La Madonna del Carmelo a Campolieto. Un anniversario sconosciuto. (Seconda parte*)
di Vincenzo Lombardi
In un precedente articolo (La Madonna del Carmelo a Campolieto: un anniversario sconosciuto, in “Il bene comune”, XVIII (2018), n. 3/4, pp. 78-85) abbiamo ricostruito, a grandi linee, le tormentate vicende del Convento dei Carmelitani, fondato nel 1559 e, soprattutto, della Chiesa del Monte Carmelo a Campolieto fra Ottocento e Novecento, fino alla sua riapertura al culto nel 1964.
Inoltre, nello stesso scritto, si è fatto cenno al radicato culto per la Madonna del Carmine ed alle ritualità ad esso connesse, afferenti a quelle delle Madonne vestite, oltre ad una leggendaria narrazione sulla presenza di un prezioso vestito della Vergine a Campolieto.
Infine, come testimonia uno scritto, rintracciato fra quelli pubblicati sugli Annali civili del Regno delle due Sicilie (inserito fra le notizie della Cronaca religiosa) dei mesi settembre-dicembre 1858, e riprodotto nel citato articolo pubblicato nel 2018, si è dato conto delle fonti che attestano, senza ombra di dubbio, dell’arrivo del Simulacro della Vergine SS. in Campolieto. L’evento si verifica regnante Ferdinando II delle Due Sicilie (1830-1859) e Maria Teresa Isabella d’Asburgo-Teschen (1837-1859), che sposa il re dopo la morte della prima moglie Maria Cristina di Savoia .
Nella Cronaca religiosa si legge:
7 Settembre. Il Sig. Giuseppe De Leo, Chirurgo di Artiglieria, fornisce la Chiesa detta Madonna del Carmine nel Comune di sua nascita, Campolieto in Provincia di Molise, del Simulacro della Vergine Santissima, che faceva eseguire da valoroso artista napoletano. Pertanto desideroso di vestirlo in modo conveniente, supplicò la Maestà della Regina (Dio Guardi) per un sussidio: e la M. S. intenta sempre a sublimare il culto divino e la devozione verso la gran Madre di Dio, piamente ne accolse la preghiera, e con religiosa munificenza ordinò che la bella statua fosse vestita ed ornata con la più ricca e splendida appariscenza, ed indi trasportata nel detto Comune. Cinque giorni di lietissima festa han renduto memorabile tal fatto, e le autorità civili ed ecclesiastiche col popolo devoto diedero segni più che fervorosi della loro pietà e della riconoscenza alla M. S. pel largito beneficio.
La notizia è pubblicata, con aggiunta di altri particolari, anche dal periodico “Notizie interne, estratte dal Giornale costituzionale del Regno delle Due Sicilie” (n. 23 del 1858, p. 200):
Tutti vollero a lor potere contribuire a rendere memorabile la sacra solennità: il Prefetto di quella Congrega sig. Mariano con elette bande musicali quivi raccolte e mantenute durante il quinquenario; il Reverendo Arciprete De Marco con caloroso invito alla festa secondato a gara da prossimi e lontani; il Reverendo Canonico Schiavone con panegirico degno della fausta congiuntura e del suo noto sapere; tutti con lieto concorso, con divoto e tenero raccoglimento e con evviva alle loro Reali Maestà ed augusta famiglia: saluto che innalzato da quel Giudice sig. Mastrostefano al finir della sacra liturgia fu entusiasticamente iterato dalla commossa moltitudine ossequiente [Nota 1].
Quindi, Giuseppe De Leo (di famiglia oggi estinta a Campolieto), chirurgo di Artiglieria, forse per devozione o per voto, acquista il manichino della Vergine e del Bambino, per donarlo alla Chiesa del Carmine; poi, rivolge una supplica (oppure esprime un desiderio per una ricompensa reale) a Maria Teresa Isabella d’Asburgo-Teschen perché elargisca un sussidio per “vestirlo in modo conveniente”.
Ma perché la regina Maria Teresa accoglie la supplica/richiesta attingendo la somma per l’abito della Vergine e del Bambino dal “Fondo privato”?
Maria Teresa era molto riservata e poco amante della vita mondana. Minuta, vestita semplicemente, non sembrava appartenere alla classe nobile e non sopportava la vita di corte. Preferiva svolgere una vita chiusa nei suoi appartamenti, dedicandosi solo al cucito e ai numerosi figli con i quali era una tenerissima e protettiva, a differenza di quanto avveniva con gli estranei con i quali era scontrosa e arrogante (https://it.wikipedia.org/wiki/).
