La costa e la sua controfaccia

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il dirimpettaio del litorale molisano è l’arcipelago delle Tremiti. Ci si soffermerà sui problemi di conservazione di questi due ambiti riconoscendo che quello insulare è meno soggetto a processi di trasformazione spiegando le ragioni di ciò (Ph. F. Morgillo-Uno scorcio delle Tremiti)

La zona costiera è la parte del Molise maggiormente investita da processi di trasformazione, da un lato perché trattasi di una fascia, una delle poche, di terreno pianeggiante presenti nella regione il quale è la condizione morfologica favorevole per gli insediamenti abitativi e produttivi e per il passaggio di infrastrutture viarie e ferroviarie, dall’altro lato per la presenza del mare, un forte “attrattore” turistico. Non tutto è oro quello che luccica perché è anche un ambito in cui si registrano forti pressioni sull’ambiente. Vediamo quali sono le minacce maggiormente preoccupanti.

Vi è l’ampliamento del porto di Termoli con la costruzione di una diga foranea assai lunga la quale adiacente com’è al Borgo antico ne altererà l’immagine che è poi quella tipica del villaggio di pescatori mediterraneo separando in un lato l’esteso muro il promontorio su cui sorge dalla distesa marina. Il porto è un’opera di grande impatto: in un precedente intervento di allargamento del bacino portuale si era dovuto deviare il corso del Rio Vivo che qui sfociava, il cui trasporto di detriti, più o meno, solidi avrebbe richiesto continui lavori di dragaggio.

In prossimità del nucleo medioevale della cittadina adriatica, questa volta sulla terraferma, vi è il progetto per il momento sospeso (non vi è notizia che sia stato ritirato) di costruzione di un megaparcheggio interrato, mentre è fuori terra, parzialmente, il residence contenuto nella stessa proposta progettuale il quale dovrebbe fronteggiare da vicino proprio il Castello Svevo, uno dei principali monumenti molisani. Non è solo il “capoluogo” del comprensorio litoraneo ad essere oggetto di tentativi di manomissione ambientale. Il più “audace” è quello dell’edificazione di un complesso turistico-residenziale denominato South Beach a Montenero di Bisaccia.

Esso inventato dal nulla è un insieme di volumi architettonici di grandi dimensioni che si sviluppano di molto anche in altezza. Tale agglomerazione edilizia, tra l’altro, soffocherebbe il tratturo che vi cammina in mezzo. Oggi è allo stato di ipotesi, ma non si ha certezza che si sia soprasseduto alla sua attuazione. A trasformare il paesaggio, adesso marittimo e non terrestre, vi è l’installazione in previsione di una serie di torri eoliche a mare che se apporta indubbi benefici alla bilancia energetica rappresentando un contributo alla riduzione delle emissioni climalteranti ha, comunque, conseguenze sull’integrità del panorama marino.

Le politiche di mitigazione da mettere in campo per far fronte ai cambiamenti climatici dovrebbero contenere misure per favorire l’arretramento dalla battigia delle attività antropiche con divieti, ovviamente, per nuove edificazioni prospicienti la spiaggia in quanto è prevedibile l’innalzamento del livello del mare se non si riuscirà ad arrestare il riscaldamento globale del pianeta e, però, di ciò si discute ancora poco. La costa molisana, si avverte stiamo passando ad un nuovo argomento, presenta una unicità nella riviera adriatica ed è quella di avere un dirimpettaio che è costituito dalle Isole Tremiti.

Pur se fronteggianti e pur se a distanza contenuta sono ambiti territoriali completamente dissimili non fosse altro che dal punto di vista fisiografico. Le ragioni geografiche, geologiche, ecc. sono davvero dirimenti anche se concorrono, in maniera indubbiamente meno incisiva a determinare la diversità delle problematiche tra questi due comprensori che si affacciano sullo stesso specchio d’acqua dai lati opposti pure motivi legati al fattore antropico. Non, certo, va detto, a vincoli morfologici perché sono entrambi territori abbastanza pianeggianti, non sono le Tremiti isole vulcaniche, quindi occupate da qualche rilievo montuoso, vedi le Eolie, idonei all’edificazione.

La principale differenza sta nel regime di proprietà dei suoli che nelle Tremiti in origine è tutta demaniale. Un demanio militare come si conviene a una fascia costiera sulla quale, ovunque, ha sempre gravato una servitù legata alle esigenze di difesa nazionale perché qualsiasi litorale è letteralmente Confine di Stato. Contrariamente a quanto si verifica sul continente dove la parte vincolata è limitata alla battigia in un’isola di dimensioni ridotte l’interfaccia con il mare essendo l’intero perimetro è, giocoforza poiché la porzione esclusa sarebbe una quota troppo limitata della stessa, tutta la sua superficie ad essere ricompresa nel vincolo.

Da qui ne discende che poiché possesso statale lo spazio è rimasto sottratto alle spinte speculative che hanno investito invece le strisce litoranee continentali per la pressione del turismo. Qua, cioè alle Tremiti, in proporzione alla loro grandezza l’occupazione di terreno ai fini della ricettività per vacanze è molto inferiore a quella che è avvenuta nelle zone marine della terraferma nonostante che, ancora in rapporto alla estensione, il flusso turistico sia molto superiore a quello dell’areale a vocazione balneare del Basso Molise. Gli unici lotti edificabili a disposizione dei privati in cui, in effetti, si è avuta la costruzione di alberghetti e locande e di, poche, residenze sono quelli che furono assegnati dal Governo ai deportati per farci la propria casa.

E sì, i primi abitanti di queste isole, insieme alle prostitute inviate lì per permettere loro di mettere su famiglia, sono stati ex-detenuti. La colonia penitenziaria stava a S. Domino mentre S. Nicola apparteneva ad un’abbazia benedettina che era in loco fino al momento della soppressione degli ordini monastici avvenuta all’indomani dell’Unità d’Italia con incameramento da parte del pubblico dei loro beni. La colonia penale, comunque, va intesa ricomprendente la totalità dell’arcipelago poiché formato da isole, isolotti e scogli che sono vicinissimi fra loro, li dividono lingue di mare, non sono entità fisiche davvero separate; per spostarsi dall’una all’altra basta una barca a remi non navigli per guidare i quali occorrono conoscenze di marineria. In definitiva non si sbaglia assai se le si considera una sola isola, non componenti di un arcipelago. La condizione di insularità che è sinonimo di separatezza è relativa all’insieme e ciò rende tale raggruppamento di isole un sito ottimale per confinare i prigionieri.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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