Il segno deciso e si spera non decisivo del turismo di massa sulla conca di Campitello

di Francesco Manfredi-Selvaggi
In un decennio, quello degli anni 70, una località ancora vergine è stata profondamente alterata per seguire il mito piccolo borghese della “seconda casa”. Il fenomeno del turismo di massa segna un regresso e con esso questo insediamento montano. Anche per l’ente Parco sarà difficile individuare nuove prospettive per questo villaggio che ha un orientamento monoculturale tutto legato allo sci (Ph. F. Morgillo-L’ altopiano carsico)
In mezzo secolo la località matesina ha subito due rivolgimenti epocali, il secondo dei quali in verità è solo in fieri. Negli anni 70 del secolo scorso quando inizia la nostra Storia si abbatte su Campitello una colata di cemento, si hanno grandi investimenti immobiliari per farne una stazione di turismo montano. In meno di un decennio questo luogo celebre per le sue valenze paesaggistiche cambia volto, la sua immagine viene stravolta e un decennio è un nulla misurato nella scala temporale della vita del pianeta così come lo conosciamo oggi, un niente rispetto al tempo che intercorre fra il momento in cui ha preso forma, la forma attuale, la crosta terrestre e oggigiorno. La stagione del turismo di massa ha segnato in maniera decisa, ma si spera non decisiva, l’aspetto di tanti siti della catena appenninica.
Il “consumo” turistico ha interessato, peraltro, i territori più belli, prendi proprio il pianoro di Campitello, alterandoli. Si è consapevoli un po’ tutti che occorra un ripensamento, pure alla luce dei cambiamenti climatici in atto con diminuzione della nevosità e andato in crisi l’interesse per le seconde case, delle scelte a suo tempo compiute e, però, si è altrettanto consapevoli che non vi è nessun altra attività economica, nessun’altra “industria” capace di sostituirsi all’industria dello sci in termini di benefici che genera direttamente, posti di lavoro, reddito prodotto, o indirettamente, l’indotto che ne consegue, in questi comprensori di montagna.
Tali ambiti rientrano, quasi per norma, in quelle che si denominano aree interne per le quali lo Stato procede a mettere in piedi politiche di sostegno con adeguati fondi, anche se qui i fondi sono stati privati, solamente in una seconda fase sono intervenute tanto le Partecipazioni Statali, che crearono un’apposita società pubblica per la gestione degli impianti di risalita, quanto l’Intervento Straordinario per il Mezzogiorno attraverso una sua agenzia, l’Insud cui si deve la costruzione del Kristiania, una specie di resort sul modello di Club Med. Non passa nemmeno un paio di decenni dal completamento dell’assetto urbanistico e infrastrutturale, frutti di un’idea di crescita legata alla predisposizione di opere fisiche di significativo impatto ambientale, che nel dibattito culturale si incominciano ad avanzare idee differenti di sviluppo maggiormente rispettoso dell’ambiente.
I giovani sindaci odierni dei Comuni posti sul versante molisano del Matese non ricorderanno, di certo, il convegno del 1985 svoltosi nell’hotel Le Cupolette nel quale si lanciò, era la prima volta, la proposta di istituzione del Parco del Matese. La sua attuazione, attualmente esiste solo sulla carta, sarebbe la seconda delle rivoluzioni riguardanti l’assetto di Campitello di cui all’incipit, l’una legata allo sfruttamento, l’altra alla salvaguardia delle risorse naturali, dunque due visioni del tutto distanti anche se temporalmente assai vicine, una cosa davvero mai vista. Il lancio dell’idea di parco nell’incontro vinchiaturese venne rilanciato, è proprio il caso di dirlo, dopo un poco da una raccolta di firme per il varo di una legge regionale in materia.
Il passo è corto, siamo nel 1991 quando viene emanata la normativa statale sulle aree protette la quale dà la stura alla creazione di nuovi parchi e riserve nazionali e regionali. Mentre la Campania ne approfitta per fare il suo parco regionale del Matese il Molise non è capace di fare altrettanto, adoperando la legge 394 per istituire alcune riserve naturali, il che, comunque, non è da poco. Non finisce qui perché fa la sua comparsa sulla scena, il soggetto della “sceneggiatura” è sempre la protezione della natura, subito dopo, siamo all’approssimarsi della fine del millennio, l’Europa con la rete ecologica, appunto, europea del programma Natura 2000.
I limiti agli interventi antropici contenuti nel regolamento comunitario riguardante le Zone di Protezione Speciale, una di queste ricade nel nostro massiccio, costituiscono un po’, gli effetti sulle azioni umane da svolgersi in tali ambiti, la prova generale per quanto riguarda il Matese delle ricadute sulla popolazione in termini di divieti della disciplina protezionista che dovrà stabilire il Parco. Non è tempo perso quello che sta trascorrendo dall’introduzione del programma comunitario a tutt’oggi rivelandosi utile per far acquisire una qualche familiarità tra le persone e le regole di tutela.
Un ritardo nella effettiva costituzione del Parco che deriva da una difficoltà oggettiva manifestatasi già durante l’operazione di Perimetrazione dei suoi confini che è quella di mettere d’accordo moltissime amministrazioni locali. Ciò perché il complesso montuoso è ripartito in strisce che vanno dalla valle sottostante al crinale, tante, sono veramente tante, quante sono i Comuni ricadenti nel comprensorio matesino avendo bisogno ogni comunità di una zona in altura e una nel piano in modo da consentire la pratica dell’alpeggio con le bestie che stazionano giù in inverno e salgono su in estate.
Cantalupo e Roccamandolfi sono l’eccezione, l’una è priva di territorio in altura l’altra di quello pianeggiante ma poiché sono paesi contigui si compensano fra loro, stanno il primo sotto, il secondo sopra. Da precisare che le fasce di tale suddivisione sono di differente grandezza in relazione alla grandezza dell’entità municipale; da considerare, invece, che i terreni in altura, boschi e pascoli, sono appezzamenti di proprietà pubblica, da usufruire collettivamente, e ciò va a favore della buona riuscita del Parco, gli interessi privati sono in secondo piano. Per questo stesso fine non crea alcun problema la circostanza che i Municipi appartengano a due Province diverse, Campobasso e Isernia.

Francesco Manfredi Selvaggi669 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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