Polarità distinte ma non separate a Campitello

di Francesco Manfredi-Selvaggi

 

In effetti essa è una sola anche se formata da tre elementi a sé stanti, la Piramide, il Rifugio e il Montur. Tra questi tre il baricentro è rappresentato dal Rifugio che, quindi, pure per il suo valore simbolico, per la sua primogenitura può essere considerato il fulcro attorno a cui ruota la località turistica (Ph. F. Morgillo-Veduta d’insieme della località sciistica)

A Campitello il centro “cittadino” è sovraffollato, vi son ben tre episodi che contrassegnano il cuore del villaggio turistico, il Montur, la Piramide e il Rifugio, anche se ora, in verità, si candida a diventare il centro, sostituendosi in tale ruolo ad essi, una piazza in via di definizione formale. Il primo elemento, pure in senso temporale, con cui si identifica il punto centrale della stazione è il Rifugio di proprietà dell’Ente Provinciale per il Turismo ora un ufficio della Provincia, non più un ente. È da notare, innanzitutto, che esso si distingue dagli usuali rifugi, prendi quello di Prato Gentile, i quali sono posti sui valichi mentre esso è il terminale della strada, non in un momento intermedio come gli altri.

Il nostro, che era a servizio delle opere di monte dell’importante centrale idroelettrica che sta giù a S. Massimo, costituisce un presidio umano, l’unico presente in montagna, fondamentale specie d’inverno quando la frequentazione antropica delle zone in altitudine era ridottissima; d’estate c’erano gli uomini in alpeggio. Il Rifugio è stato, in microscala, una sorta di campo-base, antecedentemente alla nascita della stazione sciistica, per gli escursionisti anche perché dotato di posti letto. Dimensionalmente è il volume più piccolo del centro di turismo montano se si eccettuano le villette del Villaggio pur esso EPT, ma ciò che lo distingue in maniera forte dagli altri fabbricati è il suo essere un’architettura tradizionale.

I caratteri formali sono quelli di una costruzione tipica, i materiali, la pietra grezza, utilizzati lo rendono mimetizzabile nell’ambiente dove è reperibile con facilità la stessa “materia prima”, vedi la parete sovrastante la Grotta delle Ciaole, e quindi sottostante alla cosiddetta Cima Croce, una delle cime del monte Miletto, in cui sono affioranti ammassi rocciosi composti di calcare. L’edilizia montana, ad ogni modo, non è detto che per essere rispettosa del paesaggio debba essere necessariamente replica di case rurali, ci si può integrare nel contesto percettivo pur con forme innovative dimostrando sensibilità verso le componenti naturali, in questo secondo caso che è quello del manufatto contenente i servizi generali della località sostenuto da una struttura a traliccio la quale non ha nulla in comune con i sistemi portanti del passato, il bosco da cui si ricava il legno e l’attrezzatura di servizio di cui sopra è in legno lamellare.

Per il marciapiede che corre a fianco della Provinciale si è ritenuto al fine di renderlo compatibile paesaggisticamente di utilizzare lastre di calcare per la pavimentazione richiamando così, un po’, i viottoli premoderni. Il Rifugio ancora rappresenta il fatto nodale della stazione sciistica nonostante che non sia più il riferimento esclusivo per i frequentatori della montagna essendo sorte ormai tante altre attività di ristoro e ricettive; lo è per la carica simbolica che si porta dentro legata alla sua lunga storia, non per il suo ruolo funzionale. Potrebbe tornare a essere anche funzionalmente il riferimento principale della località qualora venga destinato, mettiamo, a museo naturalistico, a locale per esposizioni temporanee d’arte, a sala per incontri culturali oppure, al momento dell’attivazione del Parco del Matese, a sede degli uffici dello stesso.

Il Programma di Fabbricazione che è del 1967 ha considerato l’areale di Campitello alla stregua di un ambito vergine e passi per la Pinetina che sta appartata in un angolo, mentre lascia qualche dubbio il trattamento riservato, o meglio il mancato trattamento, al Rifugio che se non viene toccato rimane una presenza a sé stante, in fin dei conti marginale; si sarebbe potuto prevedere nel PdF, mettiamo, una piazzetta di fronte al suo ingresso la quale ne avrebbe consacrato la centralità nell’insieme urbanistico. I redattori del piano si sono comportati nella stesura dello stesso come se non ci fosse per cui è affiancato da residence moderni i caratteri stilistici dei quali contrastano con quelli dell’antico fabbricato senza alcuna schermatura la quale sarebbe potuta essere una cortina di pini.

Almeno la Piramide, l’ultima comparsa nel cuore di Campitello, per esattezza in tutto Campitello, è per gran parte sottoterra e la porzione emergente è in vetro, per cui ha un peso visivo ridotto incapace di opprimere, sempre visualmente, il vecchio Rifugio. Ha una volumetria di notevole consistenza che, però, è visibile solo in parte poiché parzialmente interrata; nonostante ciò per il suo aspetto inconsueto, la forma piramidale della parte emergente da terra, riesce ad essere un riferimento percettivo per l’intero insediamento. Va attribuita la scelta di tale solido platonico quale copertura dell’impianto sportivo ad un’esigenza pubblicitaria; essa è un richiamo turistico, un’immagine sicuramente ad effetto.

Per l’uso del legno come nell’altro corpo di fabbrica cui si è accennato sopra parla il linguaggio della sostenibilità in quanto è un legname, il lamellare, che non rilascia fibre nocive per la salute. Inoltre il legno consente l’integrazione della fabbrica nel contesto naturale dominato dai boschi (oltre che dai prati). Il legno ha il vantaggio di avere un peso specifico basso, è più leggero del cemento il che comporta minori oneri per le fondazioni. La Piramide è il secondo elemento che segna il centro geografico del villaggio matesino, il terzo è il Montur con la sua caratteristica pianta a ferro di cavallo e del quale omettiamo la descrizione qui. Il primo, non casualmente il primo nell’elencazione, tra i “centri” rimane il Rifugio se non altro perché è baricentrico rispetto agli altri 2 elementi, più centrali di così non si può assolutamente.

Francesco Manfredi Selvaggi666 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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