Dalla old town di Campobasso alla new town di Ferrazzano

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il borgo antico del capoluogo regionale e il quartiere ferrazzanese di Nuova Comunità. Sono più le cose che le dividono che quelle che le uniscono. Tra le prime vi è ovviamente la datazione, l’una è medioevale l’altra contemporanea, tra le seconde vi è lo svilupparsi su un pendio con effetti scenici rapportabili, cioè per la molteplicità di angoli visuali che si aprono a chi percorre le loro strade (ph. L’old town di Campobasso)

Si è, per fortuna solo in parte, abbandonato il vecchio borgo, l’old town, e se ne è costruito un altro, una new town, su un diverso rilievo collinare. Non si può proprio dire a immagine e somiglianza del primo e, però, l’intenzione dei suoi promotori è stata quella di rifare un borgo tradizionale. Stiamo parlando di Nuova Comunità la quale prende ispirazione dagli insediamenti storici con le strade curvilinee, gli edifici aggregati in maniera variegata, l’uso di materiali locali, il mattone, in facciata ritenendo che questi fossero i caratteri salienti di un agglomerato medievale. Sono queste regole adottate tutte presupposizioni su quali fossero le caratteristiche distintive degli aggregati del passato che, però, si rivelano essere semplicemente degli stereotipi con riscontri parziali nella realtà concreta di tali centri.

Si prenda l’ubicazione che non è detto debba ricadere su un colle o, almeno, l’interezza dell’abitato come succede a Nuova Comunità e neanche occorre che i percorsi presentino curve accentuate e per dimostrare queste due affermazioni ci serviamo del caso della zona bassa del nucleo antico di Campobasso. Qui il suolo è in piano contrariamente a quanto ci si aspetta per un’entità urbana risalente all’Età di Mezzo, al modello ideale preso a riferimento nel progetto del quartiere ferrazzanese. Per quanto riguarda la viabilità essa in questo pezzo della vecchia Campobasso è costituita da un lungo asse con una configurazione latamente curviforme, una specie di curvone poco accentuato che segue la curvatura della cinta muraria.

C’è, poi, che questa asta, curva e non dritta beninteso, seppure suddivisa in due tronconi, via S. Antonio Abate e via Ziccardi, da piazza S. Leonardo è continua, non vi è la suddivisione viaria in plurimi segmenti che si ritrova nell’esperimento insediativo di Ferrazzano pur unificati dal medesimo nome di via Leonardo da Vinci. Questo tracciato forma degli zig-zag i quali ben si addicono alle realtà urbanistiche di collina, ognuno dei quali potrebbe aspirare ad avere una denominazione propria. Il fatto che l’andamento delle percorrenze nella parte bassa della Campobasso antica disegni un arco di cerchio è dovuto sia, ci si riferisce alla metà del percorso, via Sant’Antonio Abate, che collega la porta omonima con piazza S. Leonardo, alla necessità del superamento in maniera agevole del salto di quota tra questi due punti che hanno altimetria diversa, e sia alla circostanza che esso segue il perimetro delle mura urbiche le quali, ai fini della difesa, è bene siano di forma semicircolare.

Sarebbe meglio collocare l’osservazione che si sta per fare in coda all’esposizione della tematica dei tragitti stradali senza interrompere la continuità del discorso in corso, ma se si facesse così potrebbe sembrare che la preannunciata osservazione riguardi un aspetto marginale poiché starebbe ai margini del predetto discorso e, invece, riguarda una cosa rilevante. La faccenda è che la new town posta al confine tra il capoluogo regionale e Ferrazzano si potrebbe chiamare pure garden city per la presenza al suo interno di giardini a corredo delle residenze e questa è una differenza notevole tra il centro storico e la lottizzazione ferrazzanese.

Nell’aggregato abitativo campobassano il verde che è appannaggio esclusivo di alcune abitazioni e, addirittura, è nascosto alla vista della cittadinanza da un muro di recinzione e relegato nella striscia terminale, il termine superiore, dello stesso in prossimità della chiesa di S. Bartolomeo. In definitiva Nuova Comunità ha due riferimenti ideali, due fonti di ispirazione nel disegno di piano, da un lato le unità urbane sorte nel Medioevo e dall’altro lato una unità rurale, il villaggio, è, cioè, un insieme di urbano e rurale. Se per assomigliare alle entità cittadine di un tempo le quali perseguivano l’arroccamento sulle alture ai fini di protezione, Nuova Comunità, lo si è fatto già notare, è su pendio, per evocare i piccoli raggruppamenti edilizi i quali stanno nell’agro essa è situata in periferia, quasi in campagna.

I sobborghi, così si può definire Nuova Comunità, hanno una densità fondiaria minore di quella delle aree centrali; nelle vie S. Antonio Abate e Ziccardi, siamo tornati al focus della nostra trattazione, il rapporto tra superficie libera e quella occupata dai fabbricati è nettamente a favore della seconda e non vi è neanche un metro quadro coperto da vegetazione (l’adiacente piazza dell’Olmo è di nome, ma non di fatto), non è assolutamente possibile in tale riguardo una comparazione con Nuova Comunità.

È da sfatare pure la credenza che nell’antichità le case avessero tipologie molto diversificate fra loro in quanto lungo questa linea non rettilinea bensì semianulare costituita dalla sommatoria di via S. Antonio Abate e via Ziccardi i tipi architettonici sono solamente due, o in linea, la stragrande maggioranza, o a corte, per lo più i palazzi signorili come quello detto “della duchessa”. Al contrario a Nuova Comunità nonostante essa abbia come modello gli annucleamenti storici, il campionario delle architetture tipologicamente parlando è assai vario.

A contraddistinguere dal punto di vista percettivo in maniera forte la porzione dell’impianto storico che ricade nel piano e Nuova Comunità, l’uno, lo ripetiamo, a Campobasso e l’altro a Ferrazzano, è l’allineamento dei fronti edificati lungo le arterie cittadine: nella struttura urbanistica campobassana le facciate sono disposte a formare cortine a fianco alle arterie, nella new town i corpi di fabbrica che affiancano la viabilità urbana hanno i prospetti con orientamento molto diversificato.

Francesco Manfredi Selvaggi633 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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