Bassomolise, i pantani, alto e basso, rimasti solo come nomi di luoghi
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Con l’azione di bonifica sono scomparse le paludi costiere e anche le ampie distese forestali che coprivano ampie aree del comprensorio bassomolisano. Tutto ciò per far posto alle coltivazioni (Ph. F. Morgillo-Un tratto del paesaggio bassomolisano)
Neanche nella restante parte della regione i boschi sono stati risparmiati, vedasi l’accorata denuncia di Vincenzo Cuoco contro il disboscamento delle colline molisane per la fame di terra da coltivare sul finire del XVIII secolo. Nel basso Molise l’eradicamento delle superfici boscate, iniziato un secolo dopo, fu più intenso che altrove e ciò non perché di aree forestali c’era meno bisogno, magari in ragione del clima mite che riduce il fabbisogno di legna per il riscaldamento domestico. Occorreva eliminare per un altro motivo le foreste, vedi il Bosco Tanasso, ed era che andavano prosciugati i terreni i quali, una volta allontanata l’acqua e tolti gli alberi, dovevano trasformarsi in suoli coltivabili.
Allo scopo, allo scopo della bonifica idraulica, vennero realizzate delle idrovore i resti di una delle quali era ancora visibile qualche decennio fa sul litorale di Campomarino e l’altra sta nella piana del Saccione. Queste speciali pompe servivano ad aspirare l’acqua stagnante nelle zone depresse, poste a quote inferiori a quella del mare, e convogliarla, mediante tubazioni, nella distesa marina, la prima, o in un’asta fluviale, il Saccione, la seconda. Non tutto il territorio così bonificato venne ricondotto a coltura perché nella striscia litoranea si conservò la natura boscata dei luoghi solo che le vecchie essenze arboree, latifoglie, vennero sostituite con nuove, conifere. Le pinete litoranee sono oggigiorno uno dei caratteri distintivi del nostro paesaggio costiero.
Al posto di piante autoctone se ne misero a dimora altre alloctone, in particolare gli eucalipti specie vegetale di origine australiana la quale ha il grande merito di succhiare con le sue radici l’acqua presente nel sottosuolo impedendo che esso si saturasse per troppa imbibizione rendendolo incapace di assorbire le acque di scorrimento superficiale. Gli eucalipti quindi hanno fornito un contributo all’opera di bonifica. Da considerare poi, per comprendere pienamente l’importanza di prosciugare i ristagni idrici che questi favoriscono la proliferazione delle zanzare la cui presenza limita il lavoro nei campi.
Le zanzare, fino ad allora, fin quando cioè non si decise di procedere al popolamento di questo vasto comprensorio paludoso con l’insediamento di famiglie coloniche ivi, non erano considerate un problema perché questi insetti non sono una minaccia per gli agglomerati urbani e, dunque, Termoli, l’unico centro abitato di pianura, non avvertiva tale problema, tale pericolo. Nella lotta alle zanzare oltre che con il “risanamento” delle zone umide si è agito, vedi la Pianura Pontina, facendo uso del ddt portato dagli Americani nel dopoguerra. Nel distretto bassomolisano l’unica area umida, che chiamiamo così nonostante non sia rientrata tra quelle riconosciute dalla Convenzione di Ramsar del 1971, che è, parzialmente, rimasta è un pezzo dell’agro di Campomarino denominato Le Fantine.
Esso ha la peculiarità di essere prospiciente alla marina, rappresentando così una specie di fascia di transizione poiché, a tratti, bagnata tra il paesaggio per così dire liquido, quello dell’Adriatico cha ha di fronte e il paesaggio “solido” della terraferma che è alle sue spalle. Vale la pena segnalare, per quanto riguarda i quadri paesaggistici connotati da acquaticità che tra gli habitat naturali censiti sulla costa regionale all’interno della Rete Ecologica Europea di cui al programma Natura 2000, vi è il Mattoral, la prateria periodicamente allagata. Non sono bastati per risanare il territorio i canali di drenaggio, ma si è reso necessario canalizzare, trasformare in canale rettificandolo il Biferno, il fiume che è in posizione centrale dell’unità territoriale oggetto di bonifica, per favorire il deflusso idrico in località, significativamente, Pantano Alto.
Per quanto riguarda il Trigno si nota che esso nel suo segmento terminale non forma più confine con l’Abruzzo e ciò è l’esito degli spostamenti della sua foce, al plurale perché ripetuti in quanto alla ricerca continua dello sbocco a mare. Vi deve essere stata una progressiva occlusione del suo alveo da parte dei sedimenti che esso ha trascinato con sé l’accumulo dei quali man mano ha impedito il suo accesso nella distesa marina. Solo una volta liberato il suo letto dai detriti, cosa avvenuta in concomitanza con l’azione bonificatrice del suolo, con la “redenzione delle terre”, ha potuto riprendere il suo incedere dritto che è quello originario, ma intanto il Molise aveva occupato uno spicchio di territorio abruzzese.
Che l’andamento in origine fosse dritto è presto dimostrato: i fiumi appenninici quali sono il Trigno e il Biferno hanno la caratteristica di correre perpendicolarmente all’Appennino e alla costa, componenti territoriali evidentemente parallele fra loro, al fine di minimizzare il percorso per cui la loro foce è predeterminata, dipende dall’ubicazione della sorgente (per il Trigno in verità il discorso è un po’ più complicato). In altri termini il punto di ingresso nel mare è deciso a monte, proprio a monte poiché è conseguenza della posizione della scaturigine che è immancabilmente montana. Gli inerti sempre più fini che il fiume trasporta vengono a formare i cordoni dunali i quali bloccano, in quanto barriere continue, il travaso delle acque dal bacino fluviale al bacino marino e, quindi, si vengono a creare i pantani, il Pantano Basso. Le dune sono sopravvissute a Petacciato mentre a Vasto, appena fuori la porta di casa, si è avviato un programma per la ricostituzione dell’ambiente dunale recintando allo scopo una porzione di spiaggia, cosa che è auspicabile avvenga pure a casa nostra.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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