progetta a scala nazionale il disegno della sentieristica il quale, altrimenti, viene definita a livello locale e, poi, unificata sovraregionalmente, una specie di federalismo che parte dal basso.

Riprendendo il discorso sul rapporto tra tratturo ed il casino è da dire che fino al momento della soppressione della transumanza, 1805, vi doveva essere una siepe che separava il suolo tratturale e le proprietà private. Queste cortine vegetali composte da arbusti e da filari di alberi assicurano una continuità spaziale per tante specie di piccoli mammiferi che ne fa una sorta di corridoi ecologici alla stessa maniera dei corsi d’acqua e ciò aumenta il valore naturalistico dei tratturi pezzi dei quali sono già inclusi nei Siti di Importanza Comunitaria e per i quali è prevista, in un’apposita legge regionale, l’istituzione di un parco proprio in quanto elementi di connessione ambientale.

Oltre alla valenza ecosistemica il tracciato tratturale ne ha anche una culturale trattandosi di testimonianza di archeologia pastorale alla quale appartengono pure i sentieri dell’alpeggio che dalla piana di S. Massimo salgono sul Matese. La monticazione è una delle modalità della transumanza, insieme a quella delle trazzere siciliane e, appunto, quella legata ai regi tratturi, dai quali si differenzia essendo a corto raggio. La rete tratturale che oggi è importante per l’escursionismo, un tempo era essenziale nel sistema delle comunicazioni. A pochissimi chilometri dal punto in cui sorge il casino vi è la località Taverna di Cantalupo. La taverna è una struttura dentro la quale alloggiavano, in aggiunta ai viandanti, i corrieri e i loro cavalli che qui si riposavano e si rifornivano, e avveniva il passaggio della corrispondenza da un corridore all’altro; per l’epoca, quando si accettava che la posta impiegasse molti giorni per essere recapitata, era un’organizzazione efficiente.

Le taverne, erano 3 a Cantalupo, sono strutture a corte come il casino collocato sulla stessa direttrice tratturale; in comune, accanto alla distribuzione dei corpi intorno ad un cortile, c’è il carattere chiuso dell’impianto che comunica con l’esterno tramite un’unica apertura (in verità, vi sono pure dei piccoli accessi secondari). A confermare l’immagine di manufatto edilizio per così dire introverso, chiuso in sé stesso anche per esigenze di protezione vi è la torretta angolare la quale richiama le torri di avvistamento. Essa racchiude una scala, la quale altrimenti sarebbe visibile sul prospetto, cosa frequente nelle case contadine, ma che sarebbe un’eccezione in una costruzione di proprietà di una famiglia signorile.

La stessa famiglia, in effetti, possiede un altro casino in località S. Maria delle Fratte dove la scala è giustapposta al fronte del corpo di fabbrica inserito nella corte, particolarmente vistosa, però non dall’intorno, per la sua forma a T e dal fatto che è lo sfondo della sequenza portale-atrio-cortile secondo un percorso assiale coperto-scoperto. La scala nella torre è una scala angolare e ciò è un modo tipico dell’architettura rurale per l’impossibilità di bucare le volte che coprono i piani terranei. La torre figurativamente rimanda all’esigenza di difesa giustificabile poiché si è in vicinanza di un autentico fascio infrastrutturale, il tratturo, la strada statale e la ferrovia. L’arteria carrabile ricalca una via romana e la viabilità dei Romani costituisce ancora, in tante zone del Molise, l’ossatura portante del sistema stradale.

Qui si rivelano appieno i criteri ingegneristici di questo popolo per la rettilineità dell’asse viario. I Romani costruivano strade dritte, sempre lunghe, per ragioni militari e commerciali, ma ciò era consentito solo in pianura. Il Molise è povero di ambiti pianeggianti, salvo che la fascia costiera, i fondi alluvionali dei fiumi principali, prendi Venafro, e le conche intermontane, tra le quali la meglio definita è quella di Boiano. Non è, comunque, un vero e proprio paesaggio di pianura quello che si osserva transitando lungo questo pezzo di tratturo: gli orizzonti sono limitati, a differenza di quanto succede nelle vaste piane, per cui vi sono numerosi stimoli visivi per l’escursionista, dai borghi appollaiati sui colli alle cime dei monti. Questo è in lontananza, mentre in prossimità l’elemento che si incrocia con lo sguardo è il casino in questione, il quale si impone alla vista anche per le sue consistenti dimensioni.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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