Sventramento, diradamento, superfetazione, demolizione, sopraelevazione nei centri storici
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Vi sono anche altre categorie di operazioni dannose per il tessuto edilizio antico, dall’Inserimento di nuovi volumi alla Rimozione di elementi architettonici caratteristici. Sono frutto di azioni antropiche spesso determinate da un desiderio di valorizzazione del borgo come la costruzione di una strada per migliorare l’accesso a settori urbani o la creazione di una piazza che “nobilita” l’abitato (Ph. F. Morgillo-Strutture precarie ai margini di un aggregato edilizio tradizionale)
Elenchiamo di seguito, con atteggiamento simile a quello dei periti che valutano gli infortuni i quali nel nostro caso sono quelli che accadono al patrimonio culturale, alcune tipologie di alterazioni che si riscontrano nei centri storici molisani. Le parole chiave per descrivere i tipi di danno rilevabili nelle zone di origine medievale sono: sventramento, diradamento, superfetazione, sopraelevazione, sostituzione edilizia, inserimento di nuovi volumi, demolizione, vuoto urbano, lacuna. Procediamo avvertendo che non seguiremo un ordine preciso. Sventramento è il termine che si addice all’operazione di rimozione della torre angioina che troneggiava al centro del paese di Sepino ancora nel XIX secolo per ricavare al suo posto in quel sito una piazza, azione simile a quella compiuta nel medesimo periodo a S. Massimo di abbattimento delle case che fronteggiavano la chiesa-madre per fare nel loro sedime uno slargo.
Passando dalle piazze alle strade si può chiamare sventramento, non siamo in area urbana bensì periurbana, la soppressione della fascia di orti terrazzata posta al limitare dell’abitato e in stretta connessione con esso per far spazio al passaggio della strada provinciale, siamo a Civitanova; è lo sventramento di un paesaggio. A Pescolanciano è ancora la provinciale a sventrare una parte dell’intorno del borgo antico, non il borgo lo si ripete bensì un pezzo del suo contorno, con l’edificato che viene a trovarsi, il suo livello basamentale, al di sotto della quota di tale nuova arteria la quale fu costretta per ragioni di livelletta a rialzarsi per un tratto rispetto al piano originario; uno sventramento per così dire di striscio non per questo, però, meno doloroso.
L’inserimento di fabbricati contemporanei nei centri storici è un tema assai dibattuto sia in relazione ai connotati architettonici dell’edificio sia in riguardo all’ammissibilità o meno della decisione di procedere a effettuare questi inserti. Un caso eclatante è la scuola di via Pietro Micca ad Agnone che è stata costruita mezzo secolo fa proprio nel cuore della parte storica della città, autentica città d’arte, a due passi dalla bellissima chiesa di S. Francesco. La sua forma deriva direttamente dalle indicazioni contenute nelle istruzioni ministeriali in materia di edilizia scolastica che non permettono alcun tentativo di “ambientazione”, cioè di riproporre caratteri del costruito tradizionale. Rimaniamo nella “capitale” dell’Alto Molise per trattare di un altro degli argomenti preannunciati che è la sostituzione edilizia.
Nell’adeguamento del Palazzo Tirone a sede della Comunità Montana è stato previsto l’affidamento quale struttura portante della sala consiliare a un telaio in cemento armato affiancato alla muratura esistente e così è successo, anche con interventi più radicali, per diversi immobili del comprensorio altomolisano con i fondi per la ricostruzione ex sisma 1984. Rifacimenti completi di epoca recente, la categoria dei lavori è sempre la sostituzione edilizia, previo abbattimento dell’esistente sono, ma siamo fuori del centro storico anche se si è al cospetto di manufatti di interesse storico, quelli dell’ex SAM o ex ENEL che dir si voglia che da rimessa mezzi è diventata supermercato, della Taverna del Cortile per la quale non è contemplato il cambio di destinazione d’uso e, soprattutto, della ex GIL la quale ha subito una profonda rivisitazione delle funzioni, tutti e tre a Campobasso e dintorni.
Visto che ci troviamo nel capoluogo regionale ci restiamo ancora un po’ in quanto il suo centro storico ci dà modo di introdurre la questione delle “lacune”. Sono da intendersi tali oltre che quelle fisiche, i veri e propri buchi nella massa edificata, quelle funzionali, lo stabile che ha ospitato l’Archivio di Stato il quale ora versa in uno stato di assoluta fatiscenza. La differenza tra lacune e vuoti, urbani, sta nelle dimensioni della superficie in cui non c’è nulla, nei secondi essa è molto più estesa. Un vuoto era l’attuale piazza di Busso adiacente al centro storico che si sviluppò lì dove un tempo c’era un’aia comune; uno spazio che non è più utilizzato per la trebbiatura, il quale invece di essere riempito da volumi è stato dotato di elementi di arredo urbano per farne un luogo di incontro.
Anche a Campodipietra c’era un vuoto al centro del paese, una sorta di corte in comune tra le schiere edilizie che lo cingevano da ogni lato, una sorta di retro di queste cortine architettoniche, non visibile dalla viabilità circostante: togliendo un tassello di questa cintura di fabbricati, un corpo di fabbrica basso adibito a deposito posto di fronte alla parrocchiale il cui ingombro non consentiva di ammirare con agio la sua stupenda facciata, è venuta alla luce questa particella vuota che si presta a diventare lo slargo della chiesa. Rimangono da vedere le superfetazioni le quali non necessariamente sono oggetti sgradevoli, prendi la sequenza ininterrotta di bagni pensili in una via secondaria di Baranello, davvero caratteristica, e le sopraelevazioni che non è detto che per forza debbano essere eliminate, di sicuro non l’aggiunta volumetrica che si sovrapponeva alla chiesa di S. Mercurio a Campobasso la quale andava conservata, non tolta poiché segno storico. Incidentalmente si fa notare che un braccio dell’episcopio di Boiano non si pone sopra la chiesa di S. Erasmo bensì dentro, alla stregua di un soppalco. Una fattispecie di danneggiamento che nel Molise non c’è è il diradamento, neanche a Termoli è venuto in mente di allargare il vicolo più stretto d’Italia tagliando delle fette degli immobili che lo delimitano.
Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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