Stazione da sci senza ombra di albero

di Francesco Manfredi-Selvaggi
A Campitello non è stata effettuata alcuna piantumazione né vi sono nel sito alberature preesistenti, le uniche presenze arboree sono ai suoi estremi, da una parte la Pinetina, da quella opposta Selvapiana la quale però del bosco conserva solo il nome. Probabilmente il tipo di suolo non consente l’attecchimento di piante, ma comunque nessuno finora ha mai provato a far crescere a mascheramento dei volumi edilizi qualcosa di vegetale, magari siepi (Ph. F. Morgillo-Solo auto, niente verde)
Le strade classificate provinciali sono normalmente “passanti” cioè attraversano l’abitato oppure ne sono tangenti, non sono pensate per concludersi in questo; il punto di congiunzione di una tale strada di passaggio con l’agglomerato urbano non è detto che sia la piazza principale. Non succede neanche quando lo schema della viabilità è a pettine, dal tronco che è un’arteria di grande comunicazione, quindi una “nazionale”, di solito di fondovalle, una “fondovalle”, si diramano, appunto, rami che in passato si denominavano Traverse. Queste strade di livello secondario raggiungono i paesi posizionati sui fianchi della vallata percorsa dall’asse stradale di livello primario, sempre il modello viario fatto di una costola da cui si dipartono molteplici denti.
Tale tipologia di rete di percorrenze è quello presente nel comprensorio del Matese dove tutti i comuni a lato, a entrambi i lati, della piana di Boiano, posti in altura sono collegati alla Statale n. 17 la quale corre al fondo della valle tramite bracci che si distaccano da questa. In nessuno dei comuni di tale ambito, ad esempio S. Polo e Campochiaro, tale bretella sfocia nello slargo centrale del borgo, se ne tiene al margine. Campitello, pur esso un insediamento matesino, contraddice la regola predetta, la Provinciale si arresta proprio nel fulcro del villaggio turistico, il suo cuore appare frutto di un allargamento della strada, una sorta di piazzale di “smonto” per coloro che giungono nella località.
Il polo della stazione di sport invernali simbolicamente segnato dall’antico Rifugio non gode di alcuna intimità, chi sta lì in villeggiatura non può andare a passeggio in modo tranquillo dovendo “scansare” le macchine poiché si incrocia inevitabilmente quest’area nodale nell’organizzazione urbanistica; i camminamenti pedonali, appena si scende dal marciapiede il quale costeggia il bordo superiore del pianoro, sono resi insicuri dall’ “assalto” dei frequentatori giornalieri che a volte arrivano a flotte e qui parcheggiano. Osservando le cose adesso non dalla parte di chi vi villeggia bensì di chi vi giunge, magari la prima volta, deve essere un effetto particolare il trovarsi coinvolti immediatamente, perché ci si trova subito nel suo centro, nella realtà, a tratti vivace, dell’insediamento montano.
È un po’ una sorpresa perché il complesso per vacanze si mostra in maniera improvvisa, preannunciata solamente dall’hotel Kristiania, dopo l’ultima svolta stradale oltrepassata Selvapiana allorché il percorso fino a poco prima in salita e dopo per un breve tratto in piano, diventa inaspettatamente in discesa, corta, per inoltrarsi nella conca di Campitello. Hai di fronte m. Miletto, in basso l’altopiano e sulla costa opposta alla montagna l’insieme dei residence e alberghi tenuti, appunto, insieme dal piazzale cui sei diretto. Rimaniamo a questi ultimi per evidenziare una cosa di per sé evidente la quale è che ogni volume edilizio è visibile già da questo sguardo iniziale.
Non si è fatto in tempo a dire ciò e subito lo si smentisce, in effetti parzialmente essendo un episodio unico, perché rimane nascosto alla vista il condominio S. Nicola 1. La sua volumetria è allungata e formata da vari blocchi congiunti fra loro degradanti nel verso stesso del pendio per rendersi il meno visibile possibile dal livello del nostro piazzale, solamente la testata superiore emerge dal piano. Per il resto c’è una assoluta trasparenza visiva anche perché non c’è il minimo accenno di vegetazione che possa occultare la massa, consistente, edificata. Chissà perché gli ideatori della stazione così attenti alla coerenza globale delle opere fa realizzarsi già nel disegno del suo impianto non hanno pianificato la sistemazione esterna, per non parlare dell’arredo urbano del quale ci si è dimenticati a lungo, fino cioè alla costruzione del marciapiede cui si è accennato ai margini della Provinciale.
Una dimenticanza non da poco per l’immagine dell’aggregato urbano, ci si è preoccupati esclusivamente dell’architettura. Poiché si stava per creare un paesaggio nuovo trasformando un sito, peraltro di grandi qualità paesaggistiche, in un ambiente completamente differente, sarebbe stato utile che trovassero applicazione le tecniche di quella che un tempo era conosciuta come arte dei giardini per mitigare l’impatto delle mastodontiche costruzioni in cantiere, altrimenti una mera “colata di cemento”. Probabilmente il verde non avrebbe attecchito, neanche terrazzando i pendii, su un suolo, brullo, ghiaioso e, per l’appunto, pendente, i terreni intorno agli immobili, ma non ci si è neanche provato!
D’altro canto bisogna ammettere che per l’edificazione delle varie strutture non sono state tagliate piante, il luogo doveva essere una superficie erbosa, un magro pascolo per ovini. È opportuno precisare che nell’invocare la messa a dimora di essenze vegetali non si intende richiedere che venga impiantata una cortina arborea lungo il perimetro piazzale-strada provinciale in quanto ciò impedirebbe la visione del gruppo montuoso e della piana, davvero entusiasmante, va piantata una siepe. Siamo nell’argomento delle piante e ci restiamo e, però, ci spostiamo un po’, sempre lungo la Provinciale, all’ultimo tornante per chiedere che venga ridotta l’altezza delle chiome degli alberi al di sotto della scarpata nella piazzola di sosta conosciuta come belvedere, un relitto viario del tracciato originario, della carreggiata precedente alla sua rettificazione per permettere di ammirare l’amplissimo panorama che da qui si scorge.

Francesco Manfredi Selvaggi668 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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