Se la campagna cambia cambia più radicalmente della città
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Questo titolo è un po’ anche l’incipit dello scritto che segue, il quale ha come contenuto i piani paesaggistici da redigersi i quali dovranno provvedere pure alla salvaguardia del paesaggio urbano. È un tema importante perché in città risiede una larga fetta della popolazione la quale ha diritto a vivere in un ambiente gradevole (Ph. F. Morgillo-Paesaggio rurale molisano)
Bisogna fare nuovi piani paesistici, non l’aggiornamento di quelli esistenti, è questa l’opzione prevista dal Codice Urbani scelta dalla Regione. Sarebbe stato più facile, di certo, aggiornare che procedere ad una pianificazione paesaggistica ex-novo. L’obiettivo della revisione dei vecchi strumenti di piano ha il sapore di un obiettivo minimale, avrebbe rappresentato la rinunzia a voler salvaguardare l’intero patrimonio paesaggistico molisano. Tra le aree non comprese, che ora sarebbero ricomprese, nei precedenti piani paesaggistici ci sono gli ambiti comunali dei due capoluoghi di provincia.
L’esclusione avvenuta in passato è comprensibile per le difficoltà connesse al governo dei processi di trasformazione territoriale in atto in realtà complesse quali sono tali entità urbane, le maggiori, insieme a Termoli, del Molise. Dall’altra parte, risiedendo qui quasi un quarto della popolazione molisana non provvedere alla salvaguardia dei contesti visivi così come delle valenze naturalistiche e culturali significa privare i loro cittadini di un ambiente di vita qualitativamente elevato. È un diritto che sancisce la Convenzione Europea del Paesaggio. Uno dei tratti più caratteristici delle unità insediative è, di sicuro, la fascia di orti che circondano l’abitato, in molti casi circondavano perché diventata Zona di Espansione residenziale.
L’orticoltura periurbana era essenziale per rifornire gli abitanti del, diciamo così, centro città di prodotti freschi per il consumo giornaliero, così come la zootecnia “fuoriporta” il latte; il Mercato Coperto del capoluogo regionale era nato essenzialmente per favorire la commercializzazione di merce deperibile la quale di necessità deve essere a km 0. Da quando si sono andate perfezionando le tecniche di refrigerazione degli alimenti che permettono il loro trasferimento a distanza in tale mercato vengono poste in vendita anche produzioni agricole provenienti da più lontano. A meno di non voler provare a far crescere cocomeri nella campagna campobassana è evidente che rimarranno sempre poco “sostenibili” le angurie e meloni poiché culture basso-molisane il cui trasporto fin qui tramite furgoni provoca emissioni di CO2 in atmosfera.
Se c’è un vantaggio in termini di sostenibilità nell’offerta sui banchi del Mercato Coperto di frutta e verdura coltivata altrove è nel fatto che sono acquistate sfuse, prive di imballaggi, mentre dal punto di vista dell’economicità va a favore delle tasche dei consumatori la vendita diretta, ciò l’assenza di intermediazione commerciale con i conseguenti costi aggiuntivi. Le considerazioni che si sono appena esposte mirano a mettere in evidenza l’importanza, non solo ai fini strettamente paesaggistici, della conservazione dei territori ortivi a ridosso degli aggregati abitativi, in particolare dei più grandi evitando il formarsi di un dualismo netto tra Città e Campagna.
Bisogna riconoscere a quest’ultima, specie alle aree agricole confinanti con l’urbanizzato, il ruolo, oltre che di fornitore di cibo sano a due passi da casa, una sorta di agricoltura di prossimità, di rigenerazione dell’aria “corrotta” dai miasmi del traffico cittadino, di spazio per la ricreazione all’aperto. Una cosa simile a quelle che Pierluigi Cervellati a proposto nel PRG di S. Croce di Magliano, la creazione di una cintura verde. Il piano paesaggistico che comprende gli insediamenti di taglia più elevata dovrà combinarsi con il Piano Regolatore Generale del Comune; il coordinamento tra essi è una specificità delle entità cittadine in quanto le piccole realtà comunali, nella stragrande maggioranza qui da noi, sono munite semplicemente del Programma di Fabbricazione il cui campo d’azione è limitato al costruito e agli ambiti urbanizzabili, non includendo l’intero perimetro comunale.
Già da quel poco che si è detto si può capire come sia un’impresa ostica la stesura di un piano paesistico per un areale ricomprendente un agglomerato urbanistico di rilevante consistenza ed in effetti è così e però è un’operazione sempre meno ardua di quella di pianificare paesaggisticamente l’agro. In città, salvo la questione affrontata degli ambiti periferici dove si ha la transizione tra urbano e rurale per il resto si tratta semplicemente di stabilire la forma degli edifici da costruirsi, le altezze dei volumi, la preservazione degli spazi a verde pubblico o privato, il recupero di siti abbandonati e di superfici occupate da attività produttive ormai dismesse e poche altre cose simili.
Nonostante la città sia per antonomasia un organismo, vivente, in costante movimento e meno soggetta a trasformazioni radicali del circondario rurale, essa può solo avvilupparsi su sé stessa, magari “rigenerarsi”, ma non modificarsi totalmente. Nonostante la campagna appaia nell’immaginario collettivo come il regno dell’immutabilità essa costituisce in verità un contesto del tutto instabile. Per le città è lecito usare il motto famoso del principe di Salina nel romanzo il Gattopardo: “tutto cambi (con l’ovvia eccezione dei centri storici tutelati per legge) perché tutto rimanga com’è”, a differenza delle campagne che, invece, sono esposte a rivolgimenti profondi e, per di più, repentini come quelli dovuti al passaggio di nuove arterie di comunicazione, di livello regionale e nazionale o infracittadino, si pensi all’anello in corso di completamento delle tangenziali intorno a Campobasso, al transito delle reti di trasmissione dell’energia elettrica ad alta e media tensione, alla realizzazione degli impianti di depurazione e così via. Insieme ai fattori esterni vi sono quelli interni alla stessa campagna legati all’introduzione di moderni indirizzi agronomici, ai capannoni zootecnici, ecc… Spesso sono opere e innovazioni che hanno il sapore dell’imprevedibilità per cui sono cambiamenti che mettono in grave difficoltà il pianificatore.
Francesco Manfredi Selvaggi633 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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