La Regina era anche molto devota, tanto che le funzioni religiose erano parte essenziale della sua giornata, condivideva col re la messa mattutina e la recita del Rosario. L’Enciclopedia Treccani riporta un breve ma efficace ritratto che ne traccia Luigi Settembrini inserendolo nelle sue Ricordanze della mia vita (Napoli, Morano 1879):
Se ne ricava l’immagine di una sovrana assidua alle funzioni religiose e decisa nell’incitare il re a reprimere duramente qualsiasi insubordinazione. Molto legata al sovrano, era sempre al suo fianco. Accettava di buon grado gli scherzi di Ferdinando, che la chiamava «Tetella» per la sua bassa statura [Nota 2].
La famiglia reale tutta, inoltre, nutriva una particolare devozione per la Vergine del Carmine come testimonia una stampa d’epoca che rappresenta l’imposizione del Santo Scapolare della Vergine del Carmine a Re Ferdinando II, che lo indossava devotamente, presente il Duca di Calabria Francesco [Nota 3] .
È probabile, quindi, che fu proprio per effetto della sua religiosità, forse della sua particolare devozione alla Vergine del Carmelo, oltre che per i meriti acquisiti sul campo dal Chirurgo campoletano, che la Regina accolse di buon grado la supplica di Giuseppe De Leo.
La leggenda popolare locale, però, vuole che il vestito della Vergine sia stato chiesto ed ottenuto da De Leo a seguito di un suo intervento medico risolutivo di un problema di salute di uno dei 12 figli della regina Maria Teresa e di Ferdinando II (Luigi, Alberto, Alfonso, Maria Annunziata, Maria Immacolata, Gaetano, Giuseppe, Maria Pia, Vincenzo, Pasquale, Maria Luisa e Gennaro). Volendo dare credito alla voce popolare, potrebbe trattarsi di Gennaro Maria Immacolata Luigi di Borbone che, nato nel 1857 presso la Reggia di Caserta, potrebbe essere il beneficiato dei servigi sanitari del medico campoletano.
Chi era Giuseppe Di/De Leo?
Giuseppe, come certificato dallo Stato Civile, nasce a Campolieto il 7 marzo 1812 (anche se in alcuni documenti militari è dichiarata come data di nascita il 15 aprile 1814), è figlio di Vincenzo, speziale in medicina, di 32 anni, domiciliato in strada Forno, e di Giuseppa Zaccagnini, sua moglie di anni 25. Sono testimoni della dichiarazione di nascita Giuseppe de Marco, studente domiciliato in via Ponticelli, e Venanzio Spada, medico chirurgo domiciliato in via Forno.
Seguendo la vocazione di famiglia, compie gli studi di medicina per poi arruolarsi
nell’esercito borbonico. Già il 22 agosto 1839, a trentasette anni, risulta in servizio nel
Regio Esercito, presso il Terzo Battaglione Cacciatori e, all’epoca, ha già quattro anni e
mezzo di anzianità (quindi con inizio del servizio nel 1835). Ottiene il grado di terzo
chirurgo il 6 marzo 1844 [Nota 4].
Nel 1847, nel suo “stato di servizio militare” è registrato col cognome di De Leo (invece
che con quello di Di Leo) ed è descritto come di “condotta, valore, salute, costumi e
sentimento” buoni e di “talenti ed applicazione bastanti; il suo superiore Maggiore Comandante Gennaro Franzese esprime il seguente giudizio: “disimpegna con soddisfazione il servizio sanitario”.
Dallo Stato di servizio del 1851, apprendiamo altre notizie e qualche precisazione. Alla data del 31 dicembre di quell’anno ha un’anzianità di servizio di 12 anni, 4 mesi, 8 giorni che, come si deduce dalle informazioni date, non è stato continuativo.
Nel 1845, ottiene la promozione a secondo chirurgo e dal 29 novembre 1848, con tale qualifica, è in servizio presso l’ospedale militare di Cava de’ Tirreni, ospedale di III classe, con capienza di 100 ricoveri [Nota 5].
Alla data del 31 dicembre 1851, il padre Vincenzo è dato per defunto e l’informazione è confermata dall’atto di morte dello Stato Civile di Campolieto che fissa la data del decesso al 19 settembre e informa che la professione è quella di Farmacista. Leggiamo anche che Vincenzo era figlio di Teodoro De Leo, proprietario, e di Vincenza Ziccardi.
