L’impatto di Campobasso sull’intorno intercomunale

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il capoluogo regionale ha ricadute negative sull’intorno, dallo smaltimento dei rifiuti con la discarica situata a Montagano, agli scarichi fognari che si riversano sui fiumi Biferno e Tappino e così via. Un risarcimento, parzialissimo, per i piccoli Comuni potrebbe essere il miglioramento dell’accoglienza dei pendolari che da questi si riversano per varie esigenze in città (Ph. F. Morgillo-I dintorni del capoluogo regionale)

Campobasso in quanto grosso agglomerato abitativo è uno dei principali fattori di inquinamento ambientale nel Molise. I due depuratori urbani, quello sul Rivolo e quello sullo Scarafone, corsi d’acqua che sono chiamati a proseguire l’opera di depurazione dei liquami che queste attrezzature igienico-sanitarie in essi riversano; rimane, comunque, un carico residuo di inquinante che viene convogliato rispettivamente nel Biferno e nel Tappino producendo una qualche alterazione delle condizioni ecologiche di tali aste fluviali che solcano ampie porzioni del territorio molisano. Il capoluogo regionale per non compromettere le valenze naturalistiche di questi bacini fluviali ognuno dei quali comprende molti paesi è tenuto a mantenere in perfetta efficienza i propri sistemi depurativi.

La riduzione dei rifiuti deve essere un obiettivo prioritario per la “capitale” del Molise anche in considerazione del fatto che la discarica in cui vengono sversati è sita in un altro ambito comunale, quello di Montagano, non nel proprio. Il traffico cittadino, è un ulteriore focus sull’attività dell’amministrazione civica, procura una diminuzione della qualità dell’aria sia all’interno del contesto cittadino sia, evidentemente perché l’atmosfera non rispetta i confini municipali, nel comprensorio circostante. Conseguenze sull’areale al contorno del perimetro amministrativo di Campobasso le ha anche il proliferare di costruzioni nell’agro, l’edificato costituendo una barriera fisica alla diffusione di specie animali e vegetali.

Per quanto riguarda il costruito bisogna aggiungere che i siti di estrazione dei materiali impiegati nell’edilizia non sono ubicati nel territorio comunale, un tempo c’erano cave su un versante della collina Monforte, bensì stanno altrove, in comuni anche assai distanti. Il maggior aggregato urbanistico della nostra regione è quello, proprio per la sua dimensione demografica, dove si registrano i più elevati consumi idrici (complessivi, non pro-capite evidentemente). Per soddisfare le esigenze idriche di Campobasso, come degli altri centri serviti, che però sono più piccoli, dagli Acquedotti Sinistro e Centrale alimentati dalle sorgenti di questo fiume, si sottrae acqua al Biferno che è una componente dell’ecosistema di valore primario.

È bene, perciò, tendere al recupero dell’acqua depurata per gli usi non potabili e a evitare gli sprechi. L’urbanizzazione di cui sopra provoca oltre alla frammentazione degli habitat la cementificazione del suolo con un conseguente rischio di modifica del regime idrologico sia superficiale che sotterraneo arrivando a minacciare l’integrità delle falde acquifere. Essere il centro più grande della regione, investito, per di più, del ruolo di capoluogo della stessa investe Campobasso della responsabilità di limitare il suo impatto quanto più è possibile sulle componenti dell’ambiente il quale condivide con il resto del tessuto insediativo, deve essere un esempio di gestione ecologica.

Campobasso deve attenzione ai piccoli Comuni anche in termini di accoglienza dei pendolari che si recano in città per usufruire dei servizi di livello superiore che essa offre. Ci soffermiamo sul punto di sbarco, se così si può dire, in particolare il Terminal, non solo di coloro che viaggiano per motivi di lavoro o di studio, ma anche di quanti vengono qui per acquisti, questi con una cadenza più rada degli altri, visite mediche specialistiche e talvolta pure, con frequenza inferiore di certo, per assistere a manifestazioni culturali, sportive o ricreative lo svolgimento delle quali risulti essere compatibile con gli orari delle corse dei pullman extraurbani. Abbiamo detto che ci interesseremo al Terminal e non alla Stazione ferroviaria.

L’impatto iniziale con la realtà urbana per i pendolari è rappresentato dal Terminal a proposito del quale è interessante osservare la tipologia dell’opera che non è costituita da una sommatoria di elementi distinti, biglietteria, bar, wc, rivendita di giornali e altri box per usi vari, oltre alle pensiline per l’attesa dei viaggiatori, bensì è formata da un unico corpo alla stregua di un padiglione seppure privo di setti di chiusura ai lati. In definitiva il Terminal è fatto da una copertura continua sotto la quale trovano collocazione tutti i servizi necessari alle persone in transito indicati sopra i quali non occupano l’intero ambito coperto rimanendo libera una superficie consistente.

In questa che appare quale spazio flessibile possono essere previste sedute per rendere l’attesa dell’arrivo dei bus più gradevole, pannellature con illustrazioni riguardanti, mettiamo, il patrimonio culturale campobassano, una specie di vetrina della nostra cittadina e altro ancora, c’è posto a sufficienza. In aggiunta, nel Terminal potrebbero essere installate rastrelliere per bici elettriche a disposizione di coloro che giunti nel capoluogo regionale con mezzi di trasporto collettivo vogliano muoversi in città, raggiungere le mete per cui si sono messi in viaggio, con un mezzo di trasporto individuale, appunto la bicicletta, invece che con le navette.

Per migliorare il collegamento pedonale tra la predetta stazione degli autobus e il centro cittadino è stato realizzato un percorso per pedoni in sede propria, cioè non affiancato a strade, che avvicina all’area centrale dell’abitato; esso che è sopraelevato fa il paio con il sottopasso che dalla stazione ferroviaria conduce nei pressi del Terminal. L’intermodalità è così, in qualche modo, assicurata. Una separazione per livelli della mobilità, quella che si basa sui propri piedi in alto, la passerella, e in basso, il sottopassaggio e nel cosiddetto piano di campagna le corsie degli autobus. Bisogna riconoscere, in conclusione, che i frequentatori intermittenti e quelli saltuari di Campobasso debbano ricevere un trattamento adeguato al loro arrivo, un’accoglienza se non calorosa perlomeno amichevole.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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