Campobasso, ricomprendere nel centro-città il centro storico

di Francesco Manfredi-Selvaggi

La proposta è quella di trasformazione di una parte del borgo medioevale, quella attigua alla zona centrale della nostra cittadina, in una specie di gran bazar e di apertura di un gran caffè nel suo baricentro. Se gli immigrati formassero una massa critica esso potrebbe essere un suq con la vendita di prodotti artigianali locali e etnici (Ph. F. Morgillo-Villa Flora)

Che strana sorte ha subito il centro storico di Campobasso, nell’arco di due secoli, cioè dalla creazione del Borgo Murattiano ad oggi, è passato dall’essere un’entità urbana compiuta in sé stessa a una porzione di città; sia come superficie occupata sia come abitanti l’agglomerato antico il cui perimetro un tempo coincidente con l’interezza dell’insediamento rappresenta ormai una parte minoritaria della nostra cittadina. Per certi aspetti, ovvero per la sua marginalità economica e sociale, il nucleo originale può essere definito una periferia non lo è, però, se intendiamo con questa parola anche la lontananza dalla zona centrale dell’abitato perché il centro storico sta fianco a fianco all’attuale centro del capoluogo regionale.

Non si capisce perché non possa essere integrato con questo, costituirne una estensione, almeno la fascia bassa del borgo medievale. Si potrebbe aprire un Grancaffè o una sala da tè nella centralissima, perlomeno per il vecchio agglomerato, piazza S. Leonardo anche vista la presenza di sufficiente spazio per la collocazione di tavolini all’aperto (all’aperto si è detto, non in un dehor!), in numero limitato beninteso. Un bar prestigioso tradizionalmente caratterizza i centro-città. La via dello shopping che ora è rappresentata dalla sequenza di negozi che dal Corso passando da piazza Prefettura arriva alla via Cannavina potrebbe allungarsi ulteriormente proseguendo lungo le due direttrici viarie che si imboccano da piazza S. Leonardo l’una che porta verso porta, non è una ripetizione, S. Antonio Abate e l’altra che va in direzione di porta S. Paolo.

Queste due strade vanno in verso opposto, ognuna verso, anche questa non è una ripetizione, una delle due porte nominate innanzi anche se nell’insieme possono essere considerate un unico percorso viario inframezzato proprio nel mezzo da piazza S. Leonardo da cui si biforca. Che si prestino tali assi stradali a diventare strade commerciali è subito dimostrato: la loro pendenza, sensibilmente più accentuata, ma, comunque, non incompatibile con la deambulazione da diporto, in via S. Antonio A., davvero minima per un consistente pezzo di via Ziccardi, permette il passeggio e, dunque, la passeggiata per gli acquisti.

Si verrebbe a configurare un’intera area che comprende il Borgo Murattiano e la striscia del centro storico che declina verso il piano da trasformare in un polo per il commercio capace di fare concorrenza ai centri commerciali ubicati in ambito periferico. Va da sé debba essere una zona pedonalizzata, cosa che in effetti è già essendo limitato il transito con le auto solo ai residenti. Si tratterebbe, quelli ricavati negli stabili che contornano tale antico nastro viario, di piccoli negozi, non certo, data la dimensione dei locali che dovrebbero ospitarli contenuta, non di grandi magazzini di vendita.

Lo “sfruttamento” quali esercizi pubblici dei vani che prospettano su questo ipotetico centro commerciale lineare con camminamenti all’aria aperta, favorisce, da un lato, la rivitalizzazione dell’aggregato storico e, dall’altro lato, il riutilizzo di superfici degli immobili poste a livello stradale oggi vuote attribuendo loro una nuova destinazione d’uso con rivendite dei vestiti, borse, oggettistica, ecc. e magari anche esercizi di vicinato per la popolazione del posto che si spera aumenterà, tipo alimentari, macelleria, lavanderia che oggigiorno sono scomparsi. Per la presenza nel vecchio borgo di persone immigrate che vi si sono stabilite è prevedibile la comparsa di negozietti “etnici” e contemporaneamente la nascita o la ripresa, si confà al luogo, di botteghe artigianali in cui è possibile acquistare manufatti made in Molise. In definitiva una specie di gran bazar se non un suq.

È da accettare il rischio che vi si installino fast food il quale non è in linea con l’elevato valore culturale di questo settore urbano, mentre sono i benvenuti gli street food. Ciò per quanto riguarda gli ambienti terranei mentre quelli sotterranei di cui Campobasso è dotatissima da tempo sono stati trasformati in ristoranti o pub i quali animano la nostra vita notturna. Rimanendo alla quota di “campagna” si deve dire che il problema del reimpiego dei volumi, una volta terminato il loro utilizzo per stalla, rimessa, ecc. è comune a tutti i centri storici della regione. Partendo dalla striscia di contatto tra l’insediamento antico e quello moderno di cui si è finora discusso arriviamo al punto nodale di questo intervento che è la congiunzione/disgiunzione tra città vecchia e città nuova che è stato sempre un tema caldo nella storia urbana.

È emblematica la vicenda che ha riguardato la porta Maggiore, quella posta al termine/inizio di via Cannavina la quale, chiusa, serviva a separare l’insediamento medievale dall’edificato extramurario, una separazione netta. La gente del sobborgo si sentiva esclusa dalla vita del borgo, la faccenda dei Trinitari e Crociati. Per favorire le relazioni tra coloro che risiedevano dentro le mura e quanti alloggiavano all’esterno la porta principale ovvero Maggiore venne demolita. Attualmente la situazione sembra essersi capovolta, è come se il fantasma della porta scomparsa aleggiasse ancora e che, però, adesso la sua chiusura servisse a impedire a chi vive all’interno del centro storico di usufruire delle opportunità che offre la città moderna.

Ad essere emarginati appaiono al giorno d’oggi i novelli Crociati, la storia è andata a favore dei Trinitari, altro che riappacificazione, fra Girolamo da Sorbo rimarrebbe costernato. È nelle cose, comunque, la fusione tra il passato e il contemporaneo, il futuro nessuno lo sa. La porta Maggiore, il suo ectoplasma, mette in collegamento diretto, dritto si potrebbe dire perché via Cannavina è dritta, la piazza maggiore del nuovo centro con quella del vecchio; tutto è a portata se non di mano di occhio, le cose dell’antichità e della modernità stabiliscono fra loro una relazione naturale.

Francesco Manfredi Selvaggi623 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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