All’epoca, Giuseppe è celibe e i giudizi dei superiori ci informano che è di “Buona
condotta”, il suo “valore è da sperimentarsi”, e che ha “molti talenti”.
Giuseppe prende parte alla spedizione di Palermo a gennaio del 1848, a seguito dei
moti lì scoppiati e, poi, in aprile dello stesso anno, partecipa al corpo di spedizione
napoletano in Nord Italia in appoggio al Regno di Sardegna nella guerra contro l’Austria.
Per tale merito fu “Graduato 2 chirurgo il 29 novembre 1848” e con tale grado “Ha funzionato da capo di servizio nell’ospedale militare di Cava”.
Dopo alcuni anni, nel suo stato di servizio, al 31 dicembre 1858, si legge:
Graduato 2 chirurgo il 29 novembre 1848, ha funzionato da capo di servizio nell’ospedale militare di Cava; si è distinto in Sicilia nel servizio sanitario mettendo spesse fiate in pericolo la propria vita. Nel 1839 essendo destinato al 3 battaglione cacciatori stazionato in Pescara fece da capo di servizio in quello spedale […] con somma soddisfazione dei superiori. Ha fatto da capo di servizio nell’ospedale medesimo […] Vi restò per ordine sovrano. E’ stato chiamato al Reggimento Artiglieria con le funzioni di primo chirurgo.
Elogi sovrani ricevuti nel 1847 nella Colonna mobile di Potenza [disimpegni] sanitari [Nota 6].
Da tale stato di servizio (al 31 dicembre 1858), l’iter della sua carriera militare appare più chiaro, anche la data di nascita risulta rettificata. In sintesi, la sua carriera evolve secondo le seguenti tappe: Terzo chirurgo presso il 3.o Battaglione Cacciatori, 22.08.1839 [Nota 7] ; Terzo chirurgo titolare, 6.3.1844; Secondo chirurgo graduato presso l’ospedale di Cava dei Tirreni, 29.11.1848 [Nota 8] ; Secondo chirurgo graduato presso il Reggimento Artiglieria, 16.06.1852; Secondo chirurgo graduato presso le Batterie Montate, 13.10.1853; Secondo chirurgo graduato presso il Reggimento Artiglieria, 7.06.1854; Secondo chirurgo effettivo presso il Reggimento Artiglieria, 25.10.1855. Infine, il 31 dicembre 1858 lo troviamo già promosso al ruolo di Primo Chirurgo [Nota 9] , ma la decorrenza del grado, a seguito di concorso, è del 24 aprile 1855 [Nota 10] .
I molti servizi prestati e gli “elogi reali” ricevuti già nel 1847, probabilmente, lo pongono in una posizione di benevolenza da parte della Regina che, alla supplica del Chirurgo, non esita a dare il proprio consenso.
Non è certo quando Giuseppe De Leo si sia rivolto alla Regina inviando la propria supplica (che non è stato possibile rintracciare), né quando i lavori di realizzazione dell’abito siano stati commissionati.
Certo è che dalla documentazione reperita [Nota 11] , si evince che in data 23 giugno 1858, al n. 896 del registro della Cassa privata di Sua Maestà la Regina (Dio Guardi) è presente, a firma del signor marchese don Michele Imperiale, un Elenco dei pagamenti che debbonsi adempire dallo incaricato Cav. D. Giovanni Rossi in esecuzione degli ordini comunicatigli, nel modo qui appresso indicato; pe’ quali pagamenti si sono da me sottoscritto somministrati al Rossi medesimo i fondi corrispondenti con polizza di Banco di questa data.
Fra quelli elencati, alla polizza numero 3 è riportato il pagamento da farsi Alla sarta Maria Sorgente per importo di lavori fatti eseguire d’ordine della M. S. per vestire una statua rapp[resentan]te la Vergine SS. del Carmine col Bambino, giusta la nota – [ducati] 733,90.
L’incaricato, Giovanni Rossi, attesta con ricevuta del Banco delle Due Sicilie da lui sottoscritta l’esecuzione del pagamento.
Un maggior dettaglio si trova, poi, nel Registro dei pagamenti effettuati dalla Cassa privata di S.M. la Regina a giugno 1858.
Al numero 12 di detto Registro si trova l’elenco dei Lavori fatti eseguire d’ordine di S.M. la Regina D.G. per vestire una Statua col Bambino della Vergine SS del Carmine.
