Corsi d’acqua fuori norma
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Se è vero che non esiste una regola unica a cui i corpi idrici devono attenersi è anche vero che alcuni sono assai anormali. L’ortodossia comunque non è detto che sia un valore, l’irregolarità a volte rende interessanti le aste fluviali (Ph. F. Morgillo-Un tratto del fiume Quirino poco prima dell’innesto nel Biferno)
I corsi d‘acqua non sono una categoria del tutto omogenea. Ci sono differenziazioni fra loro, qui illustriamo le eccezioni rispetto al modello ideale di fiume che ricorre nella manualistica e, pure, nel modo di sentire comune avvertendo che l’ordine che si seguirà nell’esposizione è abbastanza casuale. Il primo caso è quello del torrente Callora. Esso è un corpo idrico che nasce assai in alto, sul Matese. Un apporto significativo lo riceve prima di arrivare a valle dal Rio. Quest’ultimo trascina con sé i detriti di roccia sgretolata dai cicli di gelo-disgelo scivolati dal circo glaciale denominato Fontanone e passati attraverso lo Scaricaturo, una stretta gola fra Forca di Cane e i Campanarielli, tutti nomi mitici un tempo per i pastori e ora per gli escursionisti, e li conferisce al Callora.
Essi una volta giunti nel piano, persa velocità la corrente del torrente e quindi capacità di trasporto si depositano sul suo letto innalzando sempre più il fondo dello stesso. L’acqua continua a scorrere sotto questo materasso di inerti di consistente spessore riaffiorando solo nel punto in cui il Callora si innesta nel Rio Bottone. In effetti, nei momenti di maggiore portata l’acqua riemerge sulla superficie di questo spesso strato di ciottoli divenuto ormai saturo. Per quanto riguarda i ciottoli, siamo al cospetto di sassi di piccolo taglio, sassolini, in quanto quelli più grandi il torrente, data la sua minore energia idraulica in pianura, non è in grado di spingerli oltre. Non c’è, però, il pericolo di inondazione perché l’alveo risulta assai incassato.
Non ci allontaniamo molto da questo rio in quanto rimaniamo nell’agro di Boiano per parlare di una diversa tipologia di corpo idrico, quella dello “scolmatore di piena”. Al fine di evitare che i corsi d’acqua, minimi, che scendono dal versante matesino sovrastante l’abitato di Boiano nel 1980 si decise di dirottarli, il Fosso di S. Vito e il Ravone, dopo averli intercettati con un “canale di gronda”, in un, adesso, canalone all’esterno dell’area urbanizzata di sezione costante avente forma trapezoidale con setti cementizi. Un’opera che ha, di certo, una notevole incidenza sul contesto paesaggistico e che, però, si va rinaturalizzando a causa della crescita di vegetazione spontanea al suo interno.
Se ciò è un bene dal punto di vista percettivo nello stesso tempo è un male dal punto di vista della sicurezza poiché inficia la sua funzionalità provocando le piante l’ostruzione del deflusso idrico. L’allontanare le acque dall’insediamento antropico potrebbe aver comportato la difficoltà di irrigazione degli orti periurbani. Una terza singolarità è quella del canale S. Nicola a Monteroduni, un corso d’acqua canalizzato da lavori di bonifica del suolo che hanno interessato quest’ ambito. Il predetto canale dopo aver fatto il suo compito di irrigare i terreni scompare e poi riappare più in basso e tale salto di quota lo risolve tramite una cascatella. Di fiumi sotterranei veri e propri ce n’è uno, almeno un suo pezzo, appena fuori del Molise, ma è stato molisano fin quando non fu istituita la provincia di Caserta operazione per la quale fu necessario uno smembramento di una parte della nostra regione, ed esso è il Lete.
Il Volturno del quale è affluente il Lete, sta in questa rapida carrellata dei corsi d’acqua che presentano particolarità per il suo andamento non “ortodosso” poiché nasce in Molise, in territorio per così dire adriatico, e sfocia nel Tirreno. È da notare che così facendo questa asta fluviale si trova a cambiare non unicamente regione amministrativa ma anche climatica passando da quella a clima Continentale che contrassegna l’ambito molisano a quella Mediterranea che, invece, distingue la Campania. Nella prima, in buona sintesi, le stagioni si riducono a due, una calda e una fredda, mentre nella seconda si hanno le classiche quattro stagioni e ciò non può non avere conseguenze sulla piovosità e, a cascata, sul livello delle acque in un fiume.
Si premette che quanto stiamo per dire a proposito del Volturno sono semplici curiosità, è arduo specularci sopra per scoprire le ragioni di queste peculiarità del Volturno. Iniziamo con l’osservare che esso va in direzione sud, non si ha conoscenza di fiumi che per sfociare seguono la direttrice nord per cui tale orientamento appare “naturale” ovvero normale. Il Volturno vuole proprio stupirci e in effetti ci riesce anche mediante il dissentire dal comportamento ordinario dei fiumi appenninici i quali se hanno origine nel lato adriatico dell’Appennino vanno nell’Adriatico e viceversa; il Biferno che sgorga dal Matese, Appennino Meridionale, va correttamente verso l’Adriatico, al contrario il Volturno che viene dal fianco delle Mainarde, Appennino Centrale, che volge verso l’Adriatico si riversa, sorprendentemente, nel Tirreno.
Un atteggiamento difforme nel sistema idrografico regionale, è l’ultimo caso eretico che vediamo, lo hanno i corpi idrici della fascia costiera. La logica generale che è quella di avere i corsi d’acqua organizzati gerarchicamente viene contraddetta dai rivi costieri i quali non appartengono ai bacini idrici principali, il trignino, il bifernino, ecc. ma si buttano direttamente al mare, senza alcuna intermediazione (il Mergolo, il Tecchio, il Sinarca per citarne alcuni).
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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