L’insiemistica e i beni culturali

di Francesco Manfredi-Selvaggi

 

Non è una questione di matematica, ma pur sempre si tratta di una scienza. È la scienza della salvaguardia che non può essere fatta alla spicciolata, bene culturale per bene culturale, ma essa dovrà riguardare l’insieme degli stessi. Un utile metodo per unire fra loro le cose di rilevanza storico-artistica è quello di progettare itinerari lungo le vie tratturali che coinvolgono pressoché l’intero patrimonio culturale (ph. Il tratturo Ateleta-Biferno in agro di Palata)

Fino a qualche tempo fa era sembrato che i finanziamenti per il restauro dovessero essere legati a grandi progetti. Attenzione, si è detto grandi progetti non grandi monumenti, grandi nel senso proprio delle dimensioni. Tutto ciò da quando, eravamo agli inizi dell’ultimo decennio del secolo scorso, il principale canale di finanziamento per il recupero del patrimonio storico divenne il FIO per accedere ai cui fondi era necessario che la taglia minima dell’importo progettuale fosse 15 miliardi di lire. Nel Molise l’unica emergenza culturale che è stata candidata per l’assegnazione di questo stanziamento economico è stato il sito archeologico di Altilia.

Quando è stato Ministro per la Cultura Franceschini ritornò in auge l’idea di assegnare risorse finanziarie consistenti a pochi episodi individuando nei borghi il soggetto/oggetto della spesa, da noi a beneficiarne è stato Castel del Giudice. L’iniziativa era però ormai fuori tempo perché intanto, anzi già da prima, si è andata affermando la tendenza ad attribuire contributi economici non a singole opere bensì ad un insieme di opere purché strutturate. In tale modo si è evitato di concentrare la spesa su fatti singolari e così si è potuto distribuirla su una pluralità di realtà storico-artistiche. Si è usata poc’anzi la parola strutturato che è equivalente a organico, coordinato, coerente per significare che non può essere casuale l’aggregazione degli “oggetti” monumentali, ma deve rispondere a una logica precisa. Il modo per tenere collegati fra loro le testimonianze culturali è stato individuato nella predisposizione di “itinerari”.

È stata un’autentica svolta per la nostra terra dove essendo i monumenti imponenti pochi si rimaneva esclusi dalla ripartizione dei benefici economici statali i quali privilegiavano, lo si è detto, gli interventi restaurativi di grossa entità. Il Molise si presta molto bene ad una programmazione d’insieme dotata di senso delle attività finalizzate alla conservazione delle “cose” di rilevanza culturale, il senso fornendolo la rete tratturale la quale coinvolge la stragrande maggioranza dei Comuni. Il CIS è il programma in corso legato ai tratturi ed è dotato di un cospicuo budget capace di soddisfare le esigenze di restaurazione di una consistente parte dell’eredità storica nostrana.

Sotto sotto, va ammesso, tale operazione appare pure dettata da una atavica, qui da noi, volontà di distribuzione territoriale sparsa delle risorse, i famosi finanziamenti a pioggia del passato. Si tende allo spezzettamento della pizza in molteplici spicchi, uno per ciascuna entità comunale anche se è doveroso ammettere che nonostante il frazionamento della spesa l’unitarietà è garantita, garantita dalle antiche piste di percorrenza della transumanza. È un po’ la quadratura del cerchio ottenuta dando un colpo al cerchio e uno alla botte, il “particulare” va di pari passo con il generale, i bisogni individuali, l’individuo è la realtà municipale, collimano con quelli collettivi, la collettività è la società ad una scala più ampia di quella locale.

Lo “spezzatino” fine a sé stesso, o meglio fine ad una visione clientelare della redistribuzione dei soldi pubblici tra molteplici entità per assicurarsi il consenso in chiave elettoralistica di molti va contrastato pure se occorre riconoscere a tale “spartizione” della torta una sua intrinseca validità in quanto il lascito storico molisano, lo abbiamo evidenziato anche all’inizio, non è costituito da complessi architettonici/archeologici di eccezionale grandezza, salvo Altilia, Pietrabbondante e S. Vincenzo al Volturno, ma di “oggetti” minori, evidentemente ognuno di essi bisognoso di cure. In altri termini, se ancora fossero stati vigenti i Fondi FIO con la sommatoria dei “punti” di interesse storico toccati dai tratturi si sarebbe raggiunta la soglia critica dei 15 miliardi di lire.

La particolare consistenza patrimoniale nel campo culturale di questa regione estremamente frammentata si addice bene ad una suddivisione dei fondi tra numerosi comuni, meglio di una concentrazione dei benefici su pochi siti. Non si tratta di bieco campanilismo, ogni “bene” necessita di qualche misura di protezione; anche se potrebbe avere il sapore di mero opportunismo, vi è una motivazione sostanziale che è l’unitarietà della storia dei luoghi attraversati da quel determinato tratturo. Il FIO, finora non lo si è detto, aveva lo scopo di promuovere attraverso anche la messa in valore dei beni culturali lo sviluppo dell’area in cui stanno poiché essi favoriscono la valorizzazione turistica del posto.

Per rientrare nel FIO occorreva dimostrare la redditività del “bene” che ci si era proposti di andare a restaurare: anche per tale aspetto le emergenze culturali regionali sarebbe stato difficile che avrebbero potuto essere finanziate mentre in un piano di rilancio della rete tratturale con l’indotto turistico prevedibile, siamo nell’età dei cammini, ci sarebbero state speranze di inserimento in questo programma finanziario. Da ricordare, ad ogni modo, che il CIS non è un finanziamento ordinario, quindi replicato annualmente, ma è un fondo speciale, una sorta di una tantum e questa è un’anomalia italiana.

Francesco Manfredi Selvaggi674 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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