A Campobasso mercato e fiera prima entrambi scoperti e poi entrambi coperti

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Infatti ora c’è il Mercato Coperto e il padiglione fieristico a Selvapiana. Se per questo aspetto sono simili li differenzia la durata che è giornaliera per il mercato e plurigiornaliera per la fiera, la cadenza che per il mercato è ancora giornaliera (a Boiano è settimanale) e per la fiera in passato era biannuale (Ph. F. Morgillo-Fiera tradizionale)

Campobasso è stata, purtroppo oggi non lo è più, sede di importantissime fiere. Le due principali sono quelle legate alle due transumanze, una primaverile e una autunnale; la nostra città è stata un punto di passaggio nevralgico della transumanza e per questa ragione qui venne ubicata la Doganella, una sorta di succursale della Dogana di Foggia. Nel capoluogo regionale confluiscono tutti i tratturi del Contado di Molise, sia direttamente, il Castel di Sangro-Lucera, sia tramite il Braccio Trasversale, il Pescasseroli-Candela e il Celano-Foggia. Le fiere che qui si svolgevano all’andata e al ritorno degli armenti transumanti duravano più giorni dovendovi affluire le greggi che avanzavano in modo cadenzato, non tutti insieme, lungo le piste tratturali.

Questa dell’essere plurigiornaliera è una caratteristica saliente di una fiera che la distingue dal mercato il quale si esaurisce nella stessa giornata, non conta se si ripete all’indomani per l’intero arco dell’anno come avviene a Corso Bucci o se si replica settimanalmente, nel caso di Bojano. È interessante il confronto con il mercato perché fa emergere anche altre peculiarità della fiera. Una di queste è la postazione in cui si tengono: il mercato lo si fa nel mezzo dell’abitato in quanto rivolto a soddisfare i bisogni ordinari dei cittadini, si pensi a quelli alimentari cui è destinata la “piazzetta di via Palombo”, mentre il luogo della fiera è collocato ai margini dell’agglomerato urbano. Solitamente in un prato il quale per essere idoneo deve essere in piano ed appunto il Piano delle Campere è la superficie deputata alle fiere dove in seguito, in seguito all’abrogazione della transumanza avvenuta nel 1805, venne posizionato il Borgo Murattiano, localizzazione d’elezione in quanto sito ampio e pianeggiante.

Certo all’epoca era un’area periferica ma mica tanto poiché contigua all’appendice suburbana sviluppatasi a partire dal XVI secolo fuori le mura, il rione dei Trinitari, fazione cittadina che fa capo alla chiesa della SS. Trinità destinata a diventare più in là cattedra vescovile. Una motivazione di questa scelta localizzativa per la fiera è, di sicuro, quella della morfologia pianeggiante del terreno, condizione necessaria e però non sufficiente in quanto nei dintorni, più distante comunque dall’aggregato insediativo, vi è anche un’altra piana, Selva per l’appunto, Piana in cui non a caso il Piano Regolatore Generale ha collocato la Zona Fieristica.

Per inciso, tertium non datur trovandoci in un comprensorio collinare per cui le pianure sono rare. Il vantaggio della disposizione conforme, diciamo così, alla zonizzazione urbanistica, ovviamente di alcuni secoli successiva, sarebbe stato quello di allontanare dall’insediamento abitativo gli odori molesti, il rumore, la sporcizia causati dall’ammassamento dei capi ovini partecipanti alla fiera, lo svantaggio che la fiera non avrebbe goduto della protezione della milizia feudale che era a presidio della cinta urbica poiché lontana. È da ricordare che all’epoca dell’istituzione per vie legali (il decreto di Alfonso il Magnanimo) della transumanza era Conte di Campobasso il genero di Paolo di Sangro il quale fu il primo Arrendatore della Dogana, il carismatico Cola di Monforte che realizzando le fortificazioni urbane fu capace di garantire la sicurezza che necessitava ai commerci.

Non è detto, poi, che in passato le manifestazioni fieristiche rappresentassero un disturbo per la cittadinanza, anzi è probabile che esse venissero viste come un segno di vivacità della città, un’occasione di scambi economici e nello stesso tempo culturali, non ce n’erano altre. Non era disonorevole che si svolgessero vicino agli ambienti di vita se non, addirittura, dentro come nel caso in ispecie con la fiera che occupava, limitatamente al periodo ad essa assegnato, uno slargo conventuale, il sagrato della chiesa della Libera pertinenza del monastero dei Celestini, Madonna il cui culto è ancora molto sentito dai campobassani tanto che tale spazio è tutt’oggi identificato quale largo della Libera.

La questione religiosa non è una faccenda secondaria, eventi fieristici e celebrazioni di divinità vanno insieme, il calendario delle fiere è regolarmente legato a quella dei Santi e pure qui succedeva così. Non è infrequente neanche che alle fiere si associno i pellegrinaggi, si verificava a Canneto famoso santuario mariano sul greto del Trigno. Sia che ci sono i pellegrini sia che non ci sono, fiera e festa è un binomio indissolubile e la dimostrazione lampante è la festività del Corpus Domini in cui la “capitale” del Molise è invasa da bancarelle con ogni genere di mercanzia e ad un tempo si perpetua lo spettacolo della sfilata dei Misteri, sacro e profano risultano congiunti.

La logica funzionalista ha portato a relegare la fiera, Fiera, in aperta campagna seppure abbastanza agevolmente raggiungibile dal centro cittadino, vi è uno svincolo lungo l’anello delle tangenziali. Tra fiere e mercato, riprendendo la comparazione, in età contemporanea si riscontra l’emergere di connotati comuni tra i quali vi è la tendenza ad aver luogo al chiuso, non più all’aria aperta. Il Mercato, non per niente, Coperto sostituisce quello tradizionale di piazzetta Palombo mentre per la fiera viene realizzato un apposito grande padiglione con annessi ulteriori corpi di fabbrica a costituire un vero e proprio quartiere fieristico.

Ciò che colpisce maggiormente nell’evoluzione tipologica che ha subito la fiera è il fatto che avendo realizzato allo scopo un fabbricato destinato a ospitarla, un manufatto stabile non prefabbricato smontabile, non viene più concepita quale avvenimento, quello fieristico, temporaneo, al contrario permanente e perciò cambia financo natura ovverosia ragione sociale ovverosia ragione d’essere. Questa struttura per giustificare la sua esistenza deve funzionare tutto l’anno con plurimi appuntamenti fieristici. Al volume per le esposizioni si affianca un auditorium in cui si dibatte sulle novità del mercato, si illustrano le problematiche dei vari settori merceologici.

 

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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