“Figli di Abramo. Un patriarca, due figli, tre fedi, un attore”

Uno spettacolo necessario e coraggioso
di Claudia Pinelli
Stefano Sabelli non si risparmia, racconta, si muove, affabula, e, coadiuvato da due bravissimi musicisti, Manuel Petti e Stefano Ragusa, riempie il palco di storia, di mito, di leggenda. Prendendo spunto dalla drammaturgia del norvegese Svein Tindberg, un grande successo nei paesi Scandinavi, tradotta dal regista dello spettacolo Gianluca Iumiento, ma rivisitata e arricchita di spunti e musica, “Figli di Abramo” è una narrazione importante, in cui l’istrionismo di Sabelli aggiunge forza e dinamismo. Un’immersione alla scoperta delle radici delle tre grandi religioni monoteiste attraverso la storia di Abramo, il patriarca sacro ai musulmani così come agli ebrei e ai cristiani. Abramo, errante di terra in terra, perseguitato, visionario, con la sua discendenza, creerà quei popoli che continueranno a venerarlo considerandosi, ognuno con la propria religione, portatore della verità assoluta.
L’incipit della narrazione è l’incontro tra un turista occidentale, testimone sulla spianata delle moschee della violenza dell’esercito israeliano contro la protesta palestinese per la morte di un giovane, e una guida araba, appassionata di spaghetti western. Da quella “terra santa” comincia un viaggio tra presente e passato, fatto di parole, ma anche di immagini e sensazioni, sulla scia del patriarca, incontri e scontri per un dio che si vuole unico, ma con nomi diversi, che provoca e chiede sacrifici, che viene usato a pretesto per imporre supremazia, tra conflitti e genocidi. Lo spettacolo, magari da alleggerire di alcune parti non essenziali così da ridurre un pochino la durata, è costruito in un perfetto bilanciamento tra musica, parole e immagini proiettate. Stefano Sabelli riempie lo spazio, crea e suggerisce conducendo in un viaggio istruttivo e artistico che non porta pace né pacificazione, ma che fa addentrare in storie millenarie mentre non si permette indifferenza sugli orrori attuali. Con spirito travolgente Sabelli è bravissimo, plastico, immaginifico, arguto, ironico, dissacrante, rispettoso dei credi, non delle prepotenze e delle ingiustizie. Il viaggio si conclude a Hebron, città della Cisgiordania, dove la tomba di Abramo guarda coloni israeliani venerare il luogo sacro mentre occupano il centro storico della città armati e protetti dai soldati e cercano di impedire ai palestinesi l’accesso alla moschea, la moschea di Abramo.
Uno spettacolo necessario che in questi tristi tempi dobbiamo definire coraggioso.
Da www.teatrandomilano.it
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