Il Molise andata e ritorno

di Francesco Manfredi-Selvaggi

La nostra regione ha vissuto nella sua storia fasi di fuoriuscite delle popolazioni alle quali si sono alternate fasi di ripresa demografica dovuta anche a nuovi arrivi. Quello attuale appare un flusso di sola andata. L’abbandono dei borghi non è dovuto solo a cause antropiche ma anche naturali (Ph. F. Morgillo-Intervento di riqualificazione urbana realizzato nell’ambito di Kalenarte a Casacalenda)

La nostra regione è una terra di abbandoni ma anche di rinascite. L’abbandonamento degli abitati è una problematica che ha riguardato questo territorio in ogni epoca. Centri abitati abbandonati sono, i più celebri, Terravecchia e Altilia ambedue in comune di Sepino, lasciati dalla popolazione tanto tempo fa, prima l’uno che è sannita poi l’altro che è romano. A dire la verità è improprio utilizzare la definizione di abitato per gli insediamenti delle età più antiche qualora volessimo intenderlo equivalente a entità cittadina in quanto da noi il concetto di polis, in greco città, si affermò molto tardi.

Fino a tale affermazione le funzioni urbane, cioè la residenza, il luogo di culto, il presidio fortificato, erano distribuite in più sedi, non concentrate, cioè in un unico posto come avverrà poi con l’urbs, il termine latino per città. Per comprendere il perché dell’elevata quantità di abbandoni riscontrabile da noi è da aggiungere che qui oltre alla suddivisione in distinte località delle “zone” urbanistiche vi è stata la tendenza alla giustapposizione nelle varie fasi storiche attraversate dalle unità insediative in contrapposizione alla sovrapposizione che invece si è avuta altrove. In altri termini i centri medioevali non vengono a coincidere né con i recinti fortificati dei sanniti né con le colonie dei romani mentre in altre parti d’Italia avviene la stratificazione nel medesimo sito del costruito e ciò spiega il gran numero delle realtà abitate in abbandono.

L’abbandono, però, non va letto come un destino ineluttabile della nostra terra, dal quale non possiamo sottrarci. Prendi lo svuotamento demografico del Sannio a seguito della conquista da parte di Roma e poi il suo popolamento, caduto l’Impero, con genti provenienti dai Balcani che vi si installarono. Per inciso, i bulgari hanno ripopolato solo il Sannio molisano non tutto il Sannio il quale in età imperiale era stato smembrato per ridurre, frazionandolo e così indebolendolo, la potenziale pericolosità del popolo sannita. Non c’è niente di assolutamente analogo, ma qualche segnale di conforto su una futura ripresa dei paesi molisani viene pure, può sembrare paradossale perché l’emigrazione è la principale causa dell’abbandono dei borghi, da tale epocale trasferimento di persone fuori regione poiché è con le “rimesse” dei “fuoriusciti” che si sono costruite case nei piccoli comuni.

Vale la pena introdurre per approfondire la comprensione del fenomeno e metterne in risalto le peculiarità alcune coppie dialettiche: la prima è quella di temporaneo/definitivo, i flussi migratori moderni hanno oscillato tra tali due polarità, specie quelli non diretti oltreoceano, la seconda è quella di parziale/totale, per quanto riguarda quest’ultimo polo la desertificazione in cui versava il Molise/Sannio all’indomani della fine dell’Impero Romano, la terza è repentino/di lunga durata, i flussi migratori non sono, con un gioco di parole, deflussi subitanei mentre è caratterizzata, di certo, da repentinità la fuga dagli aggregati antropici a causa di eventi disastrosi. Cerchiamo di vedere le tipologie di calamità una per una, escludendo dall’elencazione i terremoti perché le scosse sismiche non danno modo di scappare, magari è la lentezza della ricostruzione a convincere ad andar via.

Non sempre, ulteriore precisazione, il dissesto del suolo induce all’abbandono e non c’è dimostrazione migliore di Castellino sul B. i cui abitanti nonostante l’ordine di evacuazione non lasciarono l’agglomerato originario per spostarsi a Castellino Nuovo il quale è, dunque, un paese nato morto, abbandonato ancor prima di essere popolato. La caduta massi di costoni rocciosi soprastanti al nucleo urbano, un rischio attualmente attenuato da lavori di consolidamento delle rocce, non ha spinto i residenti in Pesche e in Pietrabbondante a lasciare il luogo natio. Così come per le manifestazioni franose, il citato Castellino, neanche la minaccia incombente di crollo di spuntoni lapidei ha mai costituito un deterrente che porta ad abbandonare il paese, quasi che gli individui abituati ad una condizione di precarietà esistenziale accettino di vivere in una situazione oggettivamente rischiosa.

Un’altra fattispecie di alterazione dell’assetto idrogeologico è rappresentata dalle alluvioni per illustrare la quale, in mancanza di episodi significativi nell’era contemporanea in ambiti costruiti, facciamo riferimento, anche per evidenziare lo stretto legame tra idro e geologico, a quella che diversi secoli fa provocò l’allagamento di Boiano. Essa fu dovuta all’ostruzione del Biferno per la formazione di uno sbarramento di terra all’altezza di Colledanchise colpa di una frana, colpa a sua volta di una scossa tellurica, un effetto collaterale del sisma in definitiva. Una calamità è anche l’incendio con il fuoco che raggiunse nell’agosto del 1988 i margini dell’edificato a Morrone del S., adesso non c’entra il terremoto che c’entra invece con il tragico incendio settecentesco di Lisbona. Infine, accanto ai pericoli naturali ci sono quelli umani e tra questi vi è la guerra. Ci stiamo riferendo all’unica guerra che sia stata combattuta in Molise, dopo quelle dei Sanniti contro i Romani, il Secondo Conflitto Mondiale. I tedeschi, in ritirata, distrussero i comuni del Molise Altissimo e gli Alleati in avanzata, bombardarono Isernia dove per tantissima gente non ci fu assolutamente il tempo per mettersi in salvo.

 

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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