Le lavorazioni effettuate sono le seguenti:
– Camicia di tela fina con valencienne [Nota 12] allo scollo ed alle maniche (ducati 4);
– Sottanina di tela (d. 5.60);
– Altra sottanina a cordoni (d. 1.80);
– Piccola camicia di tela con valencienne (d. 1.60);
– Per canne [Nota 13] 5 ½ di roba tessuta in oro a d. 9.60 la canna (d. 52.80);
– Taffetas [Nota 14] e mussolina [Nota 15] per la fodera di due abiti (d. 6);
– Nastro per la cintura e per tutt’altro (d. 1.60);
– Blonda [Nota 16] per la guarnizione de’ due abiti (d. 2.40);
– Moire [Nota 17] antico pel manto, palmi 20 a d. 10 la canna (d. 25);
– Florence [Nota 18] per la fodera dello stesso (d. 6.20);
– Frangia d’oro pel manto e per gli abiti (d. 18.70);
– Laccetto con fiocchi (d. 2.20);
– Spese minute per tutto (d. 1.20);
– Fattura de’ due abiti e del manto (d. 8);
– Pagato al parrucchiere (d. 10);
– Da pagarsi alla ricamatrice giusta la nota (d. 500);
– Da pagarsi per le due corone d’argento dorato con pietre, giusta la nota (d. 85);
Ducati 733.90 [firmato] Maria Sorgente [Nota 19] .
Alla data del 23 giugno 1858 i lavori vengono pagati, quindi sono già stati realizzati dalla ricamatrice e dalla sarta Maria Sorgente, che firma di proprio pugno la ricevuta.
Come è possibile osservare dalla nota di pagamento, il costo maggiore è assorbito dai lavori di ricamo (500 ducati), la cui esecuzione dovette richiedere molto tempo e lavoro.
Da tale considerazione si può presumere che la richiesta/supplica di Giuseppe De Leo è stata rivolta alla Regina almeno molti alcuni prima del giugno 1858, mese di termine dei lavori.
Dopo il pagamento, il 23 giugno dello stesso anno, il manichino e il vestito, ben conservato in una cassa di legno, presero la strada per Campolieto, presumibilmente arrivando in paese in tempo utile per le festività di luglio.
Una bella litografia, che ancora arricchisce la cassa dove è conservato l’abito festivo, rappresenta la Madonna del Carmine, dalle cui mani pende l’abitino, che sorregge il Bambino. Essa è opera di Francesco Apicella, con bottega al numero 38 di s. Biagio dei librai a Napoli.
Resta, invece, ancora sconosciuto l’autore del manichino commissionato da Giuseppe De Leo.
Le vicende che ha vissuto l’abito dopo il 1858, legate al contenzioso fra Comune di Campolieto e Chiesa, sono tracciate nel citato articolo del 2018. Arrivati al 166.mo anniversario dell’arrivo del vestito reale (1858-2024), la devozione del popolo campoletano verso la Vergine del Carmine, comunque, resta ancora viva e il rito della vestizione è tutt’oggi praticato.
In conclusione, però, va detto che il rito della vestizione non prende inizio col vestito del 1858 che, certo, impreziosisce e nobilita la cerimonia e riveste di magnificenza la figura della Madonna e del Bambino.
Infatti, se pur più modesto abito esisteva ben prima del dono reale. Lo dimostra un antico documento. In occasione dei sopralluoghi necessari per gli adempimenti da farsi a seguito delle leggi che decidono, fra gli altri, la soppressione del Convento del Carmine, il 7 agosto 1809 viene ripreso in copia un inventario dei beni e degli arredi sacri redatto nel 1802 da don Vincenzo Zaccagnini [Nota 20] .
Da esso si evince che, all’epoca (1802), presso la Chiesa del Carmine annessa al
Convento esiste un quadro della Vergine del Carmine “con portiere di calamo e seta”, una “vesta della Vergine del Carmine color violaceo ricamata in seta col manto bianco […] due corone per la Vergine e Bambino di rame inargentato […] due parrucche per la statua della Vergine del Carmine” [Nota 21] .
Ma questa sarà un’altra storia.
Note:
* Le immagini dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli sono pubblicate su concessione del Ministero della Cultura. Un ringraziamento al personale dell’Archivio di Stato di Napoli per la disponibilità e la fattiva collaborazione; un grazie particolare all’amico Lorenzo Terzi che, assecondando bonariamente le mie ossessive ipotesi di ricerca, mi ha permesso di dare corpo “documentale” all’intuizione iniziale.
