I tratturi che snobbano il Tirreno
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Essi si snodano unicamente in area adriatica, per cui non possono essere utilizzati per scambi commerciali tra le zone appenniniche dalle quali hanno origine e le fiorenti località della fascia tirrenica. Sui tracciati tratturali si possono effettuare sia percorsi di durata giornaliera che plurigiornaliera (ph. Una manifestazione sul tratturo)
Il trekking è, nonostante la parola moderna, una pratica antica, antica quanto i pellegrinaggi. Qui da noi il principale è quello diretto verso Monte San Michele sul Gargano; il percorso è meno lungo per chi parte dal Molise poiché la Puglia è regione confinante con la nostra, più lungo per chi lo intraprende muovendo da fuori regione essendo obbligato costui ad attraversare il territorio molisano provenendo da ovest o da nord per arrivare al santuario. I camminatori sono in questo caso i pellegrini, quindi persone motivate a camminare da ragioni di fede. Attualmente la maggioranza di coloro che vanno a piedi in ambiti extraurbani, regolarmente su sentieri e, come vedremo, su piste tratturali, è rappresentata da individui che desiderano stare a contatto con la natura, immergersi nei paesaggi.
E però le camminate di questi ultimi, definibili escursionisti, fino a qualche decennio fa non si articolavano, in genere, in tappe come i cammini religiosi, prendi proprio la via Micaelica, bensì si svolgevano in un’unica giornata. È questa, lo si evidenzia, la principale differenza piuttosto che questioni di culto per quel che interessa qui tra camminate e cammini. All’origine, già dalla seconda metà del secolo XIX, le escursioni avevano quale terreno d’elezione la montagna con gli itinerari che erano prevalentemente in verticale, la salita al Miletto o alla Meta, i podisti o per via dell’andatura lenta pedoni non ancora apprezzavano la dimensione orizzontale delle percorrenze.
Eppure il territorio è innervato da una fitta maglia di tratturi i quali hanno sempre dislivelli limitati, prestandosi bene, peraltro, tanto a proposte escursionistiche giornaliere quanto a quelle plurigiornaliere. Per via dei salti di quota ridotti tra partenza e arrivo della passeggiata effettuata lungo di essi a quell’epoca ben pochi se li “filavano” non avendo alcun appeal alpinistico e l’alpinismo era la moda del periodo. Piace credere che uno “sdoganamento” dei tracciati tratturali quali sede di gite pedestri sia merito da attribuire al Sentiero Italia del Club Alpino Italiano il cui tratto molisano, nella prima versione che è del 1996, si denominava, appunto, Bretella della Transumanza.
Passiamo ora a vedere altre forme di mobilità pedonale dopo quelle del pellegrinaggio e dell’escursionismo sempre legate ai tratturi. In un remoto passato, antecedentemente alla definizione della rete viaria carrabile avvenuta nell’Ottocento, i tratturi, oltre alla funzione primaria di “canali” per il passaggio delle greggi transumanti, servivano anche quali vie di comunicazione o, almeno, supplivano alla loro assenza. Una caratteristica peculiare del sistema tratturale è che esso si sviluppa nell’area adriatica pressoché per intero, solamente lambiscono quella tirrenica i tratti iniziali del Pescasseroli-Candela e del Castel di Sangro-Lucera; ciò determina che essi non potessero essere utilizzati quali assi di congiunzione tra l’Appennino e la capitale del Regno napoletano.
La strategica Via degli Abruzzi in cui si trasportava merce, prendi lo zafferano, al porto partenopeo non si sovrapponeva ad alcun tracciato tratturale. I tratturi vanno nella direzione opposta a Napoli, è il Tavoliere il luogo di “sbarco” delle pecore, l’una sta ad occidente l’altro a oriente, punti cardinali contrapposti. Una considerazione geografica che vale la pena fare è che la superficie regionale è approssimativamente una sorta di piano inclinato che va da nord-ovest, l’Alto Molise, a sud-est, la piana del Tavoliere assecondata in tale scivolamento a valle dalla raggiera dei tratturi.
I tratturi, comunque, svolgono un ruolo affatto secondario nei collegamenti dell’Italia meridionale seppure non in funzione di Napoli e di seguito spieghiamo il perché partendo dalla data di istituzionalizzazione dei tratturi da parte di Alfonso d’Aragona la quale è la metà del 1400. Siamo nell’età in cui si registra la rinascita della società italiana, l’età del Rinascimento, un fenomeno che non riguarda solo l’arte, bensì coinvolge vari settori della vita civile nella Penisola tra i quali vi sono gli scambi commerciali, culturali, umani. La direttrice appenninica che coincide con la linea di sviluppo, per ampi tratti, del reticolo tratturale ha sempre occupato un posto decisivo nella storia di questa parte della nazione mettendo in relazione fra loro civiltà differenti dell’Italia peninsulare dal punto di vista economico, politico, sociale.
Del resto erano le dorsali, quelle su cui si attestano le piste tratturali, la fascia di transito privilegiata, la morfologia territoriale praticabile per gli spostamenti con minori difficoltà, altrove il suolo era, e continua ad esserlo, soggetto a frane, i versanti collinari, e alluvioni, le pianure. Sulle alture per le medesime motivazioni alle quali si aggiunge pure quella della difesa sono ubicati anche gli insediamenti antropici per i quali alcuni segmenti tratturali costituiscono il trait d’union con il resto del mondo.
La decadenza dei tratturi viene a corrispondere non a caso con l’abbandono delle zone appenniniche, uno dei problemi maggiormente preoccupanti per il funzionamento del Sistema Paese. Una nuova vitalità delle cosiddette aree interne si ritiene possa scaturire dalla valorizzazione del patrimonio storico e naturalistico di tali comprensori il quale si presta ad essere apprezzato mediante passeggiate per le quali le uniche infrastrutture fisiche necessarie sono i sentieri e i tratturi salvo che si provveda alla loro manutenzione.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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