“Il fascismo dei molisani”

L’opera di Michele Colabella tra analisi sociale e indagine storica
di Miriam Iacovantuono
Raccontare un pezzo di storia che ha segnato la vita di uomini e donne diventa un dovere per far conoscere. Farlo attraverso la ricerca storica e l’analisi puntuale diventa un dono per chi vuole sapere quale è stato il passato che ha scritto un quadro storico dell’Italia e anche del Molise.
“Il fascismo dei molisani” di Michele Colabella ed edito da IBC edizioni, come scrive Sergio Sorella nella prefazione è “un lavoro originale […] che colma un vuoto nella storiografia molisana”.
Il volume infatti va al di là di quella che è la retorica fascista. Scava nel cuore dei piccoli paesi. Negli angoli più nascosti. Nei posti dove la vita dei molisani e in particolare dei ceti sociali più fragili era segnata non solo dalla povertà, ma anche dall’arroganza dei potenti.
Nel libro, infatti, l’autore ben descrive l’atmosfera che si viveva negli anni del fascismo. Di quanta influenza potevano avare gesti e slogan che a distanza di circa un secolo non sono troppo lontano da noi.
Michele Colabella, attraverso un linguaggio chiaro e preciso, disegna il significato del fascismo. Descrive come anche il lessico di quell’epoca e di quella società, troppo trainata da quel pensiero, era ben ancorato. Parole infatti come disciplina, dovere, sacrificio definiscono il quadro non solo politico ma anche culturale dell’epoca. Diventano quindi l’imperativo delle classi sociali, tanto che il fascismo diventa una fede.
Nello scorrere i capitoli, che l’autore dedica a quelli che possono essere definiti gli “elementi” che hanno scritto le pagine del fascismo, si entra in quei luoghi e si conoscono gli atteggiamenti delle classi sociali. Il partito fascista per esempio era visto dai contadini con indifferenza la stessa che però, come ricordava Michele Montagano, avevano anche nei confronti degli alleati. Tra le pagine si evince inoltre come la prepotenza aveva segnato la società molisana e determinati atteggiamenti e modi di fare erano vivi tra i vicoli dei piccoli paesi del Molise.
Al centro dell’analisi dell’autore anche la figura della donna con il riferimento ai fasci femminili, ma anche figure come il Podestà, il Prefetto che molto spesso segnavano il futuro di un posto. Nelle loro mani un potere troppo autoritario, che riusciva a rendere il popolo molisano rassegnato alla condizione di vita di quel tempo.
Nell’indagine che l’autore porta avanti e che ben riporta nel suo volume, si legge come anche la chiesa era legata al fascismo che, quindi, nel tempo si inserisce nel mondo ecclesiale.
E poi ancora il legame con il mondo del lavoro per il reperimento della manodopera e di come troppo spesso un certo modo di fare ha favorito il flusso dell’emigrazione.
I tentacoli del fascismo non sono mancati nella gestione dell’assistenza anche in Molise e in particolare in quella dei bambini delle famiglie povere e delle persone fragili in generale.
Inoltre, nel capitolo dedicato alla propaganda, l’autore descrive bene come c’era una imposizione molto dura e “l’assenza dalle adunate e da altre manifestazioni poteva costare molto caro”. Una propaganda che si inseriva nei banchi di scuola anche attraverso la figura del maestro. Questo mostra come anche in Molise, ai più piccoli veniva imposta una determinata idea che aiutava ad avere, anche in modo indiretto e in maniera costrittiva, un consenso popolare.
Un libro che può essere una buona base per capire come anche molti, troppi paesi del Molise hanno costruito e disegnato una società che si è tramandata negli anni.
“Il fascismo dei molisani”, dunque, descrive bene come arroganza, intimidazioni, prepotenza, erano i fili che muovevano la società dell’epoca e che pochi riuscivano a spezzare.

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