Un solo tratturo per valico

di Francesco Manfredi-Selvaggi

I tratturi che solcano l’Alto Molise sono 4 e questo numero non può essere superato, non si possono avere ulteriori tratturi. La ragione è che i valichi nella catena montuosa altomolisana attraverso cui si risale dalla valle del Sangro sono in tale numero. In effetti vi sarebbe anche il valico a Capracotta, ma questo è troppo in alto, fatto che ne sconsiglia lo sfruttamento al fine del passaggio di una pista tratturale, vi passa solo un tratturello (ph. Pietre miliari sul tratturo)

Tra tutti i tratturi l’unico che è scomparso è il tratturo Pietra Canala-Ponterotto. La sua scomparsa, in verità la sua parziale scomparsa perché è ancora esistente nel tratto che va dal Biferno al confine con la Puglia, è sicuramente da addebitarsi al fatto che attraversa per circa un terzo del suo sviluppo la regione Abruzzo. Qui esso, nessun tratturo peraltro, non è stato soggetto a vincolo quale “bene di interesse storico”, provvedimento vincolistico che, invece, nel Molise è stato formulato nel 1976. Se è vero che nel territorio abruzzese esso non è vincolato, neanche in quello molisano questo tratturo si è interamente conservato.

Precisamente non si è conservato nel suo pezzo iniziale, quello che da Castel del Giudice va a Pescopennataro. La ragione è stata che occorrendo trovare un terreno per la ricostruzione di Pescopennataro, visto che in adiacenza del nucleo abitativo originario gravemente danneggiato durante la II Guerra Mondiale passa il tratturo e visto che in questo tratto il suolo tratturale è in piano, si pensò di utilizzare la pista delle pecore le quali da tempo non la precorrevano più per realizzare il nuovo abitato. Non è un motivo plausibile quello che a determinare la mancata sopravvivenza di questo tratturo sia stato il fatto che esso è quello che sale più in alto, i 1230 metri proprio del borgo di Pescopennataro, non è una giustificazione valida.

I transumanti devono necessariamente transitare di lì, per Pescopennataro perché si tratta di un punto di passaggio obbligato tenendo conto che coincide con la terminazione del blocco montano, un autentico blocco costituito dall’insieme monte Campo-monte San Nicola che può essere solo bypassato, come succede a Pescopennataro, e non scavalcato. Si badi bene che si è usato il termine scavalcare, operazione ardua per monti di 1700 metri, invece di svalicare, un verbo, il secondo, che per quanto si sta per dire, è impossibile non utilizzare quando si parla di tratturi. La questione dei valichi è centrale per comprendere l’andamento della rete tratturale e perciò facciamo ora una panoramica estesa a tutti i tratturi in relazione ai valichi.

Una precisazione doverosa da fare è che si escludono da questa rassegna il Centurelle-Montesecco e L’Aquila-Foggia i quali corrono nella zona orientale del Molise dove il confine con l’Abruzzo non è segnato da rilievi montuosi (i Monti Frentani degradano verso il mare). Dal predetto sguardo complessivo emergerà l’inevitabilità dell’attraversamento di Pescopennataro da parte del Pietra Canala-Ponterotto. Bisogna premettere che a rimarcare la separazione, il confine vero e proprio è il Sangro, tra l’Alto Molise e l’Abruzzo vi è una catena di montagne che rafforza la fascia di terminazione regionale (con l’eccezione di quello che succede a Est dove è il fiume, il Trigno, a fare da limite).

Non è, comunque, una barriera, quella che sta poco prima che finisce l’ambito altomolisano, impenetrabile; non è, in altri termini, una “cordigliera” dello stesso tipo dei massicci appenninici del Matese e delle Mainarde i quali, oltre a raggiungere quote superiori, sono maggiormente compatti, per superarli occorre aggirarli. La serie, di una serie si tratta, di episodi montani di cui parliamo si dispone ortogonalmente o quasi perché, in effetti, tali emergenze montuose non sono allineate secondo una linea retta, bensì è un arco di cerchio di limitata curvatura, alla direttrice che segue l’Appennino, la prima è disposta in senso occidente-oriente il secondo settentrione-meridione.

Siamo pronti ora a tornare alla questione dei passaggi attraverso la formazione montuosa altissimo-molisana. Inciso: essi sono ovviamente diversi, seppure in numero contenuto, trattandosi un tempo di un’unica regione. Vedremo che ad ogni valico corrisponde un tratturo, il primo, iniziando da Ovest, è quello di Rionero Sannitico il quale separa i Monti della Meta dalla Montagnola, sfruttato dal Pescasseroli-Candela, il secondo è il varco denominato Bocca di Forlì, interposto tra quest’ultima montagna e monte Pagano in cui si inserisce il Castel di Sangro-Lucera, il terzo è interposto tra il monte appena citato e monte Miglio utilizzato dal Celano-Foggia, il quarto è distanziato di molto dagli altri perché occorre aspettare che termini la sequenza ininterrotta dei monti Capraro, Campo e San Nicola per incontrare il Pietra Canala-Ponterotto.

È significativo che 3 su 4 passi abbiano nel momento di svalico un insediamento umano; andando a ritroso Pescopennataro per il Pietra Canala-Ponterotto, San Pietro Avellana per il Celano-Foggia, Rionero Sannitico per il Pescasseroli-Candela. Stranamente il Castel di Sangro-Lucera il quale è il tracciato tratturale che ha come carattere distintivo la frequenza con cui lungo il suo incedere tocca agglomerati insediativi, non ha alcun paese ad aspettarlo in prossimità del trapasso nella valle del Sangro. In verità ce ne sarebbe uno, Montalto frazione di Rionero, un villaggio in origine abusivo con le case che hanno occupato il demanio tratturale. All’interno dell’insieme delle selle la più alta è quella di Pescopennataro che raggiunge i m. 1230; Capracotta è un luogo di svalicamento morfologicamente definito però la sua altitudine di m. 1421 ha impedito di essere prescelta per il transito di qualche tratturo, vi passa semplicemente un tratturello che da Castel del Giudice va a Sprondasino.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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