Isernia è su un piano inclinato ma non scivola

di Francesco Manfredi-Selvaggi

La conformazione del rilievo che ospita il centro storico isernino è sì una dorsale ma essa non è molto affilata presentando in sommità una superficie tabulare, una tavola posta in leggera pendenza. Le acque meteoriche seguono pertanto questa direttrice di scorrimento, non scolano nei due versanti contrapposti, le valli del Carpino e del Sordo, ma vanno direttamente al Cavaliere (Ph. F. Morgillo-Gli svincoli di Isernia)

Per parlare del rapporto tra insediamenti e morfologia del territorio prendiamo quale esemplificazione Isernia, qualche centro dobbiamo pure scegliere. Questa città presenta la peculiarità che è l’unica località nel Molise in cui si registra una continuità insediativa nel tempo, dalle origini ai giorni nostri, permanendo essa nel medesimo sito dal periodo pre-romano quando iniziò a prendere forma. Va sottolineata con forza tale specificità che non ha riscontri in nessun’altra realtà urbana molisana; tanto Boiano quanto Sepino quanto Larino, per citarne tre anch’essi antichissimi, nei secoli hanno spostato la loro sede, la sede dell’aggregato abitativo, dal piano (età romana) all’altura (età medievale) per poi tornare (età contemporanea) nel piano.

Il capoluogo pentro, invece, ha trovato conveniente non cambiare ubicazione, cioè non traslocare altrove nella sua plurimillenaria storia. Isernia si può dire che si è, figurativamente, compenetrata con la particolare gibbosità del suolo su cui sorge, venendo a formare un tutt’uno con il rilievo sopra il quale si è installata fin dai suoi esordi. Il suo tessuto urbanistico è perfettamente adattato all’orografia, se è consentita un’immagine letteraria si è adagiata alla fascia sommitale del crinale che, in quanto tale è un areale/lineare a sviluppo tendenzialmente pianeggiante, facile per una edificazione “in linea”.

La pendenza è ridotta, con la “livelletta” pressoché costante, l’unico posto dove il terreno spiana del tutto è significativamente Piazza Mercato. Proprio per questa sua caratteristica di ambito pianeggiante insieme a quella di essere centrale nell’agglomerato insediativo tale piazza ha acquistato funzioni direzionali e commerciali. Ha anche un altro connotato in grado di, appunto, connotarla quale punto dominante ed è la visibilità, seppure parziale; nel lato, assai lungo, in cui non è delimitata da edifici l’orizzonte è estremamente ampio raggiungendo lo sguardo, in vicinanza il massiccio delle Mainarde e, in lontananza, la valle del Volturno.

Il vertice della città, proprio in quanto vertice, si colloca solitamente al di sopra dell’agglomerato edilizio, prendi Campobasso con il castello posto sulla Collina Monforte mentre qui è baricentrico allo stesso. La forma dell’emergenza collinare e la forma urbana sono, lo ripetiamo, e di seguito lo illustriamo dettagliatamente, integrate fra loro. La rete stradale è costituita da un’arteria che segue la spina mediana dello sperone e su questo cosiddetto “percorso matrice” convergono una serie di tracciati viari minori che sono direzionati in senso opposto; in altri termini la gerarchia delle percorrenze e quella delle direttrici morfologiche, la longitudinale e la trasversale, di questo promontorio vanno di pari passo.

I cardini, poi, per usare i termini dell’urbanistica greca, sono più corti del decumano così come questo colle dalla forma affusolata è più corto trasversalmente; i cardi, inoltre, non sono solo molto meno lunghi, ma anche hanno una sezione più stretta di quella del decumano, un’annotazione opportuna. Sempre su questo tema va osservato che se i cardi, cioè i denti del pettine al quale assomiglia lo schema della viabilità cittadina, sono disposti lungo le curve di livello la costola dalla quale si dipartono, in ambedue i lati, cioè il decumano, interseca le isoipse. Ciò ha una corrispondenza con l’andamento della dorsale occupata dal centro storico di Isernia che è in sommità un piano lievemente inclinato, non costituendo la mezzeria, ed è quanto si vuole sottolineare, di questa formazione collinare oblunga uno spartiacque.

È, in qualche modo, una struttura tabulare inclinata, leggermente, non ha quattro spioventi né tre né due bensì uno solo. Il modello ippodameo si adatta bene a tale configurazione geomorfologica, cosa, il predetto adattamento, che non sarebbe successa se la via principale, sempre il decumano, fosse stata coincidente con una linea di cuspide, se il rilievo si fosse concluso con una cresta affilata. La maglia urbanistica ideata da Ippolito da Mileto richiede per essere applicabile una superficie dalla forma appiattita, non importa se è un po’ pendente come accade a Isernia. Passando ad altro vediamo che la nostra città presenta un reticolo idrografico composto da tre corsi d’acqua i quali, in effetti, sono solamente due, il Sordo e il Carpino, in quanto il fiume Cavaliere non è un corpo idrico a sé stante essendo formato dall’incontro degli altri due, non ha proprie sorgenti.

Qui ci interessa però che siano tre, ognuno tangente ad uno dei versanti del colle su cui sta Isernia. Quest’ultima circondata da acque, salvo esclusivamente il fianco a monte, quasi per intero risulta così protetta da attacchi esterni. Non è solo il sistema fluviale a garantire la difesa dell’insediamento; Isernia a ben vedere ha un quadruplice apparato difensivo, tre sono rappresentati da fatti naturali, l’altitudine della collina, i fiumi che la costeggiano, l’erto pendio che dal fondo della valle risale verso la città, uno è di tipo artificiale, la cinta fortificata i cui blocchi lapidei, megalitici, sono dei parallelepipedi, non poligonali, perché di travertino, materiale di cui è fatto il sottosuolo isernino, che è segabile.

La Via Latina, l’unica via di accesso, presidiabile senza difficoltà penetrava nella città trasformandosi in decumano. Ieri la viabilità era di altura oggi è di fondovalle e l’assenza di piane vallive a disposizione ha imposto per il passaggio delle infrastrutture di comunicazione moderne che si dovesse fare ricorso a viadotti e gallerie che attualmente, i primi, ingombrano il paesaggio circostante al capoluogo della Pentria. Il cambiamento dell’assetto stradale ha portato questo centro a non essere più un luogo di passaggio obbligato cosa che tanto peso ha avuto nella sua storia, un isolamento non cercato ma imposto, non di difesa.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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