1 Lo stesso articolo, oltre che in “Notizie interne, estratte dal Giornale costituzionale del Regno delle Due
Sicilie” (n. 23 del 1858, p. 200), compare anche in “Il vero amico del popolo”, Roma, n. 104 del 18 settembre
1858, p. 427.
2 Vedi (https://www.treccani.it/enciclopedia/maria-teresa-di-asburgo-lorena-regina-delle-due-
sicilie_(Dizionario-Biografico)/, 30.06.2024.
3 Vedi post di Nicola Monacella in https://www.facebook.com/share/p/efDjsLwgAaR8axTB/, 30.06.2024.
4 Ruoli de’ generali ed uffiziali attivi e sedentari del Real Esercito e dell’Armata di mare di Sua Maestà il Re
del Regno delle Due Sicilie per l’anno 1846, Napoli, Dalla Reale Tipografia Militare, 1846, p. 183.
5 L’ospedale militare più importante (detto Ospedale Centrale) era quello della Santissima Trinità dei
Pellegrini, situato a Napoli (500 ricoveri). Gli Ospedali di I classe (300 ricoveri) erano situati a Napoli,
Palermo, Capua, Nocera e Pescara. Gli ospedali di II classe (200 ricoveri) erano situati a Caserta, Gaeta,
Nola e Messina. Gli ospedali di III classe (100 ricoveri) erano situati a Cava, Trapani e Siracusa. Gli
"ospedaletti" (50 ricoveri) erano situati a Chieti, Ischia, Tremiti, Ponza e Milazzo,
https://it.wikipedia.org/wiki/Esercito_delle_Due_Sicilie#cite_note-ReferenceB-36, 30.06.2024.
6 Archivio di Stato di Napoli (d’ora in poi ASNA), Ministero della Guerra e della Marina, Libretti di vita e
costumi, serie II, Personale medico-sanitario degli Ospedali militari.
7 Ruoli de’ generali ed uffiziali attivi e sedentari del Real Esercito e dell’Armata di mare di Sua Maestà il Re
del Regno delle Due Sicilie per l’anno 1846, Napoli, Reale Tipografia Militare, 1846, p. 183; cfr. anche i Ruoli
[…] redatti al primo gennaio 1853, Napoli, Reale Tipografia Militare, 1853, p. 191.
8 Ruoli de’ generali ed uffiziali attivi e sedentari del Real Esercito e dell’Armata di mare di Sua Maestà il Re
del Regno delle Due Sicilie, Napoli, Reale Tipografia Militare, 1860, p. 202.
9ASNA, Ministero della Guerra e della Marina, Libretti di vita e costumi, serie II, Personale medico-sanitario
degli Ospedali militari.
10 Ruoli de’ generali ed uffiziali attivi e sedentari del Real Esercito e dell’Armata di mare di Sua Maestà il Re
del Regno delle Due Sicilie, Napoli, dalla Reale Tipografia Militare, 1857, p. 213.
11 ASNA, Maggiordomia maggiore e soprintendenza generale di Casa Reale. Archivio amministrativo. Terzo
inventario. Cassa privata di Sua Maestà, fasc. 572.
12 Tipo di merletto molto fine, in lino o cotone, lavorato a fuselli su fondo a rete, ricco di motivi in genere
floreali, prodotto originariamente nell’omonima città francese.
13 La canna costituiva la misura di grandezza utilizzata prima dell’introduzione del sistema metrico decimale.
In base all’editto del 6 aprile 1480, emanato da Ferdinando I d’Aragona, veniva utilizzata la canna composta
da 8 palmi avente valore di 2,109360 metri e metri 2,6455026 con la Legge 6 aprile 1840.
14 Tessuto in seta, con armatura a tela, leggero e molto fine.
15 Tessuto di cotone, detto anche madapolam, con armatura tipo tela, realizzato con filati fini; molto morbido
al tatto.
16 Speciale trina sottilissima a fuselli, lavorata in seta, per abbellimento delle vesti muliebri.
17 Seta con speciali effetti cangianti.
18 Taffetà leggero.
19 ASNA, Maggiordomia maggiore e soprintendenza generale di Casa Reale. Archivio amministrativo. Terzo
inventario. Cassa privata di Sua Maestà, fasc. 574.
20 Sepolto presso l’Abbazia di santa Maria del Romitorio.
21 Archivio di Stato di Campobasso, Monasteri soppressi, Campolieto, b. 9, fasc. 60.
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