IL GIORNO DELLA MEMORIA – Liliana Segre: «Con la morte degli ultimi superstiti si dimenticherà cosa è stata la Shoah»

Il 27gennaio cade l’ottantesimo anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz e la scoperta di cumuli di cadaveri semi coperti dalla
neve e dal fango. Una tragedia efferata tale da far dire al filosofo tedesco Theodor Adorno che “dopo Auschwitz non si può più comporre versi e fare teatro come se non fosse mai successo nulla.

Sulle barbarie della Shoah le nuove generazioni sanno poco, per questo il Giorno della Memoria andrebbe ricordato ogni giorno, non solo per tenere a mente le sofferenze subite dal popolo ebraico ma anche per non dimenticare le persecuzioni compiute da molti italiani.

Pur tuttavia il ricordo di quel terrificante sterminio è diventato oggetto di polemiche che nulla hanno a che vedere con quella immane tragedia. Un numero sempre maggiore di stupidi e feroci negazionisti, razzisti e neo fascisti sono infatti arrivati al punto di rivolgere insulti e minacce online a Liliana Segre, una donna di 94 anni sopravvissuta al peggior crimine della storia, cui non siamo degni di baciare la mano. Una che a 13 anni si vide tatuare ad Auschwitz l’avambraccio col numero 75190 e che oggi – ignominia italiana – gira scortata da carabinieri perché subissata di insulti e considerata corresponsabile, in quanto ebrea, della politica di Israele.

Succede così che oggi gli ebrei si sentono lasciati soli al punto di considerare anemiche e rituali le cerimonie sulla Shoah. Secondo la rilevazione Gobal 100 risulta infatti che “metà della popolazione adulta mondiale ha idee antisemite e mette in dubbio la realtà della Shoah”. E un sondaggio choc dell’Anti-Defamation League conta due miliardi di antisemiti.

Ecco perché tutte le manifestazioni del 27 aprile servono a mantenere viva una enorme memoria storica. Qualche giorno fa Sami Modiano, uno degli ultimi testimoni della Shoah, si è congedato con una tragica differenza: “Noi non siamo come voi, noi siamo ancora là”.

*Una parentesi personale. Il 7 giugno 1979 Papa Giovanni Paolo II, volle recarsi ad Auschwitz da lui definito “Luogo costruito sull’odio, sulla
crudeltà e sul disprezzo dell’uomo nel nome di un’ideologia folle”. Per curiosità d’inviato m’infilai in un capannone-dormitorio dove due donne che ne erano state prigioniere e piangevano per essersi ritrovate. Mi mostrarono i numeri tatuati sulle braccia. Volevo abbracciarle ma non me ne sentii degno.

Giuseppe Tabasso375 Posts

(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.

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