Forma urbis e forma del territorio

di Francesco Manfredi-Selvaggi

La conformazione di un abitato è in dipendenza anche della morfologia del luogo in cui è ubicato. Analizziamo il caso di Boiano. A volte si sceglie il sito per la fondazione del centro urbano per sfruttare le caratteristiche morfologiche dello stesso, si prendano le alture le quali assicurano il soddisfacimento dell’esigenza, primaria, di difesa oppure una piana per un migliore assetto della struttura urbanistica come avviene in epoca moderna per le espansioni residenziali (Ph F. Morgillo-Veduta di Boiano dall’alto)

La morfologia dei luoghi è un fattore determinante ovvero che determina la grandezza di un insediamento. Ben lo sappiamo le città sorgono in pianura, la condizione orografica più favorevole: Boiano che sorge su un sito pianeggiante è ancora un grosso centro nonostante non abbia più rilevanza politica, non è più la capitale del Sannio Pentro e ciò lo deve al fatto che sta nel piano. Nelle aree in piano gli abitati possono estendersi indefinitamente salvo che non vi siano ostacoli naturali che lo impediscono come lo è per la cittadina matesina il Calderari. Questo del fiume che blocca la crescita urbana è lo scotto che questi agglomerati devono pagare per il favore ricevuto dal corso d’acqua il quale ha fornito loro con i detriti che accumula una piana in cui svilupparsi.

Boiano potrebbe estendersi in tutte le direzioni appena scavalcato il Calderari, barriera, beninteso, liquida e non solida, superabile con un semplice ponte, non ci si imbatte più in vincoli orografici capaci di impedire l’espansione e invece non lo fa, se non timidamente e, comunque, non prima del XX secolo. Per proteggersi le spalle la città si accosta alla montagna, non si pone al centro di questo vasto territorio tendenzialmente piatto che è la vallata dell’alto Biferno, un horror vacui; in pianura è, di certo, più difficile difendersi. Nel medioevo le esigenze di protezione si accrescono e così si incomincia a risalire le pendici del rilievo montuoso, quest’ultimo un elemento morfologico che favorisce la difesa.

La prima parte dell’ascensione da valle a monte è caratterizzata da pendenza moderata, peraltro costante, non la ripida erta che diventerà dopo il versante montano. L’aggregato abitativo occuperà solamente questa fascia di terreno meno acclive, morfologicamente più adatto all’edificazione. Per descrivere questo cambiamento dell’andamento del fianco della montagna occorre utilizzare alcune immagini: la minore inclinazione della base della salita al monte è come se al toccare terra l’emergenza montagnosa si afflosciasse un po’, scrollandosi dal dorso, innalzandosi, mettendosi dritta (è il fenomeno dell’emersione della catena appenninica descritto negli studi geologici), il carico superfluo che l’appesantiva e ne limitava la possibilità di stare all’impiedi.

Il limite superiore di tale zona meno inclinata (che è chiamata Piaggia, un toponimo che richiama la morfologia perché è traducibile in spiaggia), quello dopo il quale il fronte montano diventa assolutamente più pendente, il punto di svolta è simbolicamente segnato dalla chiesetta di S. Michele. Oltre che distinguersi nella parte basamentale la fiancata del Matese che sovrasta Boiano presenta diverse discontinuità lungo la china, tra cui alcuni autentici gradini morfologici. Il primo ripiano (gli altri sono rappresentati nel territorio boianese dai Prati di Civita a m. 1000 e dal pianoro dei Sogli in alta quota) è rappresentato dalla terrazza su cui sta Civita Superiore.

I limiti di questo villaggio coincidono con i bordi di tale terrazzamento naturale, cioè lo occupa per intero; nonostante l’ampiezza di questa piattaforma morfologica e il fatto che essa sia coperta da costruzioni per gran parte la dimensione demografica dell’insediamento è sempre stata contenuta (oggi è in calo preoccupante). Seppure lo spazio, lo si ripete, è occupato fittamente da case, la densità edificatoria, si direbbe in gergo urbanistico, è bassa come lo sono gli edifici; si tratta di abitazioni unifamiliari, se non di stalle con fienile nel quartiere della Giudecca, di 2 piani tipiche delle borgate rurali non delle entità urbane.

A Civita succede, come in mille altri agglomerati insediativi di altura, che le pendici del colle su cui è posizionata siano troppo scoscese per potervi edificare, una condizione morfologica limitante. Ciò garantisce l’integrità dell’immagine che qui è di grande pregio dominata com’è dall’enorme castello sede dei Conti di Molise. Si determina, in altri termini, una sorta di fascia di rispetto la quale non è merito, lo si rimarca, di un vincolo soprintendile bensì della morfologia del luogo. In pianura, invece, l’edificazione recente rende poco percepibile da distanza, essendo una città morfologicamente piatta, il centro storico se non fosse per i campanili di S. Maria del Parco e di S. Bartolomeo.

La morfologia, ad ogni modo, non serve solamente a spiegare la configurazione urbanistica avendo anche una valenza a sé stante che è di tipo paesaggistico, in definitiva estetico. La veduta più cara ai boianesi come dimostrano le cartoline illustrate di un tempo è quella dei cosiddetti 3 colli che si apre dalla piazza principale, la vista d’infilata verso ovest di alcune emergenze montuose del comprensorio matesino delle quali la più elevata è il monte Patalecchia. Riguarda Boiano ma non è visibile da Boiano neanche allontanandosi verso i suoi estremi limiti comunali un’ulteriore visione di grande effetto.

Pure in questo caso si tratta di una particolare formazione geomorfologica in cui si tengono insieme La Gallinola, che è boianese, e il monte Miletto, le due più alte cime dei monti del Matese. Si coglie distintamente la fascia culminale del massiccio dal dirimpettaio complesso montuoso La Montagnola-Colle dell’Orso: di qui si riesce a distinguere la figura di un uomo prono di cui il bacino è costituito da La Gallinola, la schiena inarcuata dalla valletta che la separa da monte Miletto e le spalle rappresentate da quest’ultimo. È un gigante che sta dormendo, ce lo suggerisce la morfologia, forse il mitico Uomo delle Nevi e noi siamo in attesa del suo risveglio. Non è sentito dalla popolazione locale come un essere terribile bensì benefico che però è scomparso dai racconti popolari, dalle favole per bambini, così come la passione per l’osservazione della morfologia dei luoghi.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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